Otto lettere dell’alfabeto greco per indicare tutte le varianti del coronavirus al momento conosciute. Lo scorso primo giugno, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha deliberato che quelle al momento note del virus non saranno più indicate con una regione geografica ma, appunto, con le lettere dell’alfabeto greco, per evitare discriminazioni e scorrettezze legate appunto alla provenienza. In particolare, nella pagina delle domande frequenti del ministero della Salute dedicata proprio alle varianti, è possibile identificare un breve quadro di quelle presenti nel nostro Paese, con un focus su quelle che preoccupano di più, provando a spiegarne l’origine e la capacità di contagio.

Alfa – La prima variante a cui si fa riferimento è Alfa (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) , che è stata identificata per la prima volta nel Regno Unito nel dicembre 2020. Questa, come ormai sappiamo, è quella che in pochissime settimane è diventata predominante prima in Uk e poi anche in Italia, proprio per la sua elevata capacità di contagio. Nella nota del ministero, si legge appunto che “questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza”, nello specifico del 37 per cento. In un articolo pubblicato poi su News Medical Life Science, si legge che “dalla sua identificazione – questa variante – è stata trovata in oltre 90 Paesi differenti nel mondo. Il 7 aprile 2021, la variante B.1.1.7 è la sorgente più comune di nuove infezioni SARS-CoV-2 negli Stati Uniti”. Per fortuna, i dati hanno da subito messo in evidenza la sua sensibilità ai vaccini, che hanno così contribuito a ridurre drasticamente la sua presenza in Italia e in Europa.

Beta – La variante Beta, originaria del Sud Africa, pur non presentando l’elevata contagiosità della Alfa, ha di per sé la capacità di “indurre un parziale effetto di immune escape nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali”, ovvero annullare la capacità di curare la malattia provocata dal coronavirus. Gli scienziati hanno messo in evidenza come proprio questa caratteristica della variante sia potenzialmente pericolosa perché “potrebbe interessare anche l’efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini“. Per questo, “viene monitorata con attenzione“.

Gamma – La terza variante è proveniente dal Brasile, identificata la prima volta lo scorso 6 gennaio. Anche in questo caso, secondo il ministero, gli studi hanno evidenziato una maggiore trasmissibilità, mentre “non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia”. Secondo gli scienziati giapponesi, che l’hanno identificata per primi per mezzo di alcuni viaggiatori provenienti proprio dal Sud America, la la variante è nata in Amazzonia, diventando presto quella dominante nella regione e nelle città circostanti fino a raggiungere in breve tempo diverse parti dell’Europa e degli Stati Uniti. Al momento si ritiene si sia diffusa in almeno 37 Paesi.

Delta e Kappa – La variante Delta è invece quella al centro delle cronache in questi giorni. In particolare, è stata rilevata per la prima volta in India, dove potrebbe aver causato gran parte dei quasi 30 milioni di contagi che si contano ad oggi. Secondo il ministero, la variante include “una serie di mutazioni la cui contemporanea presenza desta ragionevole preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione“. Questa variante ha poi un sottotipo, Kappa, che porta con sé due mutazioni: una renderebbe il virus più infettivo, l’altra potrebbe portare invece a esporre maggiormente al rischio anche chi ha già conosciuto l’infezione. Inoltre, le prime evidenze dicono che con la variante Delta cambiano anche i sintomi ‘classici’ del coronavirus che siamo ormai abituati a conoscere, come perdita di olfatto e gusto oltre che problemi respiratori, facendo invece spazio a un forte raffreddore, con mal di stomaco, perdita d’appetito e dolori articolari.

Eta – C’è poi la variante Eta, che è quella risultata maggiormente presente nello stato di New York. Da lì, poi, è andata spargendosi in almeno 11 Paesi diversi. Il dubbio principale riguarda la possibilità che possa compromettere l’efficacia dei vaccini.

Epsilon – Questa è invece la variante predominante nell’Ovest degli Stati Uniti, in particolar modo nello stato della California. Stando a quanto riporta l’articolo di News Medical Life Science, si tratta di una mutazione più contagiosa del 20%, “sebbene non sembri spargersi velocemente quanto altre varianti”. I vaccini Novavax e Moderna sembrano risultati essere “leggermente meno efficace”.

Lambda – Individuata per la prima volta in Perù nell’agosto 2020 e segnalata in tutto in 29 Paesi, la variante Lambda è stata l’ultima a essere dichiarata di “interesse” dall’Oms. Al momento costituisce il 10% di tutte le nuove infezioni rilevate negli Stati Uniti, perché apparentemente più trasmissibile delle altre e soprattutto in grado di causare una sintomatologia più grave. In particolare, secondo l’Oms, questa potrebbe portare a un “potenziale aumento della resistenza agli anticorpi neutralizzanti”.

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