La propensione degli italiani verso biciclette e moto cresce molto più velocemente dell’attenzione che le amministrazioni comunali riservano alle politiche per la mobilità su due ruote. Questo dicono i dati su piste ciclabili, sharing mobility, parcheggi dedicati contenuti nel quinto rapporto dell’Osservatorio Focus2R, studio promosso da Confindustria Ancma (Associazione nazionale ciclo motociclo accessori) con Legambiente ed elaborato dalla società di consulenza Ambiente Italia, che fornisce ogni anno una panoramica aggiornata delle politiche messe in campo dai Comuni capoluogo di provincia italiani e dedicate a ciclisti urbani e motociclisti. I risultati del monitoraggio sono frutto di un questionario rivolto a 104 municipi, a cui quest’anno hanno risposto 79 amministrazioni, sui dati relativi al 2019 e che confermano la graduale ascesa della mobilità su due ruote nell’agenda politica delle città italiane “seppure ancora troppo lenta e accompagnata da due ricorrenti campanelli d’allarme”: la sicurezza degli utenti della strada e il profondo divario tra nord e sud del Paese nelle misure messe in campo. “Dalle città arriva una nuova domanda di mobilità individuale resa viva anche dalle conseguenze della pandemia, che hanno esaltato alcune peculiarità delle due ruote” ha commentato il presidente di Ancma, Paolo Magri.

IL MERCATO DELLE DUE RUOTE – Nel 2019 sono stati venduti 1,71 milioni di biciclette ed eBike, il 7% in più rispetto all’anno prima, mentre l’universo delle bici a pedalata assistita è cresciuto da solo del 13% (da 173mila a 195mila). Secondo le prime stime di Ancma nel 2020 il mercato farebbe segnare un ulteriore aumento compreso tra 20 e 25%, superando il tetto dei due milioni. Per quanto riguarda le due ruote a motore, il 2020 chiude con un significativo recupero dei volumi persi per le conseguenze della pandemia di Covid-19. Malgrado questo, l’immatricolato immette infatti sul mercato 218.626 veicoli, pari ad un calo del 5,76%. Il settore delle moto è quello che meglio riesce a erodere il gap rispetto allo scorso anno, chiudendo con un -4,86%. L’esaurimento delle risorse destinate agli incentivi elettrici impedisce ai ciclomotori nel loro complesso di chiudere l’anno in positivo, anche se il 2020 delle due ruote a trazione elettrica chiude con un aumento dell’84,5%, superando per la prima volta i 10mila veicoli immatricolati.

LE POLITICHE PER LE BICICLETTE – Per quanto riguarda la mobilità a pedali, salgono la disponibilità media di piste ciclabili, ciclopedonali, zone 20 e 30 km/h (+6% rispetto al 2018 e +20% dal 2015), la possibilità di accesso delle biciclette alle corsie riservate ai mezzi pubblici e il numero di Comuni con postazioni di interscambio bici nelle stazioni ferroviarie, mentre diminuiscono le città dove è consentito il trasporto di biciclette sui mezzi pubblici e quelle dotate di un servizio di bike sharing, che passano dal 57% del 2018 al 53% del 2019. Diminuzione quest’ultima, che incide anche sul numero degli abbonati (-10%) e su quello dei mezzi (-14%). Le città con le migliori performance per la presenza di infrastrutture ciclabili sono Reggio Emilia, Cremona, Mantova, Lodi e Ravenna. Sul fronte del bike sharing Milano, Mantova, Bologna, Bergamo e Padova. Nel capoluogo lombardo sono presenti più di 13mila biciclette, 4mila a Firenze, 3.500 a Torino, 2.500 a Bologna. Solo queste quattro città contano il 75% della flotta complessiva disponibile in tutti i capoluoghi in Italia.

IL NODO DELLA SCUREZZA – A destare allarme, però, sono i dati sulla sicurezza dei ciclisti: 253 delle 3.173 vittime della strada del 2019 sono stati ciclisti (in aumento del 15% rispetto al 2018). Un tema che, secondo il rapporto Focus2R “sta progressivamente entrando nei programmi dei municipi: il 48% dei Comuni intervistati considera il miglioramento della sicurezza stradale una priorità molto alta o alta”. Per Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, nonostante i segnali positivi, restano evidenti le solite emergenze. “Tra collisioni stradali e inquinamento urbano nel 2019 sono morte più di 83mila persone – ha ricordato – per un costo sociale che l’Istat stima in 16,9 miliardi di euro, l’1% del pil nazionale”. Un primo passo per cambiare potrebbe essere “il rifinanziamento del Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale, previsto dalla Legge 144/1999” oltre al potenziamento di trasporto ferroviario regionale, trasporto pubblico locale e sharing mobility”.

I MOTOCICLI – Sul fronte della mobilità su moto, scooter e ciclomotori l’accesso alle corsie riservate ai mezzi pubblici scende al 12% delle città intervistate. Ad oggi l’accesso è consentito in tutte o nella maggior parte delle corsie soltanto in 6 Comuni (Benevento, Imperia, Milano, Parma, Taranto, Venezia), mentre solo in alcune di esse a Bergamo, Como, Genova e Pescara. Positivo invece l’andamento delle opportunità di sharing (soprattutto a trazione elettrica), che si consolidano in città importanti come Genova, Milano, Rimini, Roma e Torino. Sebbene limitato a queste cinque città, il numero complessivo di veicoli inizia ad avere una certa consistenza con 2.360 unità a Milano (il 57% del totale), mille a Rimini, 560 a Roma e circa 150 a Genova e Torino. Luci e ombre, infine, sulla sicurezza che, a fronte di una lieve diminuzione del numero di decessi di motociclisti e scooteristi sulle strade italiane, non è considerata una priorità nei due principali strumenti di pianificazione della mobilità urbana (PUM e PGTU) del 59% dei Comuni, a cui si aggiunge un 12% che la indica addirittura come priorità bassa.

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