La rabbia ha iniziato a montare fin dal 23 gennaio, quando il governo ha imposto per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale il coprifuoco a livello nazionale dalle 21 alle 4.30 del mattino, nel tentativo di arginare la diffusione dei contagi. Una misura che dovrebbe durare fino al 9 febbraio e che si aggiunge a quelle già varate da metà dicembre, con la chiusura di scuole, negozi e ristoranti. Ma la protesta, in particolare ad Amsterdam e Rotterdam, è degenerata con violenti scontri tra la polizia e i manifestanti. Solo nell’ultima notte sono state arrestate 180 persone: secondo il quotidiano belga Le Soir alcune vetrine dei negozi sono state distrutte e le loro merci saccheggiate. Al centro di tafferugli e disordini anche Amersfoort (est), la piccola città di Geleen (sud), vicino a Maastricht, L’Aia e Den Bosch. Il premier olandese Mark Rutte ha condannato le violenze e i tafferugli avvenuti in diverse città del suo paese dopo l’imposizione del coprifuoco per far fronte alla diffusione del coronavirus, affermando su Twitter che “questa violenza criminale deve finire”.

“Le rivolte non hanno nulla a che fare con la protesta o la lotta per la libertà. Dobbiamo vincere insieme la lotta contro il virus, perché solo così potremo riconquistare la nostra libertà”, ha dichiarato il premier dimissionario di Mark Rutte, costretto ad adottare una linea più dura a causa della lenta diminuzione del numero di nuove infezioni e della minaccia rappresentata dalle nuove varianti. Le mutazioni hanno infatti portato a un forte picco di infezioni nel Regno Unito e in Irlanda a causa della cosiddetta mutazione “britannica”, che dovrebbe costituire almeno la metà di tutti i nuovi casi di Covid-19 in Olanda fino a metà febbraio. Finora i Paesi Bassi hanno registrato 13.579 morti e più di 950mila contagi, in una popolazione di 17,2 milioni di abitanti.

Dalla Spagna alla Danimarca: gli scontri contro le misure – Ma le proteste contro le restrizioni imposte dai governi per contenere la pandemia vanno ben oltre l’Olanda. Lo scorso fine settimana sono infatti scese in strada migliaia di persone anche a Madrid e Copenhagen. Negazionismo ed esasperazione si sono fusi in diverse piazze europee dopo mesi di coprifuoco e lockdown più o meno duri. Il risultato è che in molte città le proteste si sono concluse con scontri e interventi a gamba tesa della polizia con idranti e lacrimogeni. In migliaia sabato notte hanno occupato il centro di Madrid, negando direttamente l’esistenza del Covid e bollandolo come “un complotto”, rigorosamente senza mascherina nonostante l’obbligo di indossarla anche all’aperto. Una manifestazione che si è svolta in contemporanea a quella un po’ più a nord d’Europa, a Copenhagen dove i manifestanti hanno mostrato tutta la loro ostilità alle misure prese fino ad ora dando fuoco ad un pupazzo a grandezza naturale raffigurante la premier danese, Mette Frederiksen, con sotto la scritta ‘deve morire’. Tre persone sono state arrestate. “È assolutamente inaccettabile esprimere minacce così gravi in democrazia, ha sottolineato in un comunicato la capo della polizia di Copenaghen Anne Tonnes.

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