Nessuna regione italiana presenta un rischio pandemico alto e la situazione, nel complesso, sta migliorando. Ma guai a concedersi dei cali d’attenzione, visto che l’indice Rt nazionale torna a salire a 0,85, con tre regioni sopra la soglia critica di 1, mentre in otto la soglia di occupazione delle terapie intensive, seppur in calo rispetto alla settimana passata, rimane alta. Sono queste le rilevazioni e le raccomandazioni contenute nell’ultimo report settimanale dell’Istituto superiore di sanità. Sulla base del monitoraggio, arrivano le nuove ordinanze del ministro della Salute Roberto Speranza: la Valle d’Aosta passa in zona rossa e la Sardegna in arancione. Si tratta degli unici cambi di ‘area’. La Puglia, in bilico tra arancione e giallo, resterà quindi nell’attuale colorazione.

“La Basilicata, la Campania e la Sicilia hanno un Rt puntuale maggiore di uno. Tra queste, due Regioni (Campania e Sicilia) hanno una trasmissibilità compatibile con uno scenario di tipo 2″, si legge nel rapporto che prende in esame la settimana tra il 19 e il 25 aprile. E, in generale, l’indice cresce di 0,4, con l’incidenza che, viceversa, continua a mostrare un calo, dai 152 casi su 100mila abitanti della settimana precedente ai 146 dell’ultimo aggiornamento. Nonostante questo, “sebbene la campagna vaccinale progredisca significativamente, l’incidenza resta elevata e ancora ben lontana da livelli (50 su 100 mila abitanti) che permetterebbero il contenimento dei nuovi casi”.

Nessuna regione è considerata ad alto rischio pandemico: in dieci zone d’Italia si parla di livello basso, mentre undici (comprese le Province Autonome) presentano un rischio medio senza un’alta probabilità di passaggio a rischio elevato nelle prossime settimane. Continua comunque a calare la pressione sulle strutture ospedaliere italiane: “Si conferma la lenta discesa dei nuovi casi e del numero di pazienti ricoverati – si legge nel report -, ma il quadro complessivo resta ancora a un livello molto impegnativo”. Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è uguale alla soglia critica (30%).

Quello in aree mediche a livello nazionale scende ulteriormente ed è sotto la soglia critica (32% rispetto al 40% della soglia). “È fondamentale – si ricorda – che la popolazione continui a rispettare tutte le misure raccomandate di protezione individuale e distanziamento in tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo per ridurre il rischio di contagio. Si ricorda che è obbligatorio adottare comportamenti individuali rigorosi e rispettare le misure igienico-sanitarie predisposte relative a distanziamento e uso corretto delle mascherine. Si ribadisce la necessità di rispettare le misure raccomandate dalle autorità sanitarie compresi i provvedimenti quarantenari dei contatti stretti dei casi accertati e di isolamento dei casi stessi”.

A preoccupare maggiormente è sempre la massiccia diffusione della variante inglese che presenta un livello di contagiosità più alto rispetto alla prima forma con cui il virus si è presentato nel Paese nel corso della prima ondata: stando all’ultima survey dell’Istituto e dalla Fondazione Bruno Kessler diffusa oggi, infatti, il 91,6% dei contagi è di variante inglese, mentre il 4 per cento di quella brasiliana. Mentre le altre monitorate sono sotto lo 0,5%, con un singolo caso della cosiddetta ‘variante indiana’ (B.1.617.2) e 11 di quella ‘nigeriana’. “La ormai prevalente circolazione in Italia di una variante virale caratterizzata da una trasmissibilità notevolmente maggiore, richiede di continuare a mantenere particolare cautela e gradualità nella gestione dell’epidemia”, scrivono gli esperti dell’Iss.

Articolo Precedente

Mieli a La7: “Mi vergogno di aver firmato l’appello del 1971 per la destituzione di Luigi Calabresi. Non è una bella pagina della mia vita”

next
Articolo Successivo

“È dai tempi di Galileo che la scienza non viene trascinata in tribunale”: la reazione di Crisanti alla querela della Regione Veneto

next