“È solo una piccola crisi“, “tutta isteria collettiva. Il paese sarà libero solo quando un determinato numero di persone si sarà contagiato e avrà gli anticorpi“. E ancora: “i media vi hanno ingannato su questo virus”, “è una psicosi, il 70% della popolazione prenderà il virus e non si può fare niente”: sono alcune delle tante esternazioni fatte in questo anno di pandemia dal presidente del Brasile, Jair Bolsonaro. Frasi che non sarebbero solo le esternazioni eccessive di un negazionista, ma che in realtà sottitendono una vera e propria “strategia istituzionale di propagazione del virus”. L’accusa arriva da uno studio, pubblicato sul quotidiano El Pais, dal Centro di studi di diritto sanitario dell’università di Sao Paolo e dell’ong Conectas Derechos Humanos, che hanno analizzato 3049 leggi federali e statali emanate nel 2020, cercando di capire perché in Brasile 226mila persone sono morte di Covid-19.

“Il nostro studio ha portato alla luce una strategia istituzionale di propagazione del virus, promossa dal governo brasiliano guidato dal presidente della Repubblica“, accusano i coordinatori della ricerca Deisy Ventura, Fernando Aith, Camila Lissa Asano e Rossana Rocha Reis. Anche se non è possibile sapere con esattezza quanti degli oltre 220mila brasiliani morti si sarebbero potuti salvare se il governo non avesse portato avanti un simile progetto, è ragionevole affermare che molti oggi sarebbero ancora vivi.

L’accusa è grave. Secondo lo studio esiste un piano deliberato, una vera e propria azione sistematica nei provvedimenti governativi e nelle dichiarazioni di Bolsonaro. “I nostri risultati smentiscono l’interpretazione di molti che parte del governo federale è stato incompetente e negligente nel gestire la pandemia. Tutto il contrario: i dati mostrano il suo impegno e l’efficacia della sua azione nel diffondere il virus sul territorio nazionale, per far ripartire il prima possibile, e a qualsiasi prezzo, le attività economiche”. La conclusione dello studio è che “la maggior parte delle morti si sarebbero potute evitare con una strategia di contenimento della malattia. Ciò rappresenta una violazione senza precedenti del diritto alla vita e alla salute dei brasiliani”. E tutto questo è accaduto senza che venisse addossata alcuna responsabilità e nonostante il Tribunale supremo federale e i tribunali amministrativi abbiano segnalato, più volte, la mancanza di conformità con l’ordinamento giuridico brasiliano degli atti e il compimento di omissioni coscienti e volontarie da parte dei gestori federali. Atti che configurano veri e propri crimini contro la salute pubblica e di lesa umanità.

Tutte le esternazioni di Bolsonaro hanno alimentato notizie false e scatenato una guerra di odio per mascherare la sua vera strategia con discussioni sui social. A pagarne le conseguenze è stata la popolazione brasiliana: oltre ai popoli indigeni, a cui Bolsonaro ha negato persino ossigeno e acqua potabile, ci sono una serie di misure adottate per impedire ai lavoratori di proteggersi dal contagio e restare in isolamento. Il governo per esempio ha esteso a varie categorie professionali, in modo da non fargli avere il sostegno di emergenza di 600 reales (circa 110 euro) deciso dal Parlamento. Bolsonaro ha inoltre vietato il progetto che prevedeva indennizzi economici per quei lavoratori che rimanevano danneggiati e disabili come conseguenza del lavoro fatto contro la pandemia e ha cercato di esimere i funzionari da qualsiasi responsabilità per atti o omissioni nella lotta contro il Covid. C’è poi tutta la guerra fatta costantemente contro i governatori e sindaci che hanno cercato di implementare le misure di contenimento dei contagi. Bolsonaro è arrivato ad annullare l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi pubblici autorizzati a funzionare. Una situazione che avrebbe potuto essere ancora più grave senza l’argine del Tribunale supremo federale e degli altri organi giudiziari.

Su Bolsonaro pendono più di 62 richieste di impeachment arrivate al presidente della Camera. Nonostante questo la sua popolarità, seppur in calo, non sembra correre rischi. Il primo febbraio sono stati infatti eletti come presidenti di Camera e Senato, per il prossimo biennio, due uomini di Bolsonaro, Arthur Lira e Rodrigo Pacheco. E proprio Lira avrebbe il potere di aprire l’impeachment, che però a questo punto sembra sempre più lontano.

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