Ci sono scelte che paiono illogiche sul piano economico, ma che rivelano, o meglio segnalano, la direzione di marcia di intenzioni future. Che possono voler dire mano libera su futuri piani di ristrutturazioni. È il caso dei rimborsi anzitempo dei prestiti garantiti, via Sace, dallo Stato italiano effettuati in questi giorni da due società. Stellantis in primis e Il Sole24Ore che hanno deciso quasi contemporaneamente di rinunciare al paracadute dello Stato sui debiti. Mossa curiosa dato che i prestiti erano stati sottoscritti solo un anno fa. Ora Stellantis rimborsa il credito da 6,3 miliardi emesso da Intesa Sanpaolo con una garanzia statale che copre l’80% dell’importo e che pertanto beneficia di condizioni particolarmente favorevoli. L’ha fatto grazie a una nuova linea di credito da ben 12 miliardi di euro sottoscritta da 29 banche internazionali lo scorso 23 luglio. Nuovo credito bancario che va a rimpiazzare i 6,3 miliardi di prestito garantito concessi nel giugno del 2020 a Fca Italy e 3 miliardi di esposizione di Peugeot.

Il Sole 24Ore, gruppo controllato al 61% da Confindustria, dal canto suo ha emesso pochi giorni fa, presso la Borsa di Lussemburgo, un prestito obbligazionario da 45 milioni di euro con scadenza 7 anni e tasso annuo del 4,95%. Prestito di mercato, riservato a investitori professionali, che va a rimpiazzare la linea di credito garantita Sace da 37,5 milioni che sarebbe scaduta nel 2026. Due gruppi distanti anni luce quanto a dimensioni, attività e redditività, che scelgono di rinunciare alla ciambella pubblica, prevista dal decreto liquidità in piena pandemia Covid, e pagano prezzi più alti per l’indebitamento. Un apparente non sense, dato che la crisi Covid non è ancora finita e quei prestiti oltre a essere garantiti dalla mano pubblica costavano molto poco.

Nel caso della società che edita il giornale di Confindustria, e che si porta dietro un decennio di perdite record per oltre 300 milioni di euro, il nuovo bond emesso sul mercato costerà di interessi in 7 anni il 35% del suo valore nominale. Mentre con la garanzia pubblica Il Sole pagava solo l’1,65% sull’Euribor a 3 mesi. Un bella differenza di almeno 4 punti all’anno di oneri in più. Evidentemente un aggravio di costi, che pare senza motivazione alcuna. Stesso film per Stellantis che finirà per pagare interessi più alti alle banche, rispetto all’emissione pubblica garantita.

Una delle spiegazioni plausibile di una scelta così anti-economica, può esser solo il fatto che sia Stellantis che Il Sole si liberano in questo modo dei vincoli che accompagnavano i prestiti pubblici. Vincoli molto stringenti. I prestiti garantiti statali prevedono infatti che chi li riceve non può licenziare nel periodo di durata del finanziamento. Deve investire, come nel caso di Stellantis, sulle attività italiane, dato che il prestito era richiesto da Fca Italy prima della fusione con Psa. Non può delocalizzare a piacimento. Il prestito concesso a Fca Italy ad esempio prevedeva l’impiego a favore dell’intera filiera dei fornitori del gruppo e a sostegno dell’indotto ex Fiat. Insomma un prestito con paracadute dello Stato che però legava le mani, e molto, ai manager in tema di allocazione del capitale e in tema di difesa dell’occupazione. Vincoli stringenti in cambio di protezione sul debito. Un do ut des che ora a solo un anno di distanza pare andare assai stretto sia a Stellantis che a Il Sole.

Del resto l’amministratore delegato Carlos Tavares del colosso dell’auto ha già messo le mani avanti più volte spiegando che gli ex impianti italiani di Fca Italy sono costosi e inefficienti e che “in Italia non si può mantenere lo status quo”. Si riferisce evidentemente alle fabbriche dell’ex Fiat auto che da anni lavorano in perdita. Il sito Tag43 ha riportato i contenuti di una bozza che potrebbe andare a costituire il documento del gruppo Stellantis su cui avviare le negoziazioni con i sindacati. Si parla di 12mila esuberi su 66mila dipendenti italiani da qui al 2024. Di questi 12mila, 7mila sarebbero operai, il resto colletti bianchi.

Il Sole del resto continua a non acciuffare l’utile, dopo un decennio disastroso segnato da oltre 300 milioni di euro di perdite cumulate e da un declino dei ricavi passati da 500 milioni del 2009 ai 200 milioni del 2020. Anche nel primo semestre del 2021 il gruppo editoriale ha chiuso i conti ancora in perdita, lieve, solo 3 milioni ma pur sempre in perdita. Nonostante varie tornate di prepensionamenti e di contratti di solidarietà, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi pare, secondo indiscrezioni, voler procedere a una nuova pesante ristrutturazione del gruppo con esuberi tra giornalisti e poligrafici da “smaltire” nei prossimi anni. Se il filo rosso dovesse essere questo, allora la rinuncia al debito garantito a tassi vantaggiosi, ma con vincoli stringenti sull’occupazione da preservare, potrebbe essere quella mano libera che sia Stellantis che il giornale della Confindustria vogliono avere nell’immediato futuro.

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