Il Senato ha approvato quasi all’unanimità il disegno di legge sull’agricoltura biologica, con 195 voti a favore, uno contrario e un astenuto. Un voto atteso da 15 anni, ma che arriva in un momento strategico. A poco tempo dall’adozione del Piano d’azione europeo per il biologico e mentre si inizia a scrivere il Piano strategico nazionale della PAC. È ora, insomma, di giocarsi la partita delle risorse nella quale l’agricoltura biologica è stata sempre tenuta nell’angolo (dalla Pac fino al Pnrr). Così, quando il senatore del Pd Dario Stefàno, presidente della commissione Politiche europee in Senato spiega che con il ddl “non si attribuisce all’agricoltura biologica lo ‘status’ di agricoltura ‘privilegiata’, ma complementare a quella che è declinata come agricoltura integrata (dove si cerca di ridurre al minimo tecniche e mezzi che hanno un impatto ambientale, ndr), interpellata da ilfattoquotidiano.it la presidente di FederBio, Maria Grazia Mammuccini fa notare: “Il ddl rappresenta più che altro un riconoscimento all’agricoltura biologica che, in effetti, dovrebbe essere privilegiata. Di certo non tenuta come fanalino di coda”.

Ma per partecipare alla partita delle risorse il biologico deve costruirsi una struttura solida e inattaccabile. Con l’ok al ddl 988 non si istituisce solo il marchio ‘Biologico italiano’ per “i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana”, ma si prevede di cambiare il sistema dei controlli. Di fatto, il testo ora tornerà alla Camera, proprio perché a gennaio scorso (dopo due anni di stallo) Palazzo Madama ha modificato quello licenziato da Montecitorio in prima lettura, introducendo un articolo sul sistema dei controlli. Che, come ha raccontato un’inchiesta di FqMillenniuM, finora ha dovuto fare i conti con falle e conflitti di interessi.

IL SISTEMA DEI CONTROLLI – L’articolo 19 contiene una delega al governo per emanare entro 18 mesi uno o più decreti legislativi e “procedere a una revisione della normativa in materia di armonizzazione e razionalizzazione sui controlli”. Decreti legislativi che dovranno “migliorare le garanzie di terzietà dei soggetti autorizzati al controllo”, eventualmente anche attraverso una ridefinizione delle deleghe concesse dal Ministero delle Politiche agricole e “rivedere il sistema delle sanzioni”. FederBio ha sempre segnalato i problemi legati ai controlli. “La fiducia dei consumatori è fondamentale, persa quella perdiamo tutto” ha spiegato a ilfattoquotidiano.it la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, secondo cui “in un momento di crescita come quello attuale il rischio che qualcuno cerchi ‘scappatoie’ c’è sempre. Il sistema dei controlli va dunque rafforzato”. E la crescita è nei numeri.

Con una superficie agricola utilizzata del 15,8% (la media Ue è del 7,8%) negli ultimi 10 anni ha fatto registrare trend di crescita a doppia cifra. “Le superfici bio in Italia – ricorda Federbio – circa 2 milioni di ettari, sono aumentate del 79%, mentre le aziende bio, oggi oltre 80mila, del 69%”. Nel 2020, inoltre, il mercato del biologico ha raggiunto i 6,9 miliardi di euro, di cui 4,3 miliardi relativi al mercato interno con un incremento del +142% dal 2010. Ora ci sono gli obiettivi del Green Deal europeo e delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, che puntano a triplicare la superficie coltivata a biologico e a ridurre del 50% l’uso di pesticidi e antibiotici e del 20% quello dei fertilizzanti entro il 2030. Il testo, però, non contiene già delle norme che cambino l’attuale sistema, ma delega il Governo Draghi ad attuare una riforma. Non si poteva già fare qualcosa? “La delega al governo – spiega – credo sia stata la strada migliore, perché se la discussione in Aula avesse riguardano anche le verifiche, avremmo corso il rischio di rallentare l’iter, perdendo occasioni importanti. Invece la legge arriva insieme a riforme cruciali. Innovazione digitale e semplificazione saranno fondamentali per il sistema dei controlli del biologico e faciliteranno la vita degli agricoltori onesti. Nel frattempo, il ddl indica un percorso di investimento per ricerca, innovazione e formazione strategica”.

