Arriva anche dall’avvocatura dello Stato la bocciatura della riforma Madia con cui, nel 2016, il Corpo Forestale dello Stato era stato smantellato e assorbito, con una “militarizzazione forzata”, nell’Arma dei Carabinieri. Il governo italiano, bacchettato in estate dalla Cedu, ammette oggi che quel provvedimento ha violato l’art.11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (libertà sindacale). Certo è stata davvero una normativa infelice quella del decreto legislativo n. 177 del 2016, che introdusse finanche un curioso e incostituzionale obbligo, per la polizia giudiziaria, di informare la scala gerarchica delle indagini in corso.

L’Avvocatura dello Stato, in un documento depositato a dicembre, si allinea dunque alla posizione della Corte europea, che aveva giudicato il trasferimento dei forestali nell’Arma come lesivo di diritti fondamentali. Con un colpo solo, la norma aveva infatti fatto strame del diritto alla libera associazione sindacale (art. 39 Cost.) e del diritto di sciopero (art. 40 Cost.): come in un racconto di Kafka, i forestali da appartenenti a una polizia civile altamente specializzata e con piena libertà sindacale si ritrovarono, da un giorno all’altro, militari privi di libertà sindacale.

Se l’intenzione del governo era di avviare finalmente un riordino generale del comparto delle forze dell’ordine – in un comunicato del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 12 settembre 2016 si annuncia trionfalmente che “sono ridotti da 5 a 4 i corpi di polizia con l’eliminazione delle duplicazioni delle funzioni” – quello è stato il modo peggiore di farlo. Per evitare pasticci, bastava infatti pensare a un meno traumatico e più sostenibile accorpamento del Corpo Forestale alla Polizia di Stato.

Ma di questa vicenda rattrista soprattutto che siano state del tutto ignorate le conseguenze negative di quella metamorfosi in termini di compressione e negazione di diritti costituzionali. Nessuna remora c’è stata nel mettere sotto i tacchi diritti che, per usare le parole di Stefano Rodotà, “si presentano come inscalfibili e indisponibili, affidati a un’area di indecidibilità”.

Secondo l’Avvocatura dello Stato la violazione della libertà sindacale sarebbe ormai superata dalla sentenza n. 120/2018 della Corte costituzionale, quella che ha tardivamente cancellato l’anacronistico divieto di associazione sindacale per le Forze armate e le forze di polizia a ordinamento militare. All’Avvocatura sfugge evidentemente che il Parlamento non ha ancora approvato la legge sindacale per i militari, che le varie associazioni costituite con l’assenso ministeriale (sic!) non sono ancora operative e che i militari non avranno mai la libertà sindacale piena (con diritto di sciopero) di cui godevano gli appartenenti al Corpo Forestale.

Piuttosto va detto che a settembre 2020 avrebbe dovuto iniziare la discussione, presso le commissioni Difesa e Affari costituzionali, sulla proposta di legge presentata dal deputato Maurizio Cattoi (M5S) nel marzo 2019 (abbinata ad altre due proposte): l’idea è di istituire la Polfor (Polizia forestale, ambientale e agroalimentare) nell’ambito dell’Amministrazione della pubblica sicurezza. Siamo a gennaio del 2021 e prendiamo atto di un certo ritardo.

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