“Ministra, non apra le scuole superiori il 7 gennaio. Il rischio è troppo elevato”. A lanciare l’appello alla titolare dell’Istruzione Lucia Azzolina non sono più solo le Regioni ma anche la comunità scientifica, i dirigenti scolastici e le organizzazioni sindacali. Di fronte alla crescita dei contagi negli ultimi giorni e al possibile boom che si potrebbe registrare dopo il 10 gennaio, conseguenza dei ritrovi durante le festività natalizie, il primo a chiedere un confronto con il governo è stato il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Un campanello d’allarme suonato anche dai presidenti delle regioni Puglia, Lazio, Veneto, Umbria e Campania.

Ma a chiedere un supplemento di cautela sono anche e soprattutto gli esperti, virologi, medici, immunologi, pediatri. Ad accodarsi al consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi che nei giorni scorsi aveva proposto di non riaprire le scuole prima del 15 ora scendono in campo anche il direttore delle malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, l’immunologa Antonella Viola il presidente della Società italiana di pediatria Alberto Villani e il numero uno dell’ordine dei medici, Filippo Anelli che non aprirebbe le aule nemmeno a metà gennaio. Un coro che fino a domenica pomeriggio non è stato ascoltato dalla ministra Azzolina, ancora convinta di non fare alcun passo indietro rispetto al 7 gennaio. Lo stesso vale per il premier Giuseppe Conte che durante il vertice a Palazzo Chigi con i capi delegazione non avrebbe messo in dubbio la data di giovedì prossimo per tornare tra i banchi.

A dirsi d’accordo con il consulente del ministro della Sanità sono però molti dei suoi colleghi più noti. “Non ho alcun dubbio: sto con Ricciardi”, ha fatto sapere Galli. “Mobilitare in questo momento una fetta di popolazione giovanile non è prudente. Non lo dico io ma i numeri. La curva epidemiologica non ci lascia scampo; la prova generale del lavoro fatto dai prefetti la farei dopo il 15, una volta compreso qual è stato l’impatto del virus nelle ultime settimane”, spiega il virologo. Infatti “le evidenze di tutti gli studi scientifici ci dicono che l’apertura delle scuole ha un impatto sull’andamento delle epidemie. A qualcuno piace affermare il contrario ma forse varrebbe la pena considerare le perplessità di chi ha il polso della situazione. In uno scenario come il nostro deve prevalere il principio di precauzione”. Il primario del Sacco avanza anche una proposta, condivisa dal direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia: “Vanno vaccinati in gran fretta gli insegnanti più anziani”.

A chiedere un rinvio della riapertura delle aule è anche l’immunologa Viola: “Si rimandi all’11 per dare il tempo di organizzare meglio gli orari e per analizzare i dati. Ma non oltre. Dev’essere chiaro, tuttavia, che servono ingressi sfalsati, capienza ridotta sui mezzi e mascherine obbligatorie”. Prudente anche Alberto Villani che tra l’altro è membro del Comitato tecnico scientifico: “Dobbiamo tener conto della curva epidemiologica. Va valutata con attenzione la situazione tra tre/quattro giorni. Se il numero dei contagi cresce dovremo dolorosamente prenderne atto”.

Il più drastico è il presidente dell’Ordine nazionale dei medici, Filippo Anelli: “Se il nostro Paese restasse in zona rossa non avrei alcun dubbio a dire che le scuole possono riaprire: a quel punto sui mezzi ci sarebbero meno persone e le aggregazioni sarebbero vietate per tutti, anche per i giovani. Dal momento che non sarà così non possiamo rischiare. Galli e Ricciardi sono ottimisti. Non ci aspettiamo alcun miglioramento della curva epidemiologica, purtroppo. Sta per arrivare anche l’influenza (il picco sarà nella seconda settimana di febbraio) e la concomitanza delle due pandemie ci preoccupa. La speranza è che l’uso dei dispositivi di protezione individuale abbia effetto anche sull’influenza a fronte di una campagna vaccinale che quest’anno è andata decisamente male”.

A schierarsi con la comunità scientifica sono i dirigenti scolastici che da giorni manifestano le loro perplessità sulla riapertura il 7 gennaio. Antonello Giannelli, il numero uno dell’Associazione nazionale presidi, è tornato a farsi sentire: “Con l’avvicinarsi della data del ritorno a scuola degli studenti delle superiori, assistiamo a numerose polemiche tra Regioni e governo sulla opportunità o meno di tale ripresa. Ci si deve basare sulle evidenze scientifiche rappresentate dal Cts e quindi sì alla riapertura in presenza ma solo se non ci sono rischi per l’incolumità di studenti e personale”. Ma Giannelli è contrario pure agli ingressi sfalsati: “La frequenza deve essere ripristinata ma senza turnazioni dannose per l’organizzazione di vita e di studio dei ragazzi, limitando al massimo l’ampiezza degli scaglionamenti. Chiediamo da mesi che anche fuori dagli istituti scolastici le regole vengano rispettate e che si pratichi uno screening capillare e continuo tramite tamponi rapidi”. Giannelli chiede che siano i presidi a decidere sul numero dei ragazzi in presenza: “Un’ulteriore richiesta di buonsenso è che il passaggio delle presenze dal 50% al 75% sia graduale e demandato alle decisioni delle singole scuole. Costringerle a continue riorganizzazioni orarie è deleterio per la qualità della didattica”.

Posizione condivisa dal presidente dell’Anp della regione Lazio, Mario Rusconi, per nulla soddisfatto di come l’ufficio scolastico regionale abbia condotto fino ad oggi la partita della riapertura stabilendo ingressi alle 8 e alle 10: “A pochi giorni dall’inizio della scuola non sappiamo ancora nulla sul piano trasporti. Le famiglie sono in fibrillazione. Non ci hanno invitati ai tavoli costituiti dalla Prefettura ma siamo gli unici a conoscere bene la situazione delle nostre scuole”.

E in Puglia ad annunciare il possibile rinvio è proprio il presidente regionale dell’Anp Roberto Romito che ha partecipato all’incontro con il governatore Emiliano e i sindacati: “L’idea sulla quale sta lavorando il presidente, condivisa da tutti, è quella di un’ordinanza che posticipa l’apertura al 15 in modo da valutare gli effetti delle festività natalizie. C’è stato anche un vivace confronto sulla questione della libertà di scelta delle famiglie di mandare i figli in presenza o tenerli a casa. Alla fine abbiamo convenuto sull’ipotesi di accettare in presenza non solo i ragazzi disabili ma anche tutti quegli studenti che non possono restare a casa con i genitori”.

Sul fronte di guerra le organizzazioni sindacali. Maddalena Gissi, segretaria nazionale della Cisl Scuola spiega: “Continuiamo a leggere notizie giornalistiche ma con il ministero non c’è nessun tipo di confronto. I dirigenti scolastici sono stremati; continuano a fare e rifare orari per le attività didattiche in presenza al 50%. Il 7 si rientrerà? La soluzione sarà estratta il giorno della Befana come succedeva un tempo con la Lotteria Italia!”. Anche la segretaria Snals Elvira Serafini si è fatta sentire: “Stiamo prendendo atto dell’aumento dei contagi di questi giorni. Il 18 gennaio potremmo avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta”.

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Scuola, nuovi dubbi sul rientro in presenza il 7. I sindacati: “Rinviare all’11 o 18 gennaio”. Presidi contro gli ingressi scaglionati

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Contagi a scuola, il report Iss: “Dal 31 agosto rilevati 3mila focolai in classe, il 2% del totale. Per riaprire servono test e tracciamento”

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