Nel 2020 l’Italia è stata il Paese con il più alto numero di inchieste relative all’utilizzo dei fondi europei concluse dall’Ufficio Ue anti-frode (OLAF). Per la precisione lo scorso anno sono state condotte 13 inchieste, tutte quante riportate nel rapporto annuale dell’ufficio, di cui 9 si sono concluse con una raccomandazione, il più blando dei provvedimenti comunitari. In totale, il rapporto parla di 230 indagini condotte in un anno, con 375 inviti alle autorità nazionali ed europee competenti. La maggior parte di queste raccomandazioni riguarda il recupero di fondi Ue per un ammontare di circa 294 milioni di euro.

Le inchieste concluse solo nel 2020 sono state 109, e riguardano l’uso di fondi europei in 37 stati diversi, di cui la maggior parte extra-Ue. Accanto all’Italia, tra gli Stati con il più elevato numero di inchieste ci sono Bulgaria e Ungheria, rispettivamente con 8 indagine concluse nel 2020, terminate con 7 e 4 raccomandazioni alle autorità competenti. Subito dopo ci sono Germania, Austria, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania.

Come accaduto già negli scorsi anni, la manipolazione delle procedure di appalto e di gara per intascare fondi europei rappresenta una delle principali tendenze riscontrate dall’Olaf nel 2020. “I meccanismi di frode – si legge nella nota nota ufficiale dell’Olaf – riguardano spesso diversi Stati membri e comportano dei complessi sistemi di riciclaggio dei profitti ottenuti in modo illecito“.

Il riferimento è agli emblematici casi di Romania, Italia, Belgio e Spagna, in cui si è raccomandato il recupero di 25 milioni di euro destinati a infrastrutture stradali. In realtà, questo denaro è stato riciclato attraverso società interconnesse e mediante pagamenti per servizi fittizi, con dei passaggi che l’Olaf ha ritenuto sospetti. In particolare, tra gli esempi contenuti nella relazione annuale, presenti anche frodi ai danni dei fondi Ue destinati alla ricerca, all’agricoltura e allo sviluppo rurale, così come frodi ai danni dei fondi sociali.

Il focus sulle truffe in pandemia – In particolare, nel rapporto viene presentato un focus ad-hoc sulla pandemia di Coronavirus: l’emergenza – si legge – ha comportato un “improvviso e massiccio aumento della domanda di dispositivi di protezione individuale“, che si è rivelata “un’opportunità commerciale per i falsari“. Nel marzo 2020, l’Olaf ha individuato 1000 operatori sospetti, in quanto potenziali rivenditori di materiale contraffatto. Con la sua azione, l’Ufficio ha così contribuito al sequestro di milioni di mascherine e gel igienizzanti non conformi o contraffatti, ma anche dei kit per eseguire test e tamponi anti-Covid.

Uno degli esempi riportati nel rapporto riguarda il sequestro di 140mila litri di disinfettante per le mani contraffatto proveniente dalla Turchia. La sua composizione era risultata sospetta in virtù di un livello molto alto di metanolo, un composto chimico particolarmente pericoloso per il nervo ottico, che comunemente causa mal di testa, visione offuscata e nausea. Un mese dopo la segnalazione fatta dalle autorità danesi che per prime son incappate in questo igienizzante nocivo, l’Olaf ha identificato una spedizione sospetta diretta verso l’Irlanda, intercettandola al porto di Dublino. Proseguendo con le sue indagini, l’ufficio ha scoperto diverse società negli stati membri Ue che avevano ordinato disinfettanti per le mani dello stesso produttore turco, arrivando così a districare la rete e facendo da supporto ai vari Paesi per limitare problemi simili.

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