Nel giorno in cui Enrico Letta e Giuseppe Conte aprono “il cantiere” della coalizione Pd-M5s, a Roma si aggrava lo scontro tra Nicola Zingaretti e Virginia Raggi. Così mentre l’ex premier parlava della necessità di trovare “soluzioni condivise” a partire dalle prossime Comunali, in Campidoglio i rapporti tra i due alleati di governo si fanno sempre più tesi. A riaprire le polemiche oggi sono state le parole dell’ex segretario dem a Di Martedì su La7: “La ricandidatura della Raggi è una minaccia per la città”, ha dichiarato. Una frase che non è passata inosservata nel fronte M5s, tanto che la stessa sindaca ha replicato: “Parole come pietre”, ha detto, “non è lecito provare ad emarginare una persona che, al di là delle opinioni politiche, è realmente ‘minacciata’ dalla criminalità“. Insomma, se una delle ipotesi in campo era quella di spingere per Zingaretti come candidato sindaco unitario per M5s e Pd, al momento la soluzione definitivamente tramontata.

Intanto per la prima cittadina la situazione si fa più complicata in Campidoglio. Ieri la consigliera Gemma Guerrini ha lasciato il Movimento 5 stelle e ha annunciato l’iscrizione nel gruppo Misto. Dalla maggioranza bulgara di inizio consiliatura, dopo cinque defezioni, oggi il Movimento a Palazzo Senatorio conta 25 rappresentanti su 49 (Raggi compresa). Numeri che quindi dipendono dal presidente Marcello De Vito e dalla cosiddetta “fronda”, ovvero quattro consiglieri pentastellati critici nei confronti della sindaca e soprattutto contrari alla sua “autoricandidatura”. E proprio a loro, come ricostruito dall’agenzia Ansa, guardano le opposizioni per verificare la fattibilità della sfiducia in Aula e sono loro che oggi dettano le condizioni per andare avanti. “Non voteremo più atti che arriveranno in aula a pochi giorni dalla scadenza e che riterremo non strettamente legati all’attuazione del programma. Chiediamo che la sindaca presenzi in Aula a tutte le votazioni delle proposte di delibere di giunta”, hanno detto i 5 stelle Enrico Stefano, Donatella Iorio, Marco Terranova e Angelo Sturni. Che hanno quindi attaccato “l’isolamento della sindaca e della sua giunta, sempre più impegnati e attenti alle attività di mera campagna elettorale”.

In giornata sono stato tanti i pentastellati schierati difesa di Raggi dopo le parole di Zingaretti: dal deputato Stefano Buffagni alla ministra Fabiana Dadone. Ma i segnali che arrivano dal Pd in Campidoglio non sono di distensione. Il capogruppo dem in Comune Giulio Pelonzi ha chiesto a Raggi “che in pratica non ha più la maggioranza, un passo indietro”. Ma al tempo stesso, ha preso tempo sulla mozione di sfiducia: “Serve una maturità e una consapevolezza politica che vada oltre l’opposizione perché, seppure di pochissimo, ad oggi i numeri (delle minoranze, ndr) non sarebbero sufficienti”.

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