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Mauro Rostagno, la Cassazione: “Il padre di Messina Denaro dietro l’omicidio. L’attività del giornalista minacciava il suo potere criminale”

Francesco Messina Denaro, il padre del superlatitante Matteo, è stato tirato in ballo, tra gli altri, dal collaboratore di giustizia Sinacori. Gli ermellini sostengono che il suo racconto "non è per nulla incompatibile con la ricostruzione di come operassero gli organi di vertice di 'cosa nostra' nella deliberazione di omicidi eccellenti". Resta ignoto, invece, l'esecutore materiale dell'assassinio
Mauro Rostagno, la Cassazione: “Il padre di Messina Denaro dietro l’omicidio. L’attività del giornalista minacciava il suo potere criminale”
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A più di 32 anni dalla sua morte, la Cassazione scrive un’altra pagina giudiziaria sull’omicidio di Mauro Rostagno, il giornalista d’inchiesta assassinato dalla mafia siciliana il 26 settembre 1988. Nelle motivazioni della sentenza con cui è stata confermata la condanna emessa dai giudici di Appello di Palermo – che hanno deciso l’ergastolo per il boss Vincenzo Virga come mandante e assolto Vito Mazzara dall’accusa di essere il killer “per non aver commesso il fatto” – gli ermellini danno credito a un “particolare” riferito, tra gli altri, dal collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori: “Francesco Messina Denaro disse di aver dato incarico a Vincenzo Virga di eseguire l’omicidio” di Rostagno. Il racconto, aggiungono, “non è per nulla incompatibile con la ricostruzione di come operassero gli organi di vertice di ‘cosa nostra‘ nella deliberazione di omicidi eccellenti“. La corte inserisce quindi la decisione in un contesto totalmente mafioso che esclude “piste alternative”, come quella politica di ‘Lotta Continua’ – formazione della sinistra extraparlamentare dove Rostagno aveva militato – o “ripensamenti” della ‘Cupola’.

Stando alle parole del collaboratore di giustizia Sinacori, quindi, che i giudici ritengono pienamente attendibili, tutto sarebbe partito da Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo. Poi c’è Virga, all’epoca capo-mandamento di Trapani, il cui coinvolgimento si desume “nell’assenza, successivamente alla commissione dell’omicidio, di turbamenti sul territorio controllato dal mandamento di Trapani, con la prosecuzione stabile della direzione di Virga che ebbe modo di programmare altri importanti omicidi, dimostrazione logicamente inequivoca della piena adesione all’omicidio di Mauro Rostagno”. Indicativo in tal senso, secondo gli ‘ermellini’, il fatto che “in riferimento a tutti gli omicidi di matrice mafiosa commessi su quel territorio, gli accertamenti penali non hanno mai condotto alla individuazione del mandante in soggetti diversi da Vincenzo Virga”.

Il verdetto della Cassazione è stato scritto dal presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia che nel ricostruire il delitto ha ricordato “il forte impegno antimafia di Rostagno quale giornalista di inchiesta presso l’emittente televisiva trapanese Radio Tele Cinema, la cui attività poneva in crisi il potere criminale imperante in quel territorio, che faceva capo al rappresentante della provincia Francesco Messina Denaro e ai capi-mandamento di Trapani e Mazara del Vallo, rispettivamente Vincenzo Virga e Francesco Messina” detto ‘Mastro Ciccio’. Con la sua decisione dello scorso 27 novembre, la Cassazione ha respinto il ricorso del Pg di Palermo e dei familiari di Rostagno, oltre che di altre parti civili come la Presidenza della Regione siciliana, l’Associazione siciliana della stampa e Libera, contro il proscioglimento di Vito Mazzara, dall’accusa di essere stato il killer di Rostagno. Mazzara è in carcere all’ergastolo per altri crimini. Chi sparò materialmente al cronista, quindi, resta ancora un mistero.

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