Sono iniziate con 4 ore di ritardo, dopo due slittamenti, le udienze fissate per la notifica delle procedure di estradizione in Italia ai nove ex terroristi rossi italiani in Francia condannati per reati di sangue. A ognuno di loro è stata notificata la richiesta italiana e il calendario delle prime udienze che si terranno a giugno. Dal gruppo dei 10 raggiunti da un mandato di cattura manca sempre Maurizio Di Marzio, tuttora ricercato. Tutti gli altri hanno risposto “no” alla domanda della corte: “Lei, che oggetto di una richiesta di estradizione da parte della Repubblica italiana, vuole rispondere positivamente?”.

Successivamente, sono state elencate tutte le accuse e le condanne da scontare in Italia, poi, ad ognuno, è stata offerta la possibilità di fare dichiarazioni. Uno ad uno, dal brigatista Sergio Tornaghi, chiamato per primo, a Luigi Alimonti, che ha chiuso la giornata, hanno rilasciato dichiarazioni diverse ma molto simili: dichiarazione di innocenza, eccezioni sulla procedura, elenco delle pene già scontate e delle sentenze in cui la loro estradizione è già stata negata dalla Francia in passato e insistenza sui 30, 35 o 40 anni di vita trascorsa in Francia. Giorgio Pietrostefani, ex di Lotta Continua condannato per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ha sottolineato di voler “ribadire” la propria innocenza, mentre Roberta Cappelli ha ringraziato la Francia per “l’accoglienza” che continua ad assicurare ai condannati degli Anni di Piombo in Italia.

Ma prima ancora che iniziasse la propria udienza, a parlare con alcuni giornalisti presenti in tribunale è stata Marina Petrella, anche lei ex Brigate Rosse condannata all’ergastolo per l’omicidio del generale dei Carabinieri, Enrico Galvaligi, per il sequestro del giudice Giovanni D’Urso e dell’assessore regionale della Democrazia Cristiana Ciro Cirillo: “Stiamo arrivando verso la fine. Stiamo raschiando il fondo del barile. Io ho vissuto tutti questi anni con un grande dolore. Dolore e compassione per le vittime, per tutte le vittime. Per le famiglie coinvolte, compresa la mia – ha dichiarato – Da parte mia, ho fatto 10 anni di carcere fra Italia e Francia. E 30 di esilio, una pena senza sconti e senza grazie. Che ti impedisce di tornare nella tua terra”.

Petrella si è lasciata andare a un lungo ragionamento sulla sua situazione e quella dei suoi ex compagni, arrivando a giudicare anche l’operato del governo francese: “Noi – continua – ci siamo assunti una responsabilità politica collettiva, mentre il compito della giustizia è quello di giudicare e condannare in rapporto alle responsabilità di ognuno. Ci sono state vittime e ci sono stati tanti compagni che hanno pagato con il carcere, alcuni con l’ergastolo. Queste vittime non sono rimaste impunite, senza memoria”. Ma paragonare, come ha fatto il ministro della Giustizia francese, il sangue degli Anni di Piombo con la strage del Bataclan è di “incredibile volgarità”, sottolinea: “Uno del Bataclan può essere paragonato a Piazza Fontana, a Brescia, alla stazione di Bologna, a Reggio Calabria. Io sono stata condannata sulla base dell’assunzione di una responsabilità collettiva”.

E quando le viene chiesto se la lotta armata ha secondo lei portato a dei risultati, risponde: “Non era fine a se stessa. Tante riforme sono state fatte anche grazie a quella conflittualità che saliva, che costruiva istanze nuove. C’era un modello di trasformazione, il socialismo al di là degli esempi storici, è solidarietà, fratellanza, condivisione. C’è stato un processo di scontro atroce per tutti. Per tutti”. Parole come pentimento o rimpianto, non le vuole sentire: “Queste cose fanno parte della parte spirituale, intima, non ne voglio parlare e non ne parlerò mai. Quello di cui si parla qui è la sfera della vita civile. Io faccio un lavoro socialmente utile, posso fare del bene alla gente, per me è una sorta di riscatto simbolico”.

I nove ex terroristi sono arrivati in tribunale accompagnati da familiari, amici e avvocati. Molti i flash per Petrella e Roberta Cappelli, le due ex brigatiste che rischiano l’ergastolo in caso di estradizione. Momenti di tensione quando un inviato della trasmissione Le Iene è stato pesantemente apostrofato in romanesco da una donna che si trovava nel gruppo degli ex terroristi che stava entrando nel corridoio antistante l’aula del tribunale.

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