Quello che è probabilmente il primo atto della corsa al Quirinale va in scena in una scuola, la Geronimo Stilton di Roma. Come ha fatto più volte durante il suo settennato, Sergio Mattarella si rivolge ai più giovani per lanciare messaggi di un certo peso. Lo aveva fatto nei primissimi giorni dell’emergenza Covid, quando l’epidemia era considerata un problema solo della Cina e allora lui era andato a cantare l’inno di Mameli in una scuola frequentata da moltissimi bambini di origine cinese. L’anno prima, invece, aveva scelto un incontro con gli alunni delle superiori al Quirinale per scagliarsi contro l’evasione fiscale.

Questa volta il dodicesimo presidente ha scelto di parlare coi bambini delle elementari per chiudere la porta all’ipotesi di un suo secondo mandato. Prima ha spiegato ai bambini che “l’attività del presidente della Repubblica è molto impegnativa“. Poi ha aggiunto: “Tra 8 mesi il mio incarico termina, io sono vecchio, tra qualche mese potrò riposarmi”. Tradotto: se qualcuno pensa di chiedere al capo dello Stato di seguire le orme di Giorgio Napolitano si sbaglia di grosso. Anche perché come la pensi lui sulla rielezione al Colle è cosa nota: è nettamente contrario. Lo ha spesso riferito a chi gli sta vicino, mentre per spiegarlo al resto del Paese ha scelto il discorso pronunciato in occasione dei 130 anni di Antonio Segni. Tra le righe, infatti, Mattarella ha ricordato che Segni avrebbe voluto “introdurre in Costituzione il principio della ‘non immediata rieleggibilità‘ del Presidente della Repubblica“. D’altra parte già nel discorso di fine anno il capo dello Stato ha detto a chiare lettere che questo “sarà il mio ultimo anno come presidente della Repubblica”. Concetto ripetuto ancora una volta il 29 marzo, rivolgendosi a una rappresentanza dell’Aeronautica militare in visita al Colle: “Quest’anno, anche perché è l’ultimo del mio mandato, non potevo e non volevo fare a meno di questo incontro”. Già ieri, intervenendo all’Università di Brescia, il capo dello Stato aveva accennato incidentalmente agli “ultimi mesi della mia presidenza”. Oggi, quindi, arriva anche una quantificazione esatta di questi “ultimi mesi”, che sono per l’appunto otto: da febbraio del 2022 Mattarella intende riposarsi.

Domanda: nelle ultime settimane il presidente è tornato più volte a ribadire che la fine del suo mandato è vicina perché gli sono arrivati inviti per una ricandidatura? E se sì, da chi? Dal Pd, che nel 2015 con Matteo Renzi lo elesse al Colle? Impossibile, allo stato, saperlo. Di sicuro c’è che solo che Matteo Salvini ne ha approfittato subito per indicare una exit strategy: candidare ufficialmente Mario Draghi. “Febbraio è lontano, ora ci sono altre emergenze, noi non abbiamo candidati nostri come è giusto che sia per il Quirinale. Certo, se il Presidente Draghi si volesse proporre, avrebbe il nostro convinto sostegno”, sono le parole del leader della Lega. Il messaggio, neanche troppo velato, è che promuovendo l’ex presidente della Bce al Colle, rimarrebbe vacante Palazzo Chigi. Ed è evidente come non ci siano più margini di manovra per la nascita di un governo diverso da questo: eleggere Draghi al Quirinale nel febbraio del 2022, vuol dire andare alle elezioni anticipate subito dopo. Sondaggi alla mano il ritorno alle urne è il primo desiderio non solo del Carroccio ma soprattutto di Fratelli d’Italia. E infatti qualche giorno fa Giorgia Meloni si è fatta sfuggire quello che tutti sanno: “A favore di Draghi c’è il fatto che si andrebbe a votare…”.

Sulla sponda opposta, invece, Enrico Letta allontata ogni totonome per il Quirinale. “Gennaio è talmente lontano che non sono in grado di dire in questo momento, cosa accadrà in occasione della elezione del presidente della Repubblica”. Il segretario dem batte sempre sullo stesso punto: “Quello che è certo è che questo governo, giorno per giorno e settimana per settimana, deve essere fondamentalmente il governo del delivery, il governo che consegna, che fa le cose, il concetto essenziale che noi auspichiamo è la continuità di governo“. Praticamente la stessa cosa che dice Federico D’Incà, il ministro per i Rapporti con il parlamento dei 5 stelle: “Credo che siamo un pò in anticipo nel parlare del presidente della Repubblica. È giusto farlo forse a novembre, dicembre, in questo momento forse meglio concentrarsi sulle riforme”. Insomma dem e 5 stelle l’obiettivo è arrivare alla fine della legislatura del 2023. Non solo perché da portare a casa ci sono le riforme chieste dall’Europa per avere i fondi del Recovery, ma anche perché il voto nella prossima primavera potrebbe trovare ancora impreparato l’asse composto dal Pd e dai 5 stelle. I dem hanno cambiato segretario solo nelle ultime settimane, il Movimento è impegnato in questi mesi in una profonda fase di rilancio con la regia di Giuseppe Conte: per un’alleanza organica che possa competere alle politiche ci vuole tempo. Per allontanare lo spettro di elezioni, però, è fondamentale tenere Draghi a Palazzo Chigi. E cercare un altro nome per il Quirinale, che prenda i voti non solo dei giallorossi ma anche quelli di Forza Italia. Berlusconiani che eleggono il capo dello Stato insieme ai 5 stelle? Un’ipotesi che definire ardua è un eufemismo. È anche vero, però, che in questo modo si allontanerebbe Forza Italia – che nei sondaggi ha otto punti in meno rispetto ai voti presi nel 2018 – dall’ovile del centrodestra. Quello che spinge per andare alle elezioni anticipate e dunque mandare Draghi al Colle. Mancano otto mesi al riposo di Mattarella ma le manovre per il tredicesimo presidente sono già iniziate. Il dodicesimo, infatti, non intende concedere il bis.

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Quirinale, Salvini: “Se il presidente Draghi vuole proporsi, ha il nostro convinto sostegno”

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