LO SCONTRO SULL’AGRICOLTURA BIODINAMICA – Otto gli emendamenti in discussione, ma l’unico punto che ha diviso l’Aula del Senato è stata l’equiparazione dell’agricoltura biodinamica a quella biologica. A riguardo, la senatrice a vita Elena Cattaneo (che ha votato contro il ddl) ha presentato due emendamenti (poi bocciati) per espungere questa equiparazione, definendo l’agricoltura biodinamica “una pratica esoterica e stregonesca” priva di basi scientifiche. Anche Elena Fattori (Leu) ha espresso le stesse critiche, astenendosi nel voto finale. Contro l’agricoltura biodinamica anche Fratelli d’Italia, che ha però votato a favore del disegno di legge.

IL TESTO APPROVATO – Il testo si compone di 21 articoli. Si istituisce il Tavolo tecnico per la produzione biologica, che definirà le priorità del Piano d’azione nazionale con cadenza triennale. Fra i suoi obiettivi quello di favorire la conversione al metodo biologico delle imprese agricole e di sostenere le forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera. L’articolo 8 introduce il Piano nazionale per le sementi biologiche che il Ministero, sentito il Tavolo tecnico e con il supporto scienti­fico del Centro di ricerca Agricoltura e Ambiente, dovrà adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore e che sarà finalizzato ad au­mentare la disponibilità delle sementi per le aziende “e a migliorarne l’aspetto quantitativo e qualitativo”. Viene anche istituito il Fondo per lo sviluppo della produzione biologica, dalla ricerca alla formazione, dalla promozione di accordi quadro alle intese di filiera. Sarà un decreto del ministero a indicare requisiti e criteri per individuare soggetti e iniziative che possono essere finanziati. E poi c’è la formazione professionale: “Lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano promuo­vono la formazione teorico-pratica di tecnici e di operatori in materia di produzione biologica, di produttori e operatori di settore che decidono di convertirsi dalla produzione convenzionale a quella biologica e dei sog­getti pubblici incaricati di svolgere i con­trolli ispettivi previsti dalla legislazione vi­gente”. Per promuovere la conversione, vengono istituiti i distretti biologici: per gli operatori che vi operano si semplificherà l’applicazione delle norme di certificazione.

STEFÀNO (PD): “NON È AGRICOLTURA PRIVILEGIATA”. FEDERBIO: “DOVREBBE ESSERLO” – Secondo il senatore del Pd Dario Stefàno, “la norma entra pienamente nel solco della indicazione europea, che vede nell’agricoltura biologica uno dei pilastri della nuova PAC” e punta “a migliorare un metodo di coltivazione, quello biologico, con dei mezzi che mirano a mettere in piedi un’offerta diversa, un’offerta alternativa a quella classica, derivante dalla produzione agricola con protocolli integrati”. Per il senatore del Pd “sarebbe un errore assistere, o peggio ancora, partecipare alla disputa ‘Biologico VS Integrato’. Eppure una differenza c’è. Se il sistema dei controlli ha incontrato difficoltà nel biologico, nell’agricoltura integrata non è ancora più difficile ‘stanare’ chi cerca scorciatoie? “Diciamo che è certamente più difficile verificare se ci sono irregolarità – risponde la presidente di FederBio – eppure, finora, se all’agricoltura convenzionale è andata la fetta più grossa (oltre il 70% del primo pilastro della vecchia Pac, in pratica i fondi erogati in base alle superfici), nel secondo pilastro le risorse per quella biologica sono state inferiori anche a quelle dedicate all’agricoltura integrata”. In Ue l’1,8% dei fondi Pac, in Italia il 2,3%, stando ai dati del Centro Studi della Camera. Fanalino di coda, insomma. “Ora il Piano Strategico italiano deve puntare su obiettivi ambiziosi di crescita del biologico – conclude la presidente di FederBio – e attivare gli strumenti necessari per raggiungerli, sia in termini di aumento della produzione agricola che in termini di crescita della domanda da parte dei cittadini”.

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