Il nord e quei malati immaginari. Nelle scorse ore una manina ha infilato nel testo di conversione del cosiddettoMilleproroghe”, l’orribile catino dove la rendita parassitaria della politica fa strage di ogni diritto, un emendamento che avrebbe alterato la base di calcolo della divisione delle risorse tra le regioni in tema di sanità. Come si sa il Sud versa più di un miliardo di euro all’anno al Nord per far curare lì i suoi malati. E’ il disastroso effetto del turismo sanitario, figlio di una malagestione pluridecennale di cui il Meridione dovrebbe vergognarsi. Nel caso specifico però la vergogna, se proprio dobbiamo dirla tutta, è di chi ha l’ansia di godere, oltre il giusto, di questo via vai di disperati. Infatti la manina della deputata leghista Andreina Comaroli aveva proposto al governo esordiente, già sonnacchioso e distratto, di praticare la divisione dei soldini col vecchio criterio andato in soffitta l’anno scorso. Cioè ripartire i soldi del 2021 tenendo a mente i ricoveri del 2019 e non quelli del 2020, come per legge. L’anno scorso infatti, causa pandemia, il turismo dei malati si è quasi azzerato, ciascuno ha curato – si fa per dire – i propri guai in casa, e dunque la voce “mobilità passiva” che nel bilancio delle Asl di Emilia, Veneto e Lombardia è divenuta una delle più ricche, adesso langue. Per far quadrare i bilanci la leghista Comaroli ha dunque proposto “l’alterazione” del criterio: il governo doveva far finta che la pandemia non fosse esistita, le regioni del Sud sganciare 700 milioni di euro a quelle tre del nord per la cura di malati immaginari. Meglio di Totò e Peppino. L’emendamento non è stato approvato per merito, bisogna dirlo, delle proteste di quattro parlamentari (due di Forza Italia e due del Pd: Stefania Prestigiacomo, Paolo Russo, Ubaldo Pagano e Pietro Navarra) che hanno convinto la ministra del Sud Mara Carfagna a dare parere negativo. Resta però intatta la filosofia della manina leghista, quella propensione a sgraffignare un po’ sui conti, e, con eleganza, a fregare il prossimo.

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