Derek Chauvin, il 45enne ex agente di polizia che il 25 maggio 2020 uccise George Floyd a Minneapolis inginocchiandosi sul suo collo per 9 minuti consecutivi, è stato condannato a 22 anni e mezzo di carcere. Era stato giudicato colpevole di omicidio di secondo grado lo scorso aprile e da allora si trovava in isolamento in carcere. I rappresentanti dell’accusa e i familiari del 47enne afroamericano ucciso, intervenuti in aula, avevano chiesto 30 anni, il massimo della pena. Pronunciando la sentenza, il giudice della Contea di Hennepin Peter Cahill ha spiegato che alla decisione è allegato un memorandum di 22 pagine con le motivazioni. Chauvin, presente in aula dopo due mesi trascorsi in carcere, è rimasto imperterrito. Giacca e cravatta grigio chiaro, ha tenuto il volto coperto dalla mascherina per quasi tutta l’udienza.

“Non sono a conoscenza di tutte le circostanze che sono state considerate, ma la sentenza sembra appropriata“, è il commento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. La decisione “potrebbe essere un punto di svolta per l’America”, ha dichiarato Ben Crump, il legale della famiglia Floyd. “Ma non dev’essere un’eccezione, dev’essere la norma. Continuiamo a batterci per il massimo della pena” negli altri procedimenti legali contro l’ex agente. “La sentenza emessa oggi contro l’agente di polizia di Minneapolis che ha ucciso mio fratello George Floyd mostra che la questione della brutalità della polizia viene finalmente presa sul serio“, dice invece Bridgett Floyd, sorella di George e fondatrice della George Floyd Memorial Foundation.

La pena irrogata è di 10 anni superiore a quella suggerita dalle linee guida per casi simili, una scelta – ha spiegato Cahill rivolgendosi all’ex agente – “dovuta al suo abuso di una posizione di fiducia e autorità, e anche alla particolare crudeltà” mostrata nei confronti di Floyd. Il verdetto ha deluso una larga parte dell’opinione pubblica americana, che lo considera troppo blando. “La mia scelta non è basata sulle emozioni ma sui fatti, e non vuole inviare alcun messaggio“, ha precisato il giudice, pur riconoscendo il turbamento che l’omicidio aveva causato nella comunità. “È stato un episodio doloroso per tutta la Contea di Hennepin, per lo Stato del Minnesota e per l’intero Paese“, ha detto. I lamenti di Floyd (“I can’t breathe“, “non respiro”) mentre moriva soffocato dal peso di Chauvin, diffusi in tutto il mondo grazie al video girato della 17enne Darnella Frazier, avevano dato il via alla maggiore protesta di massa contro la violenza razziale vista negli ultimi decenni, con milioni di persone in marcia per le strade degli Usa.

In chiusura del dibattimento, i familiari di George hanno ricordato il dolore vissuto per la sua morte e chiesto il massimo della pena e l’assicurazione che Chauvin sconti tutta la condanna in carcere. “Non ci interessano altre ramanzine, le abbiamo già viste”, ha dichiarato in lacrime Terrence, uno dei fratelli di George. La figlia di 7 anni, Gianna, ha parlato in un video proiettato in aula, dicendo che, se potesse dire ancora dire qualcosa al papà, sarebbe “Ti voglio bene e mi manchi“. “Riconosco e sento mia la vostra sofferenza”, ha commentato il giudice. Chauvin, da parte sua, ha scelto di rompere il silenzio per pochi secondi facendo loro pubbliche condoglianze in aula, con l’augurio di trovare una qualche forma di serenità. Prima di lui si era rivolta al giudice e al pubblico sua madre, Carolyn Pawlenty: “Lo hanno descritto come aggressivo, incurante e razzista, ma voglio dirvi che non è così. È una brava persona”, ha detto, rivolgendosi poi fra le lacrime direttamente al figlio: “Derek, ho sempre creduto alla tua innocenza. Sei il mio figlio preferito“.

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