A distanza di nove mesi dall’udienza dello scorso 14 ottobre, il verdetto che tutta la politica valdostana stava aspettando è arrivato. La terza sezione centrale d’appello della Corte dei Conti a Roma ha confermato le condanne ai 18 consiglieri regionali (alcuni ancora in carica ed altri ex), coinvolti nel processo contabile di secondo grado in relazione al danno erariale per i 140 milioni di euro di finanziamenti erogati dalla Regione al Casinò de la Vallée Spa tra il 2012 e il 2015, avvalorando la “colpa grave”, ma non il “dolo”. La sentenza è stata depositata venerdì 30 luglio. Tuttavia, i risarcimenti dovuti alla Regione Valle d’Aosta sono stati ridotti rispetto a quanto era stato deciso nel precedente grado di giudizio nel tribunale di Aosta: da 30 milioni si è scesi a 16. Confermate anche le assoluzioni per il senatore dell’Union Valdotaine Albert Lanièce e per gli ex consiglieri regionali Ennio Pastoret (Union Valdotaine) e Raimondo Donzel (Partito Democratico). Assolto anche il dirigente regionale Peter Bieler.

Queste assoluzioni erano state già pronunciate dai magistrati della sezione giurisdizionale della Valle d’Aosta, e la sentenza d’appello le ha rese quindi definitive. Tra i 18 consiglieri condannati spicca il nome dell’ex presidente della Regione Valle d’Aosta, conosciuto con il soprannome “l’Imperatore”, Augusto Rollandin (ex Union Valdotaine oggi in consiglio regionale con Pour L’ Autonomie), chiamato a risarcire la Regione Valle d’Aosta di 2,4 milioni di euro (in primo grado gliene erano stati chiesti 4,5). Chiamati a rifondere la stessa cifra, ovvero 2 milioni e 400 mila euro, ci sono anche l’ex assessore alle finanze Mauro Baccega (ex Union Valdotaine, ex Stella Alpina ed oggi in consiglio con Pour l’Autonomie) e l’ex assessore al bilancio Ego Perron (ex Union Valdotaine e oggi fuori dalla politica). Anche a loro erano stati chiesti in primo grado 4 milioni e 500mila euro.

Per i restanti 15 ex consiglieri la cifra di risarcimento è di 586.666 mila euro. Tra di loro l’ex assessore al turismo Aurelio Marguerettaz (Union Valdotaine) e l’ex assessore alle opere pubbliche Marco Viérin (Stella Alpina) si sono visti ridurre la cifra di risarcimento di quasi due milioni e 500 mila euro, dato che in origine erano stati chiesti 3 milioni. Gli altri ex consiglieri che dovranno versare all’amministrazione regionale 586.666 mila euro a testa sono: Luca Bianchi (Union Valdotaine), Stefano Borrello (Stella Alpina), Joel Farcoz (Union Valdotaine), David Follien (Union Valdotaine), Antonio Fosson (Union Valdotaine), Giuseppe Isabellon (Union Valdotaine), Leonardo La Torre (Union Valdotaine), André Lanièce (Stella Alpina), Pierluigi Marquis (Stella Alpina), Marilena Péaquin (Union Valdotaine), Claudio Restano (Union Valdotaine), Emily Rini (Union Valdotaine, oggi coordinatrice regionale di Forza Italia), e Renzo Testolin (Union Valdotaine). Per loro la richiesta iniziale era di 807mila euro. Tra questi, 6 di loro si trovano ancora oggi in consiglio regionale: Augusto Rollandin, Mauro Baccega, Claudio Restasno, Pierluigi Marquis, Aurelio Marguerettaz e Renzo Testolin.

Cosa succederà ora? Per effetto dell’articolo 5 comma 1 lettera Q della legge 20 del 2007, che indica le cause di ineleggibilità e di incompatibilità per i consiglieri regionali, nei confronti dei politici che si trovano oggi in consiglio e si sono viste confermate le condanne, se non pagheranno entro un termine prestabilito, la Regione Valle d’Aosta si troverà costretta ad avviare la messa in mora facendo così scattare la decadenza. Chi non pagherà la somma prestabilita dovrà quindi lasciare il consiglio.

Il processo sul danno erariale nei finanziamenti regionali alla Casinò de la Vallée Spa era incominciato l’11 luglio del 2018, e la sentenza era stata pronunciata nell’ottobre dello stesso anno. Nelle motivazioni della sentenza i giudici “ribadiscono come la delibera dell’ottobre 2014, con cui il Consiglio Valle dispone l’aumento di capitale della società Casinò de la Vallée Spa non è un atto di natura politica perché l’Assemblea regionale non ha agito in relazione ad un fine generale di indirizzo, ma quale soggetto che si è occupato di un interesse concreto e specifico“. La terza sezione centrale d’Appello, guidata dal Presidente Luciano Calamaro, riguardo alla sindacabilità della scelta dei singoli consiglieri, ha osservato come la Corte dei Conti “può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico, partendo dalla verifica dei criteri di economicità ed efficacia che assumono rilevanza non sul piano della opportunità, ma su quelli della legittimità dell’azione amministrativa e consentono, in sede giurisdizionale, un sindacato di ragionevolezza sulle scelte dell’Amministrazione, onde evitare la deviazione di queste ultime dai fini istituzionali”.

Nella sentenza si legge inoltre che secondo i magistrati nel giudizio avviato nei confronti degli amministratori regionali “non è stata censurata l’attività politica dei Consiglieri regionali, di per sé insindacabile, ma il comportamento che ha condotto all’adozione di un atto amministrativo con il quale è stata perfezionata una precisa e determinata scelta gestionale”. La sentenza ha evidenziato inoltre come “la situazione di grave difficoltà finanziaria della società Casinò de la Vallée Spa era nota a tutti i consiglieri che hanno scelto la via della ricapitalizzazione mentre avrebbero potuto e dovuto valutare altre soluzioni e valutare altre possibilità”. Ed è stato proprio questo che ha determinato l’elemento soggettivo della “colpa grave”. “I consiglieri regionali che hanno deliberato l’aumento di capitale erano pienamente coscienti della situazione finanziaria della società, del suo continuo peggioramento, nonostante i finanziamenti erogati nel 2012 (30 milioni di euro) e nel 2013 (10 milioni di euro”, delle criticità del bilancio nel quale erano state allocate indebitamente imposte anticipate”, si legge ancora nella sentenza. Per i magistrati “il loro comportamento si è rivelato gravemente imprudente e privo della necessaria diligenza che deve caratterizzare l’azione del funzionario pubblico, onorario o di carriera, nella gestione dei beni pubblici che gli sono stati temporaneamente affidati”. La sentenza di primo grado della Procura regionale della Valle d’Aosta aveva inoltre chiesto di considerare “dolose” le condotte degli amministratori regionali. Per i giudici della sentenza d’appello è stato impossibile provare il dolo, per via del comma 1 dell’articolo 21 del decreto Semplificazioni del Governo Conte, che impone che il dolo sia provato con massima certezza e senza ombra di dubbia alcuno. Quindi l’accusa di dolo è caduta, ma è rimasta quella di colpa grave, che ha confermato le condanne in primo grado.

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