Il mondo FQ

Tassazione, “accordicchio” in sede Ocse tra 130 paesi sull’aliquota minima globale. Ma la City di Londra è esentata e saltano le web tax

Non hanno firmato l'intesa Irlanda, Estonia ed Ungheria. I big della finanza di Londra dovrebbero schivare l'aliquota. Soddisfazione di Joe Biden e Janet Yellen che parlando di fine della corsa al ribasso nella tassazione internazionale delle multinazionali. Nuova aliquota in vigore dal 2023
Commenti

Centotrenta paesi Ocse su 139 hanno siglato oggi il piano per costringere le multinazionali a pagare un’aliquota minima globale di imposta sui profitti di almeno il 15%. Secondo le stime dell’organizzazione la nuova tassa genererà di un gettito aggiuntivo a livello globale di almeno 100 miliardi di dollari l’anno che, almeno in una certa misura, dovrebbero restare nei paesi in cui le multinazionali fanno affari e incassi. La presenza di un’aliquota unica globale mette fuori gioco i paradisi fiscali che, infatti, si sono opposti alla riforma. Bermuda (dove le multinazionali non pagano tasse sugli utili) ha affermato che quella della tassazione è una questione di sovranità nazionale. Tra i 9 paesi che non hanno firmato l’intesa Irlanda, Estonia ed Ungheria (oltre a Kenya, Nigeria, Sri Lanka, St Vincents e Grenadines). Tutte le nazioni del G20 hanno invece sottoscritto la riforma fortemente voluta dagli Stati Uniti che chiedono però in cambio l’eliminazione delle web tax nazionali. L’Ocse ha affermato che le regole dovrebbero essere messe in atto il prossimo anno e attuate nel 2023.

L’intesa nasce però con una grave debolezza. La City londinese, cuore dell’industria finanziaria britannica ed internazionale che già gode di regimi giuridici e fiscali privilegiati, godrebbe di uno status particolare. Le banche internazionali qui residenti schiverebbero così la nuova aliquota. In cambio Londra avrebbe però garantito agli Usa l’eliminazione della web tax applicata alle società statunitensi come Amazon o Google. Va detto che dalla Gran Bretagna dipendono nei fatti buona parte dei paradisi fiscali come isole Cayman, Bermuda o Isole Vergini, tutti ex domini della corona inglese che hanno conservato stretti legami con l’ex madre patria.

Comprensibile la soddisfazione di Washington. Un “importante passo in avanti verso un’economia più giusta”, ha affermato il presidente statunitense Joe Biden. – “Una giornata storica per la diplomazia economica” fa eco la segretaria al Tesoro americano, Janet Yellen, grande tessitrice dell’intesa. “Per decenni gli Stati Uniti hanno partecipato a una competizione internazionale sulle tasse, riducendo le loro imposte solo per vedere altri ridurle ancora di più. Il risultato è stata una corsa globale al ribasso”. “Dopo anni di trattative e di intenso lavoro questo pacchetto storico assicurerà che le multinazionali paghino la giusta quota di tasse ovunque” ha detto il segretario generale dell’Ocse, Mathis Cormann, sottolineando che l’intesa tiene conto dei “vari interessi” emersi intorno al tavolo, “Inclusi quelli delle economie più piccole” e di quelle in via di sviluppo. “E’ nell’interesse di tutti l’aver raggiunto un accordo”, mette in evidenza Cormann.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione