Nessuno sa come ha fatto il cane a liberarsi. E la faccenda inizia a creare qualche imbarazzo. Perché al pronto soccorso di Parma è stato appena trasportato un fotografo. Se ne stava dietro a una delle due porte del Tardini quando si è visto arrivare addosso quel pastore tedesco. È successo tutto in una frazione di secondo. Il suo cuore che si mette a martellare nel centro del petto, il dolore che affonda i denti nella sua coscia sinistra, la concitazione che sgonfia i suoi muscoli. Non ha avuto neanche il tempo di avere paura che tutto era già finito. Il padrone ha richiamato il cane, poi si è avvicinato per prestargli soccorso. E qui la storia ha assunto contorni surreali. Perché in quel momento il fotografo si è accorto di essere stato morso da un cane-poliziotto. I medici dell’ospedale lo hanno rincuorato. La ferita è superficiale, l’iniezione di antirabbica una semplice precauzione. Gli resta solo un rimpianto: non essere riuscito a fotografare il portiere del Parma.

Si chiama Gianluigi Buffon e non ha ancora compiuto 18 anni. Solo che quel ragazzo sembra un vampiro, tanto riesce a sfuggire alle macchine da presa. È successo anche a inizio partita. Non si è accorto che i suoi compagni stavano posando a centrocampo ed è andato a prendere possesso della sua nuova porta. Click. Niente foto ricordo, niente reliquia da tramandare alle generazioni future. Eppure in quel pomeriggio del 19 novembre 1995 nessuno sembra avere occhi per il ragazzino. Anche perché lui, su quel prato, non doveva neanche starci. Avrebbe dovuto giocare il titolare, Luca Bucci. Solo che la storia ha preso una piega inaspettata un paio di settimane prima. Il Parma gioca la gara di ritorno degli ottavi di finale di Coppa delle Coppe. All’andata era finita 3-0 per l’Halmstad. E ora i gialloblù stanno vincendo 4-0 al Tardini. A pochi minuti dalla fine Bucci esce e si scontra con Couto e Vougt. Il portiere vicecampione del mondo finisce a terra. Sa che la situazione non è semplice. Ma sa anche che il tempo è dalla sua parte. Ha ancora qualche minuto prima che il dolore cominci a farsi sentire davvero. Così resta in campo. A fine partita la diagnosi è impietosa: frattura della clavicola destra. Significa quaranta giorni di stop. Significa dire addio alla sfida scudetto contro il Milan in programma tre settimane dopo.

All’inizio Nevio Scala si affida ad Alessandro Nista. Nella sua ultima stagione all’Ancona non ha giocato neanche un minuto. Eppure il Parma l’ha scelto come secondo portiere. E dopo una vita passata all’ombra, ora il ragazzo ha la possibilità di prendersi una rivincita. Contro chi non ha creduto in lui. Contro la sfortuna. “Sono stato fermo un anno, fino all’agosto del 1995, per la “pulizia” di una cicatrice, eredità di un’ernia del disco – dice – Problemi che, dopo un inizio promettente, mi fecero fare anche l’emigrante in Inghilterra, tra le riserve del Leeds. Spero la sorte cambi”. L’esordio contro la Cremonese è positivo. Il Parma non prende gol. E ne segna due. Bucci sembra aver lasciato la porta in buone mani. Nista è pronto a cucirsi sulla divisa i suoi nuovi galloni. Solo che la sosta per le Nazionali provoca un altro cortocircuito. Scala aggrega alla prima squadra il portiere della Primavera. Per una settimana intera. Dice ai suoi attaccanti di bersagliare la porta. Solo che nessuno riesce a trafiggerlo. Poi lo osserva calciare il pallone. Riesce sempre a trovare un compagno. Sia quando lancia lungo, sia quando scarica corto. Il dubbio si insinua nella testa dell’allenatore. È in uno di quei pomeriggi che Buffon impara un ruolo che reciterà per tutta la sua carriera. Quello del cannibale.

Il primo portiere a essere fagocitato è proprio Alessandro Nista. Perché dopo una settimana di tormenti Scala ha deciso. Sarà Buffon a giocare contro il Milan. La scelta è azzardata. Ed è per questo che è geniale. Il ragazzo indossa la maglia numero 12 e fa il suo esordio in Serie A. È il futuro che si innesta sul presente. Buffon para tutto. Nel vero senso della parola. Disinnesca Eranio, toglie dalla testa di Roberto Baggio il pallone del vantaggio rossonero, mura Marco Simone. La partita finisce 0-0. E da quel momento tutti vogliono un pezzetto del portiere. In molti fanno uno squillo allo zio del ragazzo. Si chiama Lorenzo Buffon, ha 66 anni, ed è stato un portiere di prima fascia fra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando ha vinto quattro scudetti con il Milan e uno con l’Inter. Una divinità che il matrimonio con Edy Campagnoli, la valletta di Lascia o raddoppia, ha trasformato in una icona pop. Lorenzo però non ha ancora chiuso con il calcio. Anzi, il Milan lo ha assunto come osservatore. E cinque anni prima aveva proposto il nipote al Diavolo. “Lo avevo segnalato quando aveva 12 anni – racconta ai giornali – Però lui è toscano e la famiglia ha preferito che restasse vicino a casa per studiare. Questo non gli ha impedito di sfondare”. Qualche giorno dopo parla anche Gianluigi. Conferma la versione dello zio. E rivendica la sua scelta. Il Milan l’avrebbe intimorito. E poi l’avrebbe sicuramente mandato a giocare in prestito.

Parma è diversa. È una città che non ha fretta, un’intrusa fra le grandi, una periferia che sogna di trasformarsi in centro. E per questo può aspettarlo, può farlo crescere. In quell’annata Buffon scende in campo nove volte. Non sempre fa miracoli, ma d’altra parte è impossibile trasformare lo straordinario in quotidianità. A gennaio del 1996 Sepp Blatter propone di allargare le porte. Giusto qualche centimetro, così per aumentare lo spettacolo. I portieri si ribellano. Perché quell’idea non può essere altro che una boutade. “Per me sarebbe un disastro – dice Buffon – prendo già tanti gol adesso. L’idea mi sembra semplicemente scandalosa”. Il suo carattere è straripante, le sue qualità sono fuori scala. Farlo accomodare in panchina diventa sempre più difficile. Qualcuno in società inizia a pensare di cederlo in prestito. Ma bisogna muoversi con attenzione. Bisogna ragionare sulle scelte proprie, ma anche in base a quelle altrui. Perché in estate Buffon cannibalizza un altro portiere. Cesare Maldini sta buttando giù la rosa della Nazionale Olimpica in vista dei Giochi di Atlanta 1996. E ha un grande dubbio. Il portiere dell’Under 21, Angelo Pagotto, vive un periodo di appannamento. A maggio aveva trascinato gli Azzurrini alla vittoria dell’Europeo di categoria, parando i rigori di Raul e De La Pena nella finale contro la Spagna. Ora la situazione è diversa. Pagotto si trova senza squadra. Così Maldini fa la sua scelta. Dentro Buffon. E il fuoriquota Gianluca Pagliuca. “Preferisco che ad Atlanta vada Buffon. Mi farò le vacanze – dice Pagotto – spero che qualche squadra mi voglia. La Samp si è sbagliata, può capitare, mi è stato offerto un contratto quadriennale a cifre bassissime senza neanche discutere, così ho rifiutato. Poi hanno preso Ferron: se quella proposta l’avessero fatta a me, sarei rimasto”.

La corsa di Gigi è inarrestabile. A ottobre riceve una doppia convocazione: dall’Under 21 e dalla Nazionale maggiore. Solo che Maldini viene a saperlo dai giornalisti. È un braccio di ferro. Sacchi vuole tenere il ragazzo con i “grandi” per via dell’infortunio di Bucci. Ancora lui. Buffon è realista: “I suoi infortuni mi spianano sempre la strada. In azzurro come nel Parma”. È l’ultima volta che si crea una concorrenza fra i due. Perché intanto Carlo Ancelotti si è seduto sulla panchina del Parma. E ha le idee piuttosto chiare. La convivenza fra i due portieri è difficile. Serve una soluzione. Che viene esplicitata a fine ottobre. Buffon viene provato fra i titolari. E Bucci va su tutte le furie. “Ancelotti mi ha parlato mercoledì e mi ha detto che non ci pensa nemmeno a togliermi. Mi fido”. Solo che gli altri non sembrano fidarsi poi molti. “Lo so, ma non è una novità – dice Bucci – Su di me si sta esagerando. Io sono sempre stato autocritico ma mi stanno dando colpe eccessive. Quando faccio bene è scontato, alla prima mezza incertezza vengo attaccato. Forse sono antipatico”. D’altra parte il rapporto con i tifosi non è mai decollato. “Non voglio fare la vittima – si sfoga – ma per me sono 4 anni che è così, sempre difficile. Ci sono tifosi che non mi hanno mai sopportato. Quelli per cui sono rimasto un “reggiano bastardo”, come mi hanno gridato in Parma-Perugia”.

Due giorni più tardi, nella sfida casalinga contro la Fiorentina, il titolare è Buffon. “Bucci l’ha presa molto male”, dice Ancelotti. Ma non si torna indietro. Buffon ha fagocitato il terzo portiere in poco più di un anno. Il 6 gennaio il Parma di Gigi batte la Juventus al termine di un gara tesissima con 4 espulsioni. Marcello Lippi dice che i ducali sono stati favoriti dall’arbitro. Buffon ascolta e poi si presenta davanti alle telecamere. “Bravi noi, asini loro”, dice. È la prima prima di tante frasi che si trasformeranno in polemica. Gigi chiede scusa, ma la strada è segnata. Pian piano Parma comincia a stargli stretta. Ci rimane fino al 2001, mettendo in bacheca una Coppa Italia, una Supercoppa e una Coppa Uefa. Buffon regala parate straordinarie e qualche gaffe. Come nel settembre del 1999, quando dopo la gara contro la Lazio si presenta davanti alle telecamere. Solo che sopra la sua maglia ha scritto, con un pennarello, “Boia chi molla”. È un motto fascista. È una frase che fa esplodere le polemiche. “Io non so niente di politica – giura – sono ignorante di queste cose, venivamo da una batosta e volevo semplicemente dire di non mollare. Altro che fascismo: mi dispiace se ho creato scompiglio, ma volevo solo incoraggiare i compagni. Pensavo che quella scritta venisse apprezzata”. Un anno più tardi si ricomincia da capo. Nel precampionato sceglie il numero 88. Spiega che l’ha fatto perché il numero è composto da quattro palle. È un numero simbolico. Per lui, che ci vede la speranza di rinascita dopo l’infortunio che gli ha impedito di partecipare all’Europeo. Ma soprattutto per gli altri, che ci vedono il saluto hitleriano che sta prendendo piede nell’ambito neonazista. Ancora polemiche. Ancora scuse. Ancora un incidente di percorso. Nel 2001 arriva l’offerta della Juve. E Buffon lascia Parma. Il cerchio si spezza, almeno per 20 anni. Perché ora Gigi ha scelto di ricominciare proprio da dove tutto era iniziato.

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