Chi scrive si è imbattuto in Eric Castel a metà anni Ottanta in un’edicola sulla riviera romagnola, stipato nel cesto delle offerte accanto ai fumetti della collana Super Eroica e alle raccolte di Skorpio e Lanciostory. Un fumetto ambientato nel mondo del calcio era una rarità, perlomeno in Italia. Il protagonista era un calciatore francese di fama mondiale, Eric Castel, appena acquistato dal Barcellona con l’obiettivo di vincere la Coppa CEVA, ovvero la Coppa dei Campioni, ribattezzata così per una questione di diritti. Il plot presentava un intreccio tra tematiche sportive – nei numeri iniziali la prima campagna europea dei blaugrana si concludeva contro il Nantes dopo aver eliminato Stoccarda e Amburgo – e altre tipiche del racconto di formazione, specialmente quelle legate al rapporto tra ragazzo e adulto. Castel aveva infatti stretto amicizia con Pablito, un ragazzino dei ceti popolari che sognava di diventare un calciatore del Barcellona e che vedeva in Castel un modello di esperienza, saggezza e lealtà a cui ispirarsi. La pubblicazione fu, eufemisticamente, un insuccesso, tanto che la Play Press decise di sospenderla dopo soli quattro numeri, oggi recuperabili su eBay a prezzi modesti. Del resto, la retromania e la sua deriva, il nostalgismo, si fondano sulla costruzione di un immaginario e sull’adesione “a prodotti culturali che hanno caratterizzato la propria infanzia in quanto hanno caratterizzato la propria infanzia” (Jacopo Nacci, Guida all’immaginario nerd, Odoya Edizioni). Ma quattro uscite semi-carbonare sono insufficienti anche per creare una nicchia. Eppure Eric Castel è stato uno dei pochi fumetti dall’impatto generazionale, tanto da diventare sia un punto di riferimento per migliaia di tifosi lettori, sia uno tra i primi ambasciatori – seppur in maniera involontaria – in Europa di un club fino a quel momento caratterizzato da un’identità provinciale e da un’aurea perdente: il Barcellona.

Calcio e fumetto sono sempre stati mondi comunicanti e interconnessi. Pablo Ríos, autore della graphic novel Fútbol nonché studioso delle relazioni tra sport e arte sequenziale, afferma come “prima che si diffondesse la fotografia, il fumetto fu uno strumento fondamentale nel narrare le gesta dei primi giocatori. In alcuni casi possiamo affermare che calcio e fumetto si sono sviluppati parallelamente”. Uno dei primi eroi di carta fu l’olandese Kick Wilstra, personaggio creato, già a partire dal nome, dalla fusione di Kick Wilstra, Faas Wilkes e Abe Lenstra, ovvero tre dei giocatori oranje più famosi e amati nell’Olanda di fine anni ’40. L’Inghilterra rispose poco tempo dopo con Roy of the Rovers, fumetto che accompagnò l’infanzia di due generazioni di inglesi, totalizzando 853 uscite consecutive in quarant’anni di pubblicazioni ininterrotte. Come Kick Wilstra, anche Roy Rovers giocava in squadre inventate, nel suo caso il Melchester United, e il suo impatto nella cultura del paese fu talmente forte da creare l’espressione lessicale “It’s a Roy Rovers”, utilizzata per indicare un rimonta clamorosa o un gol impossibile. Fumetto quindi come fenomeno sociologico, pur se limitato a confini geografici ben delineati. Sarà Capitan Tsubasa a travalicare qualsiasi barriera, acquisendo una dimensione globale. Nel mezzo, a metà tra i due percorsi, si è collocato Eric Castel.

