È terminato con 32 condanne a Torino il maxi processo d’appello ai No Tav. I giudici hanno stabilito riduzioni di pena, che ora sono comprese fra i 2 anni e i sei mesi di reclusione, rispetto alle sentenze precedenti, pronunciando alcune assoluzioni parziali e dichiarando prescritti numerosi episodi. Gli episodi al vaglio della Corte d’appello si riferivano agli scontri fra No Tav e forze dell’ordine avvenuti in valle di Susa nell’estate 2011 nella zona in cui oggi sorge il cantiere preliminare della ferrovia ad Alta Velocità Torino-Lione. Tra i condannati l’ex brigatista rosso Paolo Maurizio Ferrari, lo storico leader del centro sociale Askatasuna Giorgio Rossetto, due torinesi che si sono uniti in Siria alle milizie in lotta contro l’Isis, Jacopo Bindi e Fabrizio Maniero. Ferrari, 76 anni, terminò nel 2004 di scontare 30 anni di reclusione per la militanza nelle Br.

I giudici erano riuniti in camera di consiglio dalle 9 di giovedì mattina. Durante l’arco della giornata un gruppo di manifestanti si è radunato davanti al Palagiustizia con striscioni e bandiere. Il processo ha preso il via lo scorso febbraio dopo che la Cassazione, nel 2018, aveva annullato la sentenza della Corte d’appello di Torino del novembre 2016, che si era conclusa con la condanna di 38 manifestanti, disponendo un nuovo procedimento.

In particolare, per sette attivisti aveva confermato la responsabilità, eliminando però alcuni capi di imputazione e rinviando a nuovo giudizio per la rideterminazione della pena. Intanto, nel carcere delle Vallette, Dana Lauriola, attivista e portavoce No Tav, arrestata lo scorso 17 settembre a Bussoleno in Val di Susa, insieme ad altre due detenute ha iniziato lo sciopero della fame. Secondo quanto si legge sui profili social del movimento, lo sciopero sarebbe legato alle condizioni del carcere e in particolare dei colloqui che sarebbero vietati per chi proviene da fuori Torino, secondo le disposizioni della zona arancione del Dpcm.

“Le pene sono state in alcuni casi dimezzate in altri ridotte e non per effetto della prescrizione ma per molteplici assoluzioni nel merito. Credo che questo sia anche fondamentale nel ripristinare una correttezza e laicità di giudizio nelle questioni No Tav – dice Gianluca Vitale, uno dei legali -. L’elemento di soddisfazione è che non di tutte le lesioni debbano rispondere tutti, resta il problema di capire perché tutte quelle evidenti arbitrarietà, lanci di pietre, tiri di lacrimogeni ad altezza d’uomo, pestaggi delle persone che vengono arrestare non sono state ritenute tali da giustificare la reazione dei manifestanti. Su questo il terreno di discussione resta aperto“, ha aggiunto ancora il legale osservando che “non ha retto l’impianto accusatorio nella misura in cui faceva un p0′ un minestrone, dicendo tutti sono responsabili di tutto, questo era stato smentito dalla Cassazione e ora dalla Corte d’appello”. “Resta un problema sull’accusa di resistenza, la Cassazione aveva chiesto di approfondire del perché non si debba tenere conto dell’arbitrarietà degli atti che con tutta evidenza sono stati commessi durante quei giorni, anche dalle forze dell’ordine. Su questo aspetteremo le motivazioni per predisporre un ricorso in Cassazione. Le pene ora rientrano in dei parametri normali di un normale processo e non su quei parametri di accanimento repressivo delle sentenze precedenti“.

Articolo Precedente

Caso Martina Rossi, la Cassazione annulla l’assoluzione degli imputati e ordina un nuovo appello. I genitori: “Passo verso la giustizia”

next