E’ il peggior dato da oltre 80 anni. Nel 2020 l’economia statunitensi ha visto sparire 9 milioni e 370mila posti di lavoro, il calo più forte dal 1939. Quanto meno in valori assoluti, visto che nel frattempo gli occupati sono cresciuti così come la popolazione più che raddoppiata nello stesso arco di tempo. Più significativo il confronto con la crisi del 2008-2009 seguita al tracollo dell’industria finanziaria. Anche in questo caso sfavorevole al 2020. Nel solo mese di dicembre si sono persi 140mila posti, molto peggio di quanto non si attendessero gli analisti che prevedevano, al contrario, un aumento di 50mila occupati. Si tratta del primo calo di occupati dallo scorso aprile. Il settore più colpito è stato quello del tempo libero e del turismo che registra un’emorragia di quasi mezzo milione di occupati. 45mila posti si sono persi nel pubblico impiego e altri 31mila tra scuola e strutture sanitarie. Gli occupati sono invece aumentati nell’industria e nelle costruzioni.

Il tasso di disoccupazione, che indica la quota di persone in cerca di un impiego sul totale della popolazione in età lavorativa, è rimasto invariato al 6,7%. I senza lavoro sono 10,7 milioni. Il tasso di disoccupazione era esploso nei mesi immediatamente successivi allo scoppio della pandemia, toccando un picco del 14,8% in aprile, un livello mai visto dai tempi della seconda guerra mondiale. Nei mesi successivi il tasso è però sceso rapidamente, attestandosi intorno ai valori attuali già dallo scorso ottobre. La disoccupazione rimane comunque la più alta da inizio 2014. Nonostante dati nel complesso deludenti, la borsa di Wall Street si mantiene sui massimi storici. Si scommette che il nuovo pacchetto di aiuti all’economia da 900 miliardi di dollari possa fornire una spinta decisiva per la ripresa.

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