In via del Corso a Roma, sul litorale di Ostia o in provincia di Frosinone non c’è differenza: in tutte le farmacie del Lazio un test rapido anti-Covid costa sempre 22 euro. Il prezzo è stato fissato nel novembre 2020 dalla Regione grazie a un accordo con le associazioni di categoria. Lo stesso accade in Emilia Romagna, dove la tariffa calmierata è di 15 euro, in Puglia (20), Campania (22), Umbria (22), Toscana (22), Veneto (26). Ci sono Regioni che non sono neanche partite con la campagna, mentre altre non hanno fissato alcun tetto massimo per impedire eventuali speculazioni. Così accade che in Lombardia, dove il via libera finale ai tamponi antigenici nelle farmacie è arrivato solo il mese scorso, ogni struttura fa da sé e c’è il rischio di dover sborsare fino a 50 euro per un test che altrove costa tre volte meno. Ilfattoquotidiano.it ha contattato una decina di farmacie presenti su tutto il territorio regionale e il risultato è molto eterogeneo, con prezzi che variano anche da quartiere a quartiere.

Le regole in Lombardia – L’accordo regionale che regola l’esecuzione dei test rapidi nelle farmacie lombarde è stato approvato l’1 febbraio 2021 con un’apposita deliberazione. Il protocollo generale è pressoché identico a quello di altre Regioni: è obbligatorio fissare l’appuntamento, bisogna essere asintomatici, l’esito arriva nel giro di 15 minuti e in caso di positività viene subito avvisata l’Asl di riferimento. Sul prezzo, invece, la giunta guidata da Attilio Fontana alla fine ha deciso di non intervenire, aprendo di fatto a rincari di ogni tipo. L’unica tariffa di cui si parla nel provvedimento è il rimborso di 12 euro (iva esclusa) che la Regione eroga alle farmacie che eseguono tamponi rapidi nell’ambito del Sistema sanitario regionale (cioè quelli prescritti dal medico a specifiche categorie sociali che sono esentate dal pagamento) e non. Un compenso “comprensivo dei costi per l’approvvigionamento dei materiali di consumo, dei dispositivi di protezione individuale e della remunerazione del servizio”.

Dai 20 euro della periferia di Milano ai 50 di Como – La conseguenza è che per i privati fare un test diventa una giungla. A Milano sembra che a fare la differenza sui costi sia la vicinanza o meno con il centro storico. Nel quartiere periferico di Lorenteggio, a sud-ovest della città, si spendono solo 20 euro. La cifra lievita a 30 e oltre se ci si sposta in Darsena o in piazza Argentina, a pochi passi da Loreto. In viale Bligny, invece, nei dintorni dell’università Bocconi e di porta Romana, c’è una farmacia che chiede 40 euro. Poco meno (35) nella centralissima piazza Cordusio. I numeri sono sostanzialmente gli stessi se ci si sposta nelle altre province lombarde: in piazza Pontida, a Bergamo, un test rapido per sapere se si è positivi al Covid costa 30 euro. Poco di più (32) a Brescia, in corso Palestro. Il prezzo più alto che il Fatto.it ha riscontrato contattando diverse farmacie è a Como: tra le vie acciottolate del centro si arrivano a spendere anche 50 euro.

Situazione opposta nel Lazio – Altra storia nel Lazio, tra le prime Regioni del Paese a dare la possibilità ai cittadini di fare il tampone in farmacia (anche senza prenotazione). L’intesa dell’assessorato alla Sanità con le associazioni di categoria risale al 6 novembre 2020 e prevede che il prezzo massimo per il test sierologico nelle strutture aderenti (e idonee al rispetto dei protocolli di sicurezza) sia di 20 euro, 22 per quello antigenico. Il Fatto.it ne ha contattate diverse, tra quelle presenti sul portale regionale (in totale sono 476), per verificare che la regola sia rispettata: dalle farmacie storiche del centro della Capitale, nei dintorni di Palazzo Chigi o in piazza Navona, fino alle periferie di Torpignattara o Primavalle, il prezzo è sempre lo stesso. La situazione non sembra cambiare se ci si sposta nella zona di Ostia, Latina o Frosinone. Ma c’è di più: oltre alle farmacie, la Regione ha esteso queste tariffe anche agli ospedali e agli ambulatori privati.

Le altre Regioni – Come il Lazio, anche altre Regioni hanno scelto di fissare costi calmierati attraverso apposite ordinanze. A gennaio la giunta dell’Umbria ha stabilito che “l’effettuazione dei test eseguiti presso le farmacie in regime privatistico non potrà superare i seguenti prezzi: test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM: massimo 20 euro; tamponi antigenici rapidi: massimo 22 euro“. Stessa cifra in Campania e Toscana, più bassa in Emilia Romagna (15 euro), Marche (19) e Puglia (20). Un tampone rapido in Veneto e Friuli Venezia Giulia costa massimo 26 euro, 30 in provincia di Trento e 36 in Valle d’Aosta. Poi ci sono territori come l’Alto Adige e il Piemonte: qui non è stato fissato alcun tetto, ma in un comunicato stampa di ottobre 2020 la giunta piemontese parla di una spesa “fra i 30 e i 45 euro“. In Abruzzo l’intesa con Federfarma e Assofarm risale a pochi giorni fa (31 marzo), tuttavia nella deliberazione non si parla in alcun modo di prezzi. Caso a parte la Sicilia, ancora in trattative con le associazioni: nei laboratori inizialmente era stato fissato un tetto di 15 euro, poi al centro di una contesa al Tar con l’Ordine nazionale dei biologi. In Liguria, Molise, Basilicata e Calabria, invece, di fare i test rapidi nelle farmacie non se ne parla affatto.

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