Non voleva proprio mancare all’appuntamento per la somministrazione del vaccino anti-Covid la signora Livia De Lucia, 86 anni e una grinta encomiabile. E così, dopo aver perso il pullman, ha percorso quattro chilometri a piedi per raggiungere il centro allestito per le vaccinazioni nel paese vicino. Se non fosse stato per due ragazze che le hanno offerto un passaggio lungo la strada, i chilometri sarebbero stati quindici. È successo a Calitri, piccolo comune Irpino noto alla cronache per il sisma del 23 novembre 1980. La signora Livia è tra le prime over ottanta ad aver avuto accesso al siero, solo che qualcosa sabato 20 febbraio è andato storto. Di buon mattino l’anziana armata di scialle è scesa in strada, muovendosi dalla sua abitazione del centro storico calitrano per raggiungere a passo cadenzato la fermata dell’autobus, che qui, a Calitri viene ancora chiamato “postale” perché un tempo aveva il compito di consegnare anche lettere e pacchi. Passati dieci minuti Livia si è resa conto di aver perso la coincidenza con il pullman di linea e, dopo aver chiesto a qualche passante informazioni sugli orari, si è incamminata verso l’uscita del paese.

Foto di Michele Frascione

Chi l’ha vista ha pensato che stesse tornando a casa, magari facendo un giro più lungo per fare due passi. Ma non era così. “Forse ho sbagliato a capire l’orario del ‘postale’ – racconta Livia a Ilfattoquotidiano.it, sorpresa anche dalla presenza di giornalisti interessati alla sua storia – Ho aspettato un po’ e mi sono messa in cammino per Bisaccia, perché avevo l’appuntamento all’una e non potevo mancare. Non potevo permettermelo, un po’ perché ‘pareva brutto’ e un po’ perché il vaccino va fatto”. Armata di buona volontà, quindi, Livia non ha avuto timore a mettersi in cammino per Bisaccia, altro piccolo comune dell’alta Irpinia, dove nel centro polifunzionale già da qualche settimana si stanno somministrando i vaccini per gli anziani del territorio. Ben 15 chilometri tra le inerpicate strade dell’alta Irpinia che Livia non solo conosce bene, ma che ha liquidato come “una semplice passeggiata”.

“Due passi non hanno mai ammazzato nessuno – racconta la 86enne – e strada… strada stavo arrivando a Bisaccia”. Quei due passi sono diventati ben quattro chilometri, fino a quando un’auto si è fermata dando un passaggio all’ottantaseienne. “Due signorine si sono fermate” e “mi hanno detto che erano parenti di mio cugino, e mi hanno chiesto ‘dove stai andando’ – continua nel racconto Livia – io ho risposto ‘a fare il vaccino a Bisaccia’, e loro mi hanno detto “’e a piedi vai?'”. A quel punto lei ha replicato: “‘Se tenevo l’asino andavo con quello, sai quante volte ho fatto queste camminate da giovane?’ Ho perso la corriera e non posso mancare all’appuntamento, perché ci sono i dottori che mi aspettano’. Poi mi hanno dato un passaggio e sono arrivata a Bisaccia e li c’erano i medici pronti per fare l’iniezione“.

Quei quattro chilometri sembravano una passeggiata a Livia, se non fosse che nel frattempo erano trascorse quattro ore. Ma il vaccino non poteva aspettare. Quando l’hanno vista arrivare all’ospedale di Bisaccia e hanno sentito il racconto delle due automobiliste che si sono prestate nell’accompagnarla, i medici sono rimasti increduli. “Ero lì presente per documentare le prime vaccinazioni a Bisaccia – racconta Michele Frascione, fotoreporter – e mi sono ritrovato ad ascoltare la signora che raccontava con serenità la sua disavventura mattutina. Nelle sue parole trapelava la voglia di fare a tutti i costi quel vaccino, soprattutto in un momento dove le nostre piccole comunità sono state colpite dal virus dopo mesi di covid-free“. Tenacia e tempra di altri tempi per Livia che oltre, ad avere raggiunto il traguardo del vaccino ha anche meritato i complimenti con lode di tutto lo staff del centro vaccinale. “Se non andavo a farmi il vaccino poi chissà quando me lo facevano – continua Livia. Speriamo che questa brutta malattia se ne va subito. Io porto sempre la mascherina anche perché so che significa avere a che fare con questa brutta bestia. Io sono della classe del 1935 e a quel tempo ci si ammalava di tutto, anche di malaria. Ho fatto una vita nei campi e ogni giorno per andare a lavoro facevo chilometri e chilometri, quindi non mi spaventa andare a Bisaccia a piedi”.

Foto di Michele Frascione

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