Io mi vergogno di quella cosa. Mi vergogno davvero, non è una bella pagina della mia vita“. Così, a “Piazzapulita” (La7), il giornalista Paolo Mieli risponde al conduttore Corrado Formigli sull’appello per la destituzione del commissario Luigi Calabresi, manifesto pubblicato sull’Espresso il 13 giugno 1971, circa due anni dopo la morte di Giuseppe Pinelli, e firmato da politici, intellettuali e giornalisti, tra i quali c’era lo stesso Mieli.

Mieli cita l’articolo di Pier Paolo Pasolini, “Io so”, che in realtà fu pubblicato sul Corriere della Sera tre anni dopo quel manifesto e che rappresentava una denuncia contro tutta la classe politica italiana sulle stragi di Milano e di Brescia: “So che fa strano dirlo, ma in quegli anni pensavamo veramente che Pinelli fosse stato scaraventato volontariamente giù dalla finestra della questura di Milano e che ci fosse la mano dello Stato dietro alle stragi. Pensavamo che in Italia fossimo alla vigilia di un colpo di Stato. Non me lo chiese nessuno – spiega – però io, anni dopo quell’appello, fui tra quelli che fecero pubblica ammissione di vergogna per quel manifesto. Quelli erano gli anni di Pasolini. Non voglio paragonarmi a lui, ma da quella volta mi sono dato un comandamento: io so ma non ho le prove? Rifletto prima di dire una frase di questo genere. Se sei un intellettuale e un giornalista serio, vai a cercare le prove”.

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