Un impero da 124 milioni di euro che, secondo la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, era riconducibile alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. A tre anni dal sequestro, infatti, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale, presieduta dal giudice Ornella Pastore, ha disposto la confisca dei beni di proprietà degli imprenditori Luigi Bagalà, Francesco Bagalà (classe 1977), Giuseppe Bagalà e Francesco Bagalà (classe 1990). Sono di proprietà dello Stato, adesso, 4 società di capitali, un’impresa individuale, le quote societarie relative a 6 società di capitali, 67 fabbricati, 91 terreni, 7 autoveicoli, 20 rapporti bancari e assicurativi, 4 orologi di pregio e denaro contante.
La confisca è avvenuta su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e del sostituto della Dda Gianluca Gelso. Il nome degli imprenditori Bagalà compariva nelle inchieste antimafia “Ceralacca”, “Cumbertazione”, “Martingala” e “Waterfront” condotte dal Gico di Reggio Calabria e dallo Scico di Roma con il coordinamento della Dda. Si tratta di indagini che hanno riguardato la famiglia mafiosa dei Piromalli e l’infiltrazione della ‘ndrangheta in numerosi appalti pubblici. Associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio, turbativa d’asta, falso e corruzione sono i reati sui quali ha indagato la Procura con le inchieste che hanno visto coinvolti anche i Bagalà che, nel 2018, si erano visti sequestrare tutti i loro beni.
Quel porovvedimento, oggi, è stato confermato dalla confisca disposta dal Tribunale reggino, davanti al quale la Dda ha dimostrato la “significativa sproporzione tra il profilo reddituale e quello patrimoniale del nucleo familiare” dei Bagalà. Secondo gli investigatori, infatti, gli imprenditori sono “indiziati di intraneità alla cosca Piromalli di Gioia Tauro”. Nei loro confronti è stata disposta anche la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per 3 anni.
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