AAA cercasi le gesta eroiche di Neymar e Mbappé da vedere comodamente sul divano di casa. Dal primo febbraio la Ligue 1 correrà seriamente il rischio di ritrovarsi senza alcuna emittente: la disavventura che si sta consumando nel campionato francese nasce dal mancato pagamento di Mediapro, il broadcaster spagnolo (con fondi cinesi) che ha avuto un trascorso burrascoso anche nella nostra Serie A. Dopo non aver versato la seconda e la terza rata dell’accordo (rispettivamente 172,3 e 152,5 milioni) è uscito di scena e adesso, come stabilito dal tribunale di Nanterre, sarà obbligato a risarcire l’80% della quota non saldata. Una decisione che comunque non preclude, almeno fino al 31 gennaio, la chiusura del suo canale tematico (Téléfoot) che continuerà a mostrare a tifosi e semplici appassionati otto partite sulle dieci di ogni giornata.

La Lega si è riunita in settimana per studiare le mosse anti-emergenza e c’è chi, come TF1, M6 o il gruppo France Television, si è offerto di trasmettere in chiaro e quindi in modo del tutto gratuito gli appuntamenti del campionato. Martedì 19 gennaio sono stati indetti due nuovi bandi di gara: uno sull’uso dei diritti inizialmente concessi a Mediapro per il resto della stagione in corso, l’altro per le prossime tre stagioni con i lotti precedentemente acquistati sempre da Mediapro. Le offerte devono essere presentate entro il primo febbraio. A giocare un ruolo decisivo sarà Canal +, la storica emittente che al momento detiene le restanti due partite di Ligue 1. “Siamo finalmente giunti alla conclusione che era nell’interesse di tutte le parti passare attraverso un bando di gara”, ha dichiarato a Le Figaro il suo presidente Maxime Saada. La strategia appare piuttosto chiara ed è quella di approfittare della pesante crisi economica per garantirsi i diritti tv a un prezzo decisamente inferiore.

Ma cos’è Mediapro e perché si è arrivati a questo punto? Per farsi un’idea basta ripercorrere a grandi linee la vita abbastanza controversa del suo fondatore, Jaume Roures. Comunista convinto e alla guida di una multinazionale presente in quattro continenti con un fatturato che nel 2019 ha sfiorato i due miliardi di euro, il 71enne catalano – già creatore di La Sexta e del quotidiano Público – ha più volte dichiarato di non essere indipendentista nonostante nel 2012 abbia votato per la CUP. Tre anni fa con un’azione di forza s’è aggiudicato per quasi 800 milioni di euro l’anno i diritti tv del campionato francese, a pochi giorni dalla baraonda fatta scoppiare in Italia. Quella che avrebbe dovuto rappresentare una svolta per il mercato televisivo in Serie A si è infine rivelata una catastrofe che ha fatto il giro dei tribunali.

Il 5 febbraio 2018 il colosso spagnolo ha vinto a sorpresa il bando della Lega annullando di fatto il duopolio di Mediaset e Sky con un’offerta da un miliardo e 50 milioni. Una gioia effimera, durata neanche quattro mesi: il contratto è stato risolto perché Mediapro, accusato di inadempienza, non ha fornito le garanzie patrimoniali necessarie lasciando il campionato italiano nelle mani di Murdoch e di Dazn e costringendo i tifosi al doppio abbonamento. La causa tra le due parti va avanti da tempo con la Lega di Serie A che chiede 460 milioni di euro di danni e l’azienda spagnola che punta a ottenere 210 milioni di risarcimento e la riconsegna dei 52 milioni anticipati nel famoso bando. Ognuno resta ancorato sulle proprie posizioni. Se ne saprà di più il 24 marzo, il giorno della prossima udienza.

In Francia i primi dubbi su Mediapro erano arrivati nel 2019, quando il presidente del Lione Aulas aveva espresso varie perplessità sulla bontà del progetto e i media transalpini avevano cominciato a porsi qualche domanda: perché un nuovo concorrente paga così tanto per trasmettere le partite di Ligue 1? Quello dei diritti televisivi è soltanto un ramo delle sue attività. L’azienda è famosa anche per aver prodotto numerose serie tv (spicca quella di Sorrentino, The Young Pope) e alcuni film di Woody Allen, come Vicky Cristina Barcelona e Midnight in Paris. L’80% del suo fatturato è generato lontano dalla Spagna e l’ingresso in maggioranza, nel 2018, dei cinesi di Orient Hontai ha sollevato molti punti interrogativi. Alcuni esperti in passato hanno rivelato che il fondo in patria non è parecchio conosciuto e non ha nulla a che vedere con altri colossi come Alibaba e Suning: opera nella massima riservatezza e ha interessi divergenti, dal gioco d’azzardo alle società farmaceutiche, dato che lo scorso 18 settembre per 34 milioni di euro ha acquistato la start-up medica XWPharma con sede a Wuhan.

Orient Hontai continua a lavorare sottobanco e lascia che sia il CEO di Mediapro, Jaume Roures, ad affacciarsi con i media. La bufera è già scoppiata: i club francesi, soprattutto i più modesti, che speravano di essere rivitalizzati da un accordo senza precedenti sui diritti televisivi, si sono invece ritrovati a far fronte a un’imponente crisi finanziaria, iniziata con la chiusura anticipata della stagione 2019/20. E quelle voci su un presunto aiuto del governo sono state smentite lo scorso novembre dal ministro dell’istruzione, Jean-Michel Blanquer: “Non intendiamo compensare i problemi che sono stati generati da una sorta di avidità e irrealismo”. Tra i principali accusatori di Mediapro c’è il presidente del Rennes, Nicolas Holveck, che ha fatto sapere senza giri di parole che il flop del colosso spagnolo e l’impatto dovuto alla chiusura degli stadi costeranno al club circa 40 milioni di euro. L’ingenuità di chi si è fidato di un broadcaster non collaudato, partito per rivitalizzare il calcio francese con un’offerta fuori dal comune e finito per farlo sprofondare in uno smarrimento ora difficile da contenere.

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