Negli anni ’80 il Barcellona era més que un club solamente in Catalogna, nonostante nella decade precedente l’arrivo di Johan Cruijff e degli olandesi aveva rimesso gli azulgrana sulla mappa calcistica spagnola, riportando in bacheca un titolo nazionale che mancava da 14 anni. Non si stava parlando di una società da zero tituli (la Coppa della Coppe dell’82 e dell’89, la Liga dell’85, qualche coppa nazionale), ma il deficit di appeal del club una volta superati i confini della Comunidad era innegabile, tanto che al momento dell’uscita dei primi numeri di Eric Castel, un giornale spagnolo chiese a Raymond Reding, autore della serie assieme a Francoise Hugues, perché avesse deciso di ambientare il suo fumetto calcistico in una squadra perdente come il Barcellona. “Johan Cruijff”, fu la risposta. Lasciarsi ispirare nella propria fase creativa dai grandi campioni dell’epoca non era un novità per Reding, che già nel 1963 aveva creato il suo primo eroe di carta calcistico, Vincent Larcher, mettendolo accanto a Gianni Rivera nel Milan di Nereo Rocco.

Ramon Usall Santa insegna storia all’Università di Lleida, è stato deputato al Parlamento Catalano e ha pubblicato diversi libri, uno dei quali dedicati proprio a Eric Castel, dal titolo Un mundo en azul y grana. In apertura si legge la seguente frase di Joan Laporta: “Eric Castel è stato uno dei migliori acquisti nella storia del Barcellona”. L’opera di Usall rappresenta un’analisi culturale e sociologica di come un semplice personaggio di carta creato da un autore straniero sia riuscito a diffondersi all’interno di una comunità, alimentando la passione di calcio di un’intera generazione di tifosi. Vero, nel Barcellona reale c’erano Schuster, Maradona, Quini e Simonsen, ma il contesto polemico, isterico e in perenne ebollizione che li circondava, alimentato da un rendimento sportivo pieno di zone d’ombra, spingeva il tifoso alla ricerca di un’oasi di svago dove poter sognare un Barcellona vincente o, quantomeno, competitivo ai livelli più alti.

Se il calcio rimaneva il cuore del fumetto di Reding, il background rappresentava l’arma in più, attraverso ricostruzioni minuziose e dettagliatissime dei luoghi (non solo calcistici) di Barcellona e della altre città toccate dalla narrazione. Secondo il giornalista spagnolo Eduardo Bravo, “sfogliando le pagine di Eric Castel sembrava di percorrere gli scenari idilliaci dei libri di Josep Pla o di trovarsi catapultati nei quartieri popolari raccontati nei romanzi di Juan Marsé”. Dal Tibidabo a Parc Güell, dalle Ramblas alla grigia Barceloneta pre-olimpica, dalla località marittima di Tossa de Mar alla Masía de Can Planes, fino alle minuziose ricostruzioni di scorci del Camp Nou, della vecchia pista di pattinaggio su ghiaccio e del merchandising dell’epoca. La terza componente importante del fumetto riguardava il plot extra-calcistico che, attraverso l’introduzione di un gruppo di ragazzini dei quartieri popolari (i Pablitos, nome derivante da Pablo Varela, uno dei personaggi) finiti sotto l’ala protettiva del protagonista, permise all’autore di sviluppare il tema delle ambizioni, ma anche delle illusioni, dei giovani che aspiravano a diventare stelle del calcio. Desideri che dovevano necessariamente confrontarsi con un percorso educativo, e infatti proprio il citato Pablito Varela, il più dotato tra quei ragazzini che giocavano a calcio nelle calles, dovette rinunciare a entrare alla Masía a causa della regola dei 25 chilometri. Tale disposizione, all’epoca introdotta realmente dal Barcellona per combattere dispersione scolastica e precoce abbandono dello studio, prevedeva un vincolo chilometrico nella scelta dei canteranos: chi abitava troppo lontano dalle strutture di allenamento del club non veniva selezionato.

Curiosamente Castel, le cui fattezze erano ispirate a Roberto Bettega, nacque come progetto su commissione per una storia autoconclusiva da pubblicare in Germania Ovest sulla rivista di fumetti Zack alla vigilia del Mondiale casalingo del 1974. Fu scelto Reding, considerato uno dei migliori esponenti della bande dessinée (striscia disegnata) di scuola franco-belga, con alle spalle una ventennale esperienza nella rivista Tintin (Le Journal de Tintin nella versione vallone, Kuifje in quella fiamminga). Reding aveva già creato tre eroi di carta sportivi: il tennista Jari nella serie Jari & Jimmy Torrent, protagonista anche di un crossover con uno dei più noti fumetti sportivi di sempre, il pilota Michel Vaillant creato da Jean Graton; il già citato Vincent Larcher, attaccante del Milan; e l’ex atleta Sophie Ravenne, protagonista di Section R. Reding chiamò il suo nuovo personaggio Max Falk, attaccante non professionista (lavora infatti come grafico) di stanza a Düsseldorf le cui avventure durano, come pattuito, lo spazio di un solo numero.

