Si rivela una sfida ancora più ardua del previsto quella di conciliare la tutela del territorio con la necessità di portare a termine (senza sprecare denaro) le opere previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e raggiungere i target del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). Per questi interventi “di pubblica utilità, indifferibili e urgenti”, il decreto Semplificazioni pubblicato in Gazzetta, nella parte in cui disciplina la velocizzazione del procedimento ambientale e paesaggistico e modifica alcuni iter per le rinnovabili prima di tutto disegna una corsia preferenziale, con procedure e uffici ad hoc, oltre che tempi più rapidi. Ma il decreto porta con sé una serie di punti interrogativi. In primis su quanto le misure gioveranno davvero alle rinnovabili a prescindere dai piani (quelli finanziati dal Pnrr sono pochi e sperimentali), ma anche su come si trasformeranno i procedimenti ambientali e sul ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. Gli strumenti di tutela sulla carta restano (e si introducono passaggi che potrebbero rivelarsi utili a evitare ricorsi, contrasti con le Regioni e ritardi), ma il testo fornisce anche motivi di preoccupazione, soprattutto a chi non ha mai creduto alla politica del bypassare le Sovrintendenze nel Paese con una biodiversità tra le più ricche d’Europa.

Sul fronte opposto, per quelli che avrebbero voluto un taglio più netto col passato e con i vincoli che finora hanno bloccato molti progetti il decreto rappresenta “un passo avanti, ma insufficiente”. Sullo sfondo il flop del quinto bando Gse (Gestione dei servizi energetici) istituito per assegnare incentivi a centrali elettriche pulite e con cui è stato assegnato solo il 12% delle risorse disponibili: 297,7 MW di richieste in posizione utile rispetto a 2.461 MW di potenza incentivabile.

LA COMMISSIONE TECNICA PNRR-PNIEC – Per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti ritenuti urgenti (anche di quelli finanziati a valere sul fondo complementare) è istituita la commissione tecnica Pnrr-Pniec, alle dipendenze funzionali del ministero della Transizione ecologica e composta da 40 membri, che non possono far parte della Commissione tecnica Via e Vas. Sono scelti tra il personale di amministrazioni statali e regionali, Cnr, Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, Enea e Istituto Superiore della Sanità. Svolgeranno attività a tempo pieno, restando in carica 5 anni (rinnovabili per una sola volta).

Alle riunioni della commissione partecipa, con diritto di voto, anche un rappresentante del ministero della Cultura. Per i procedimenti per i quali è riconosciuto “un concorrente interesse regionale”, all’attività istruttoria partecipa “con diritto di voto un esperto designato dalle Regioni e dalle Province autonome interessate”. “Questa previsione dà la possibilità agli enti preposti alla tutela dell’ambiente di evidenziare eventuali rischi che derivino dalla realizzazione dei progetti indifferibili e di limitare eventuali ricorsi, superando il conflitto Stato-Regioni”, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato amministrativista Leonardo Salvemini, esperto di diritto dell’ambiente e consigliere della Commissione Ecomafie.

LA VIA PIÙ VELOCE – Il decreto punta a snellire le procedure, in primis la Via di competenza statale, già nelle fasi che riguardano il provvedimento di verifica di assoggettabilità. Una volta presentata l’istanza di Via, per i progetti “indifferibili” la Commissione tecnica dovrà esprimersi al massimo entro 130 giorni (prima erano 170) dalla data di pubblicazione della documentazione, predisponendo lo schema di provvedimento. Nei successivi 30 giorni, il direttore generale del ministero della Transizione ecologica adotta il provvedimento, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del dicastero della Cultura. “Prima occorreva solo sentire il direttore generale – spiega Salvemini – mentre ora si richiede un concerto che comprende l’autorizzazione prevista dal decreto legislativo 42 del 2004, che è il cuore di tutto il procedimento autorizzatorio paesaggistico. Ed è qui che sarà importante il ruolo delle Sovrintendenze, fondamentale in un territorio ricco e delicato come il nostro, che non può essere paragonato a Paesi come Francia o Germania. E dove, finora, il problema della lentezza è dipeso più che dai vincoli (che potrebbero essere attualizzati anche grazie alla tecnologia) dal fatto che vengano governati da enti diversi”.

LA SOVRINTENDENZA SPECIALE – A riguardo, presso il ministero della Cultura è istituita (e sarà operativa fino al 31 dicembre 2026) la discussa Soprintendenza speciale, soluzione ideata dal ministro Dario Franceschini per evitare i ritardi dovuti proprio ai pareri delle Soprintendenze. Svolgerà le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici interessati da interventi previsti nel Pnrr e sottoposti a Via in sede statale o che rientrino nella competenza territoriale di almeno due uffici periferici del Ministero. Considerando che quasi tutte le regioni possono contare su almeno due uffici, parliamo di un numero considerevole di procedure. La Soprintendenza speciale opererà avvalendosi, per l’attività istruttoria, delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, nei confronti delle quali, però, potrà esercitare anche “poteri di avocazione e sostituzione”.

