“Il vaccino è l’unico modo per non tornare indietro”. Lo afferma Luca Richeldi, direttore di Pneumologia dell’ospedale Gemelli di Roma ed ex componente del Cts, che nei giorni in cui le modalità di applicazione del Green pass infiammano il dibattito pubblico, in un’intervista al Corriere della Sera ,afferma come il certificato sia uno strumento che va utilizzato nell’interesse della società. “Sarebbe un peccato non utilizzare uno strumento così prezioso” soprattutto se i dati del contagio sono “poco distanti dall’incidenza dello scorso ottobre”. A ottobre 2020 – spiega il professore – i dati giornalieri erano intorno ai 60 ogni 100mila abitanti, “oggi siamo già sopra i 30”. Le ospedalizzazioni non riflettono questo rialzo dei contagi, ma secondo Richeldi “sarebbe un peccato non fare leva sul Green pass per evitare che il quadro peggiori“. Potrebbe capitare, infatti, che gli ospedali e le terapie intensive non vengano messe sotto pressione, ma che il sistema di cure domiciliari non sia all’altezza di affrontare la situazione. “Potrebbe accadere che i reparti di medicina e terapia intensiva non vadano di nuovo in affanno e che però al contempo il sistema di assistenza domiciliare non sia all’altezza della situazione – spiega il professore – Abbiamo creato nuovi posti letto di rianimazione e ospedali dedicati al Covid. Ci siamo dimenticati però delle cure sul territorio: questo significa avere la possibilità di seguire i malati nelle loro abitazioni, senza che arrivino in ospedale e quindi non togliere spazio e risorse ad altre patologie”. Cosa manca?, chiede il Corriere. “I medici di famiglia hanno ricevuto adeguato supporto per dedicarsi anche a questa attività? Esiste un programma di telemonitoraggio nazionale o nelle singole regioni per seguire a distanza questi pazienti? Temo che la risposta sia: non ancora“.

Come afferma Richeldi, lo strumento è “un obbligo indiretto” come lo definisce qualcuno, ma “non di certo subdolo”. Anzi, il professore ritiene sia lecito interdire l’ingresso ai non vaccinati nei luoghi in cui non è possibile rispettare le regole di distanziamento. “E’ nell’interesse della collettività”. A rischiare di più sono gli over 60 che hanno deciso di non vaccinarsi (il 15%). “Se venissero contagiati sarebbero in pericolo di morte“. E’ in questa categoria – infatti – che si concentra il maggior numero di malati gravi e decessi. Anche gli under 60 che hanno ricevuto nemmeno una dose dovrebbero vaccinarsi per ridurre la possibilità che il virus colpisca chi è più vulnerabile: “La vedo un po’ come un’ingiustizia sociale” afferma il professore.

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