Cinque anni dopo Max Falk era diventato Eric Castel, ala destra mezza rotta – un problema al menisco lo aveva tenuto lontano dai campi di gioco per buona parte della stagione precedente – che il Barcellona aveva acquistato dall’Inter. L’esperienza con i nerazzurri era però solo accennata, mai disegnata. Anni dopo il giocatore lascerà i bluagrana per il Paris Saint-Germain, con il quale vincerà la Coppa CEVA battendo in finale proprio il Barcellona. Un colpo di scena che i lettori spagnoli non gradirono, e in breve tempo Reding i suoi collaboratori si trovarono invasi da migliaia di lettere dai toni poco concilianti nei confronti di una svolta percepita – alla luce del rapporto instauratosi tra il fumetto e il mondo Barcellona – come un vero e proprio tradimento. Castel fu così fatto ritornare, dopo due sole stagioni, al Camp Nou, dove condusse il club al successo anche nella Coppa CEVA. Gli ultimi numeri lo videro in azione con la maglia del Lille, ma si era ormai entrati negli anni ’90 e tutto era cambiato.

Due sono state le cause che hanno decretato la fine di Eric Castel: Capitan Tsubasa e il Dream Team di Cruijff. La freschezza e la dinamicità dello spokon di Yoichi Takahashi erano elementi contro i quali lo stile di Reding non poteva competere, facendo emergere chiaramente la differenza tra due stili appartenenti a epoche diverse, e quindi destinati a platee diverse, la prima in forte espansione, la seconda in lenta ma costante fase di spopolamento. Eppure anche queste due serie così profondamente differenti sono legate da un aspetto comune, che Usall ha identificato nel realismo della ricostruzione del contesto nel quale si muovono i personaggi. “Nel febbraio 2004”, scrive Usall, “Takahashi fece una lunga visita nella sede del Barcellona, intervistando anche presidente, allenatore e alcuni giocatori. Era andato in Catalogna a cercare ispirazione per le sue prossime avventure. Il realismo di Takahashi si riflette nell’aspetto dei giocatori del Barcellona (che riproducono, con nomi simili, i membri dell’attuale squadra del Barça) e nella riproduzione di vari locali cittadini, con una ricerca del dettaglio e una profondità di osservazione identiche a quelle che caratterizzavano i disegni di Reding. Il tutto ovviamente rielaborato in uno stile più austero, più tipico del manga”. In un episodio di Capitan Tsubasa Takahashi ripropone, durante un immaginario Barcellona-Real Madrid, la contestazione de Camp Nou a Luis Figo (Fago nel fumetto giapponese) durante la battuta di un calcio d’angolo. In un altro riprende lo striscione “Barça per la pau” esposto in Barcellona-Rácing Santander del 23 marzo 2003 contro l’invasione americana e britannica dell’Iraq.

L’ultimo numero di Eric Castel, per il quale anni fa è stata organizzata una petizione al fine di inserire nel museo del Barcellona quello che è stato definito més que un còmic, è uscito nel 1992, l’anno della punizione-bomba di Ronald Koeman che ha regalato al Barcellona la sua prima Coppa dei Campioni, consacrazione definitiva del Dream Team. Dal 1988 al 1996, con Cruijff in panchina, per sei anni consecutivi il Barcellona mette trofei in bacheca: Coppa delle Coppe nel 1989, coppa di Spagna nel ‘90, campionato e Supercoppa spagnola nel ’91, campionato, Coppa dei Campioni e Supercoppa spagnola nel ‘92, campionato e Supercoppa Europea nel ’93, campionato e Supercoppa di Spagna nel ’94. Non c’era più bisogno di sognare sulla carta ciò che si poteva finalmente vivere in diretta.

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