Non è ben chiaro in base a quali criteri. Si specifica solo “con riguardo a ulteriori interventi strategici del Pnrr”. Si pongono questioni legate alla trasparenza e all’opportunità di una tale scelta, dato che la Sovrintendenza sarà guidata dalla Direzione generale Belle Arti e Paesaggio di Roma a cui, tra l’altro, già compete la redazione dei pareri del ministero per la Via statale. Ne farà parte, inoltre, una segreteria tecnica composta, oltre che da personale di ruolo del ministero, da esperti “di comprovata qualificazione professionale” per la durata massima di 3 anni, per un importo massimo di 50mila euro lordi all’anno per singolo incarico. Assunti a tempo determinato, senza alcun concorso.

DIRITTI DI ISTRUTTORIA (CHE PAGHEREMO) E POTERE SOSTITUTIVO – Nei casi in cui i termini per la conclusione del procedimento non vengano rispettati si prevede per il proponente un rimborso del 50% dei diritti di istruttoria. È previsto l’esercizio di un potere sostitutivo nel caso di inerzia della Commissione, dei dirigenti dei ministeri competenti. Insomma, la Via sarà più veloce, ma nella relazione tecnica del provvedimento si legge che “nel 2021 e nel 2022 i tempi non saranno rispettati comunque nel 40% dei casi”, mentre nel 2023 ci sarà un ritardo per il 30% delle procedure. Scatteranno dunque i rimborsi che, si stima, quest’anno saranno pari a 840mila, per raddoppiare nel 2022, mentre nel 2023 saranno più di 1,2 milioni. A copertura, arriveranno fondi ad hoc al ministero della Transizione ecologica.

RINNOVABILI E AREE VICINE AI BENI VINCOLATI – Nel testo portato e approvato in Consiglio dei ministri è stato stralciato il passaggio che escludeva la partecipazione delle Soprintendenze all’autorizzazione di impianti “in aree contermini” a quelle vincolate e che tanto scompiglio aveva creato tra archeologi e tecnici. Il ministero della Cultura parteciperà al procedimento unico che riguarda anche quei progetti. Pale eoliche non potranno sorgere, dunque, vicine a siti archeologici? “Oltre alla partecipazione del Mic, la tutela è rappresentata dal riferimento nel testo al Codice dei beni culturali e del paesaggio, che è il cuore del lavoro delle Sovrintendenze – spiega Salvemini – eppure nel passaggio successivo si dispone che in questi procedimenti il MiC si esprima nell’ambito della conferenza di servizi con parere obbligatorio non vincolante”. Non solo. Mentre le amministrazioni che hanno espresso il loro dissenso possono, entro 10 giorni, proporre opposizione al presidente del Consiglio dei ministri, il decreto stabilisce che “in ogni caso” il rappresentante del MiC non possa farlo. “Mi sembra che la norma entri in contraddizione”, aggiunge Salvemini.

RINNOVABILI E SEMPLIFICAZIONI – “Spero che il parere sia davvero non vincolante” è, invece, il commento Livio de Santoli, prorettore per la Sostenibilità alla Sapienza e presidente del Coordinamento Free che, proprio in questi giorni ha pubblicato un documento, sottolineando che “la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo si scontra oggi con iter lenti e complessi, pur con i passi avanti fatti grazie al dl Semplificazioni, spesso viziati da ruoli non chiari dei soggetti pubblici coinvolti”.

Secondo de Santoli la partecipazione all’iter autorizzativo “dovrebbe essere limitata ai soli soggetti necessari, contenendo il ruolo del MiC e la partecipazione delle Soprintendenze alle sole proposte riguardanti aree sottoposte a vincoli”, mentre finora hanno continuato a non autorizzare impianti anche in zone non vincolate. “Il decreto è una buona base su cui impostare un confronto per l’efficacia reale delle azioni di semplificazione – commenta – ma non è ancora sufficiente”.

Sono previste procedure semplificate per gli impianti di accumulo elettrochimico stand-alone (in configurazione puro storage) e anche per l’attività di costruzione ed esercizio di impianti fotovoltaici sino a 10 MW connessi alla rete elettrica di media tensione e localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale. “Quel limite andrebbe tolto, mentre sul fronte dell’eolico si fa ancora troppo poco e per singole tipologie di impianti. È vero che il decreto semplificherà gli iter per alcuni interventi di repowering su impianti fotovoltaici, idroelettrici ed eolici – aggiunge – ma manca, ad esempio, una semplificazione reale per il fotovoltaico sui tetti nelle zone non vincolate”.

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