Com’è cambiata la base elettorale del M5s negli ultimi dieci anni? Ora che il boom è passato e il 33 per cento è un ricordo un po’ sbiadito, è vero che l’elettorato Cinquestelle sembra un po’ diverso e si sente un po’ meno di centrodestra, ma dall’altra riconferma – 12 anni dopo la fondazione, 3 dopo la vittoria elettorale – tutte le sue ragioni sociali. Lo dice un sondaggio Demopolis secondo il quale le prime due motivazioni a votare i Cinquestelle restano ancora la voglia di cambiamento della politica (risponde così il 76 per cento degli intervistati) e l’impegno contro la corruzione (opzione scelta dal 68 per cento). Per questo quesito, com’è evidente dalle percentuali, era possibile la risposta multipla. Tra le altre motivazioni indicate ci sono anche il taglio dei costi della politica, l’insoddisfazione per la situazione economica, l’impegno contro disuguaglianze e privilegi e l’attenzione per l’ambiente (che come si sa è una delle cinque stelle del simbolo).

Secondo Demopolis ad oggi il M5s – se Giuseppe Conte fosse ufficialmente il leader – potrebbe ambire al 19 per cento, che potrebbe estendersi fino a un massimo del 25 per cento. L’istituto diretto da Pietro Vento ha messo in fila lo “storico” delle performance elettorali dei Cinquestelle che mette in evidenza l’andamento oscillante negli ultimi 10 anni col picco del 2018 e il dimezzamento progressivo dei consensi negli ultimi tre anni in cui il Movimento è stato forza di governo.

I numeri di Demopolis dicono che lo smottamento è avvenuto all’ala destra del suo elettorato. Se gli elettori che si definiscono “non collocati” restano in una quota analoga (45 per cento nel 2018, 48 oggi), aumentano i votanti M5s che si collocano a sinistra o nel centrosinistra, mentre diminuiscono quelli che scelgono i Cinquestelle perché si ritengono di destra o centrodestra.

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