Parte il conto alla rovescia che porterà verso il Consiglio dei ministri – che si dovrebbe tenere tra mercoledì e giovedì – per varare il decreto legge Riaperture. Nelle prossime ore si riunirà il Comitato tecnico scientifico, poi alle 17 è previsto il confronto con le Regioni, che avrà tra gli argomenti all’ordine del giorno il ritorno dei ragazzi a scuola e il trasporto pubblico locale: il governo sta studiando le misure da mettere in campo per rendere sicuro il rientro della totalità degli alunni in classe dal 26 aprile. Sulla data, che fa già tremare molti dirigenti scolastici e preoccupa i sindacati, esprimono la loro contrarietà anche Regioni ed Enti locali. È una “equazione insostenibile pretendere che i mezzi abbiano un riempimento al 50% se gli studenti rientrano a scuola al 100%“, ha detto il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, alla trasmissione ‘Buongiorno’ su SkyTg24.

“Ci dovrà essere un mix di soluzioni che non dev’essere solo sul trasporto pubblico locale – ha avvertito lunedì il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga – ma anche sull’organizzazione scolastica e sulle altre misure che prevedono una modulazione delle percentuali. Meglio dire i limiti con chiarezza e serietà altrimenti non si risolvono i problemi”. Tra le ipotesi sul tavolo, quella di orari scaglionati per le entrate negli istituti, mantenendo il 50% di presenza sui mezzi rispetto alla capienza. Oppure, per non rischiare di aumentare questa stessa percentuale, chiedere (anche se i tempi sarebbero troppo stretti) un potenziamento di mezzi e numero di personale. Poi i test salivari rapidi agli studenti per eseguire controlli a campione e consentire il tracciamento.

Per Fontana, una soluzione è “dilazionare l’inizio dell’ingresso degli studenti nelle scuole, non tutti alla stessa ora ma in orari differenziati“. Oppure, “dare molta autonomia alle scuole che possano fare delle scelte compatibili con queste esigenze”. I sindacati lunedì hanno sottolineato al ministero dell’Istruzione come troppo poco sia stato fatto in questo senso, visto che il protocollo non è mai stato aggiornato e non ci sono novità concrete nemmeno sull’utilizzo dei tamponi. “E’ un atto di volontà politica non supportato da condizioni reali”, ha sintetizzato il segretario Flc Cgil, Francesco Sinopoli. Il ministro Patrizio Bianchi ha provato a rassicurare tutti: “La volontà del premier Draghi” di riportare tutti i ragazzi in presenza a scuola “vuole essere un segno importante che pone la scuola prima di tutto”.

“Riaprire tutte le scuole è un potenziale rischio, è vero, ma lo è anche continuare a tenerle chiuse“, spiega intanto Agostino Miozzo, consulente del ministro dell’Istruzione, in un’intervista a La Stampa. “Abbiamo sempre saputo – chiarisce – che la scuola non è esente da rischi soprattutto per quello che smuove all’esterno, lo spostamento di massa di studenti e personale scolastico, fino a 10 milioni di persone ogni giorno”. Sul nodo trasporto pubblico poi sottolinea: “Ne parliamo da aprile 2020, un anno è passato invano, in molte realtà senza il necessario potenziamento del servizio, in altre qualcosa è stato fatto. Di fronte a un deficit dei trasporti, l’unica soluzione a breve è scaglionare gli ingressi degli studenti e allungare l’orario, se necessario riorganizzando le presenze del personale scolastico, ci sono i soldi per coprire i costi”. Le preoccupazioni sono “comprensibili, ma invito tutti – afferma Miozzo – a riflettere su cosa vorrebbe dire lasciare i ragazzi in giro, da soli e senza controllo. Con le riaperture programmate nelle prossime settimane, non resteranno certo chiusi in casa e le aggregazioni extrascolastiche sono molto più pericolose”.

Il governo intanto conferma la road map annunciata dal premier Mario Draghi stoppando da un lato le pressioni che arrivano dal centrodestra per posticipare il coprifuoco e aprire in zona gialla anche i bar e i ristoranti al chiuso e dall’altro quelle di buona parte delle Regioni che chiedono appunto di rivedere la scelta di riportare tutti gli studenti in classe dal 26 se non si interverrà sui trasporti. Tra gli altri nodi da sciogliere resta il pass che permetterà lo spostamento tra regioni arancioni e rosse. Per ora l’ipotesi più accreditata, perché più immediata e pronta per il 26 aprile, resta quella dell’autocertificazione o la certificazione di aver effettuato il tampone nelle 48 ore precedenti o essersi sottoposto al vaccino. Altro requisito quello di aver avuto il Covid e di essere guarito. Sul tavolo anche i protocolli per le riaperture che la conferenza delle Regioni ha consegnato la scorsa settimana e su cui già diversi scienziati hanno espresso non poche perplessità, soprattutto sulla richiesta di riaprire i locali anche in zona rossa. Altro tema, caldissimo più dal punto di vista più politico che scientifico, è il coprifuoco, con Matteo Salvini che ha già ribadito la volontà di rinviare il coprifuoco alle 23, già dal 26 aprile. Il faro resta comunque il monitoraggio settimanale del venerdì e molto atteso è proprio quello del 23 che potrebbe decretare le prime regioni gialle del nuovo decreto. Stando ai dati attuali potrebbero puntarci Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Umbria, Veneto, Trento e Bolzano.

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