Sono rimasto davvero di stucco nel leggere le reazioni entusiastiche della comunità celoduristica italiana (la maggioranza della popolazione, a quanto pare) alle parole indirizzate da Draghi contro il premier turco Erdogan. Sembra di essere tornati alla vittoria dei mondiali di Germania, quando suonavamo il clacson per strada celebrando quanto gli italiani siano cazzuti e facciano il mazzo a tutto il mondo. I nuovi cavalieri dell’Apocalisse, da Bolzano a Modica.

Eh sì, ci voleva davvero uno con le palle come Draghi per dirgliene quattro a Erdogan. Finalmente qualcuno che ha avuto il coraggio di chiamarlo come merita: “dittatore”. Orgoglio nazionale a mille. Peccato per la postilla, mannaggia, su cui pochi si sono soffermati: “Di questi dittatori si ha bisogno e con loro bisogna cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese”.

Ma davvero? Quindi i valori democratici e costituzionali, di cui noi italiani andiamo così fieri quando parliamo dei nostri padri fondatori, in realtà possono essere sospesi altrove, e noi giriamo la testa dall’altra parte per far finta di non vedere per poi sederci al tavolo e firmare ricchi contratti commerciali, o ancora peggio accordi di cooperazione per fermare i migranti prima che arrivino sulle nostre coste? E’ questo l’Occidente di cui andiamo immensamente fieri, tanto da arrogarci il diritto di andare in giro per il mondo ad insegnare libertà e democrazia a Paesi che ancora lottano per vedere garantiti i diritti elementari delle persone?

Fossi stato un parlamentare della Repubblica, avrei scatenato il finimondo di fronte ad un premier che dice che il nostro Paese – e l’Europa in generale – ha bisogno di dittatori. Non scherziamo, i valori fondanti del vivere civile e i diritti umani non sono negoziabili con null’altro. E tengo a precisare che non ho nessun preconcetto contro Draghi, e anzi fui felice per la sua nomina a Presidente del Consiglio. Ma ora mi fischiano le orecchie, pensando a tutti i suoi oppositori che lo dipingono come un uomo pronto a tutto pur di raggiungere l’obiettivo, e che in passato è stato complice di alcune azioni riprovevoli pur di garantire l’interesse superiore dell’establishment. La frase che ha pronunciato su Erdogan sembra la sintesi perfetta di questa fotografia.

Purtroppo non si è trattato di uno scivolone isolato. Draghi è riuscito anche a lodare la Libia e la sua guardia costiera per la sua opera di salvataggio dei migranti. Me la sono dovuta rileggere tre volte, ed ammetto di essere ancora incredulo. Fa il paio con l’argomento, molto di moda anni fa, che Gheddafi fosse un bastardo, ma era il nostro bastardo. E il cerchio si chiude, tornando alla linea di partenza dei dittatori di cui si ha bisogno.

Ora, io capisco che tutti i Paesi debbano mandare avanti l’economia, fare affari con chiunque – compresa la Cina, altra nazione con un palmares rivedibile per quanto concerne il rispetto dei diritti umani – e usare tutti gli strumenti per evitare che i terribili migranti vengano a distruggere il nostro splendido stile di vita europeo. Tutto sacrosanto e legittimo. Ma almeno risparmiamo a tutti, compresi i paesi in via di sviluppo, la stucchevole filippica dei paesi occidentali esportatori di democrazia e protettori dei diritti fondamentali dell’umanità. Dichiariamo che è un “tutti contro tutti” per salvarsi il proprio didietro, così almeno le regole del gioco sono chiare e si combatte a mani nude.

Io per esempio, quando ho visto la famosa scena del Sofa-gate, non mi sono soffermato per un momento su Erdogan, che ho dato per perso e irrecuperabile molti anni fa. I miei occhi erano tutti per Charles Michel e quel suo sguardo perso nel vuoto. E pensavo, al di là di protocolli politici e diplomatici, quanto un uomo normale proveniente da un certo tipo di ambiente avrebbe dovuto avere il riflesso di alzarsi e offrire il proprio posto alla von der Leyen, come semplice atto di cortesia e galanteria. Se non l’ha fatto in quanto non ci ha pensato, ci dice molto sulla sua statura come persona. Se ci ha pensato ma ha avuto paura di infastidire Erdogan, ci dice molto sulla sua statura come politico.

In entrambi i casi, sarebbe bello che la tanto civilizzata Europa decidesse di accompagnare il Presidente del Consiglio europeo fuori dal suo ufficio a Bruxelles e offrirgli una bella sedia comoda – tutta per lui – nella sua bella casetta di campagna a Namur, a leggere libri, ascoltare musica e mettere a posto le foto di un passato glorioso che fu.

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