Il 21 maggio scorso l’alter era arrivato dal Global Health Summit: il mondo sta entrando nell’era delle pandemie ed è quindi necessario, dopo quella innescata da Sar Cov 2, prepararsi. E quindi non stupisce la nuova allerta per i casi di influenza aviaria nel mondo: dopo varie segnalazioni nell’ultimo anno in Russia del ceppo H5N8 altamente patogeno, dalla Cina arriva la notizia di un primo caso umano da un nuovo ceppo l’H10N3. Virus pericolosi, quelli che albergano in uccelli selvatici ma anche d’allevamento, e che secondo gli esperti possono rappresentare una nuova potenziale minaccia pandemica. Per questo, vanno strettamente monitorati. L’importanza di essere preparati e attrezzati è la prima preoccupazione dei virologi come aveva spiegato al fattoquotidiano.it il professore Massimo Clementi del San Raffaele di Milano.

Il caso cinese riguarda un uomo di 41 anni ricoverato con sintomi influenzali in ospedale il 28 aprile. La Commissione sanitaria nazionale (Nhc) di Pechino ha però precisato che “il rischio di una diffusione su larga scala è estremamente basso“. Il contagiato risiede nella città orientale di Zhenjiang. Non si spiegano le circostanze del contagio ma si aggiunge che l’uomo è sotto osservazione ma potrebbe essere dimesso presto. L’ultima epidemia di influenza aviaria, causata dal ceppo H7N9, si è verificata fra il 2016 e il 2017. In totale, dal 2013 il ceppo H7N9 ha infettato 1.668 persone, provocando la morte di 616 di esse, secondo dati della Fao. E si monitorano con cautela anche i casi di influenza aviaria verificatisi in Russia: “Nessun allarme, ma è necessaria una crescente attenzione”, ha avvertito la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Dall’autunno 2020 in Russia sono stati infatti registrati diversi focolai di influenza aviaria e il 21 febbraio la Russia ha annunciato di aver individuato il primo caso di trasmissione all’uomo del ceppo H5N8 altamente patogeno. Anche un recente articolo della rivista Science riporta all’attenzione il potenziale pandemico di tali virus aviari. Questo virus “possono rappresentare una nuova potenziale minaccia pandemica e vanno dunque strettamente monitorati, anche se al momento la trasmissione da uomo a uomo, in grado di innescare una pandemia, è avvenuta solo in rari casi”, sottolinea all’Ansa Massimo Andreoni, past president della Simit.

L’influenza aviaria, spiega, “è sempre stata considerata quella a maggior rischio di poter sviluppare una pandemia ed i virus aviari sono tra i più temuti. In questi anni vari ceppi, come H5N1 e H7N9, hanno circolato formando dei focolai epidemici in cui però la trasmissione è sostanzialmente stata quella da animale a uomo”. Nella maggior parte dei casi non c’è stato cioè il passaggio della trasmissione da uomo a uomo, che è poi quello in grado di innescare una pandemia. Finché infatti la malattia si limita al passaggio dall’uccello selvatico o anche domestico all’uomo, rileva l’esperto, “la situazione è controllabile, anche se va sottolineato che il tasso di letalità tra gli uomini per queste infezioni virali è anche arrivato al 50%, quindi ad un livello molto alto”. Tuttavia, “se il passaggio resta da animale a uomo – chiarisce – ciò limita l’ulteriore diffondersi dell’epidemia”.

Il problema non riguarda solo la Cina, ma anche altri paesi come India, Egitto. Il 21 febbraio scorso Mosca ha annunciato di aver individuato il primo caso di trasmissione all’uomo del ceppo H5N8 altamente patogeno dell’influenza aviaria. Da quel momento è iniziato uno stretto monitoraggio, seguito in Italia anche dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. “Altri casi di infezione umana asintomatica sono stati registrati in Russia, senza apparente trasmissione secondaria interumana – spiega Francesco Castelli, ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Brescia e membro di Simit -. Un recente articolo di Science di W. Shi e G.F. Gao riporta alla attenzione il potenziale pandemico di tali virus aviari, laddove eventuali mutazioni (drift o shift antigenici) possano rendere tali virus aviari più adatti alla infezione umana. È quindi pienamente giustificata e necessaria l’esecuzione di piani di sorveglianza epidemiologica che vengono da anni eseguiti sull’avifauna e negli avicoli allevati a scopo zootecnico”.

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