Non si sblocca in Senato la calendarizzazione del disegno di legge Zan contro l’omotransfobia. La commissione Giustizia si è riunita alle 14.30 e riprenderà domani mattina alle 8.45, ma al momento non è stata presa alcuna decisione sulla calendarizzazione del provvedimento: a chiederla da settimane sono Pd, M5s, Leu e Italia viva, mentre rimane contrario il centrodestra. “C’è stata una forma di ostruzionismo – ha spiegato la capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi al termine della riunione – Hanno cominciato a chiedere ulteriormente altre calendarizzazioni e per il ddl Zan non c’è stato tempo”.
Chi blocca i lavori è il presidente leghista della commissione Andrea Ostellari. E proprio a lui si sono rivolti i presidenti M5s delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera Giuseppe Brescia e Mario Perantoni: “Si ostina a usare la commissione Giustizia come una clava e si rifiuta di calendarizzare il ddl contro l’omofobia per dimostrare la fedeltà al suo partito”, hanno scritto in una nota. “Di cosa hai paura Ostellari? Cosa temi? Basta con questi squallidi mezzucci. Noi alla Camera non abbiamo fermato la calendarizzazione di una proposta di legge che istituisce la commissione d’inchiesta sulla magistratura. Ci siamo rimessi alle decisioni della maggioranza nonostante le contestazioni nel merito di MoVimento 5 Stelle, Pd e Leu. Ostellari, prendi esempio”. Il riferimento è al voto di sei giorni fa, quando Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno votato con il centrodestra per l’istituzione dell’organismo. Ostellari si è difeso accusando gli altri partiti: “Basterebbe parlare meno e agire di più. Si trovano lì e bisticciano”, ha detto intercettato a Palazzo Madama.
Intanto in mattinata, nella sede nazionale del Partito democratico si è tenuto un incontro, su invito del partito, tra Anna Rossomando della Segreteria nazionale e responsabile giustizia e diritti e una delegazione delle firmatarie e dei firmatari di un appello per chiedere alcuni cambiamenti al ddl Zan: il testo è stato sottoscritto da circa quattrocento personalità, che fanno riferimento ad associazioni come Se non ora quando, Arci Lesbica, Equality Italia e personalità quali Aurelio Mancuso, Giorgio Benvenuto, Beppe Vacca ed Emma Fattorini. Tra le richieste principali delle femministe radicali trans-escludenti (o TERF), un gruppo minoritario delle femministe, c’è quella di non inserire il riferimento all’identità di genere, che annullerebbe, secondo loro, le differenze sessuali. Una dicitura che, secondo la regista Cristina Comencini ad Avvenire, comporterebbe “il rischio che prevalgano visioni che anche in altre parti del mondo hanno aperto un conflitto rispetto all’autonomia delle donne”. Una ricostruzione respinta dalle femministe che, dall’inizio della discussione del ddl Zan, hanno invece detto di non vedere alcuna “minaccia all’esistenza di nessuna” nella legge, una legge che anzi “amplia le forme di protezione da discriminazione e violenza a tutte le soggettività riconosciute”.