Venti vittorie e due pareggi. Cinquantasette reti segnate e cinque subite. Diciannove punti di vantaggio (con tre partite in più) sul Celtic Glasgow secondo in classifica. Sono i numeri dei Rangers Glasgow. L’uno a zero con cui i protestanti di Glasgow hanno battuto gli storici rivali cattolici dei Celtic nel primo Old Firm del 2021 – grazie all’autorete del centrocampista McGregor – pone, di fatto, soltanto la matematica tra i The Gers e il loro 55esimo titolo scozzese. Proprio nel giorno del cinquantesimo anniversario dalla tragedia dell’Ibrox, quando 66 tifosi persero la vita durante l’Old Firm del 2 gennaio 1971. Per ritrovare questa supremazia nazionale i Rangers si sono dovuti affidare a un manager inglese alla prima esperienza in panchina ma con un grande carisma e, soprattutto, le idee molto chiare: Steven Gerrard. Arrivato nel maggio 2018 tra lo scetticismo generale di una piazza che legge l’operazione come una mossa mediatica, l’ex capitano del Liverpool si è rivelato il valore aggiunto. L’uomo capace di indicare la via da percorrere per tornare la squadra più temuta e vincente di Scozia. Un ruolo che i Rangers hanno avuto fino al 2012. Prima del momento più buio di una storia lunga quasi 150 anni.

È il 2012 quando i Rangers Glasgow vengono dichiarati falliti. L’ultimo scudetto è appena di un anno prima eppure la squadra più titolata di Scozia è costretta a ripartire dalla quarta serie scozzese, la Scottish League Two. In un attimo uno dei club più iconici del calcio europeo è crollato sotto il peso di un debito di oltre cento milioni di euro. La scalata inizia immediatamente. Nelle due stagioni successive i Rangers dominano sia in Scottish League Two che in Scottish League One, rispettivamente concluse con 83 e 102 punti. Dopo l’approdo in Scottish Championship (la serie B scozzese) tutti si aspettano il terzo salto di categoria consecutivo. Ed invece i Rangers concludono il campionato al terzo posto e perdono la finale playoff contro il Motherwell. L’amarezza è tanta ma il ritorno in massima serie è solo rimandato di un anno. È la stagione 2015/16 quella buona. Ottantuno punti e primo posto in classifica. Dopo appena quattro anni i Rangers sono in Scottish Premier League. A rendere ancora più esaltante l’annata contribuiscono due fattori. Il primo è l’essere diventata l’unica squadra nella storia del calcio scozzese ad aver vinto tutti e quattro i campionati professionistici. Il secondo è arrivato dalla semifinale di Scottish Cup. I Rangers vincono l’Old Firm ai calci di rigori. Da dopo il fallimento è la prima volta che accade.

Nel 2016/17 tutta la Scozia è pronta per tornare a vivere il duello tra le due squadre di Glasgow ma la realtà appare subito ben diversa. La differenze tra i blu protestanti e i biancoverdi cattolici è ancora tanta. I neopromossi Rangers chiudono terzi, lontani ben 33 punti. L’anno successivo i punti di ritardo sono meno ma la posizione non cambia: terzi a -13 dalla vetta. In mezzo a questi due piazzamenti la squadra si riaffaccia anche in campo europeo, in Europa League. Ma l’avventura termina subito. Fuori al primo turno preliminare contro i lussemburghesi del Pogres Niedercorn. È a questo punto che la società decide di azzardare. Steven Gerrard viene chiamato a Glasgow. Ha smesso di giocare da appena un anno e nel suo curriculum da allenatore ci sono soltanto alcune panchine con le giovanili del Liverpool: “L’esperienza – dichiara durante la conferenza di presentazione – non è un problema per me, forse lo è per gli altri. Conosco solo un modo per fare esperienza: credere in sé stessi e accettare le sfide a testa alta”.

Dal proprietario Dave King gli viene affidato un progetto tecnico di medio-lungo termine con degli obiettivi ben precisi: ridurre il gap dai rivali del Celtic, qualificarsi per i gironi di Europa League e riportare i Rangers sulle mappe del calcio europeo. La sfida è di quelle importanti. Soprattutto per chi, in mezzo al campo, ha fatto dell’agonismo e della competitività i propri punti di riferimento in 20 anni di carriera. I dubbi sono tanti tra i sostenitori dei The Gers ma c’è anche grande curiosità. Il 12 luglio 2018 a Ibrox, per la gara d’andata del primo turno di Europe League, ci sono circa 50mila persone venute a salutare il nuovo tecnico. I Rangers vincono 2 a 0 contro i macedoni dell’FK Shkupi. Il ritorno termina invece 0 a 0. È il primo passo di una nuova pagina di storia. Successivamente la squadra di Gerrard elimina i croati dell’Osijek (0-1 e 1-1), gli sloveni del Maribor (3-1 e 0-0) e i russi dell’FC Ufa (1-0 e 1-1). Tre mesi dopo il suo arrivo, il primo obiettivo è stato raggiunto.

I Rangers sono ai gironi di Europa League. In campionato invece le cose sono più complicate. Il secondo posto arriva ma il distacco dai Celtic è ancora ampio, ben undici punti. Un gap che non cala nemmeno l’anno successivo, con la squadra a tredici punti dalla vetta quando il campionato viene fermato a causa del Covid-19. Se in Scozia la situazione resta pressoché immutata, la stagione 2019/20 vede i Rangers spingersi oltre la fase a gironi, fino agli ottavi di Europa League. Dopo i turni preliminari superati agevolmente contro St. Joseph’s, Progres Niedercorn, Midtjylland e Legia Varsavia, Gerrard riesce a condurre i suoi uomini al secondo posto in un gruppo che dieci anni prima avremmo potuto vedere in Champions League: Porto, Feyenoord e Young Boys. L’avventura finisce contro il Bayer Leverkusen, dopo aver eliminato nettamente una squadra ostica come lo Sporting Braga ai sedicesimi. Adesso ai Rangers manca l’ultimo passo, quello più difficile: riprendersi il trono di Scozia.

È con questo imperativo che Gerrard e i suoi hanno iniziato la stagione in corso. La pressione e le aspettative della vigilia non stanno pesando. Numeri alla mano i Rangers Glasgow sono una delle squadre più temibili del continente. E non parliamo solo del contesto nazionale. Il percorso in Europa League è stato fin qui perfetto. Primo posto nel proprio girone davanti al Benfica, quattordici punti fatti e zero sconfitte. Ai sedicesimi ci sarà l’Anversa. La prospettiva di replicare gli ottavi di un anno fa è tutt’altro che impossibile. Con Gerrard i Rangers sono diventati una squadra consapevole dei propri mezzi, dalle grandi doti fisiche con centrali potenti e terzini propositivi. Un 4-3-3 dove il simbolo della squadra è il capitano James Tavernier. Non è soltanto un terzino, è molto di più. Fino a questo momento ha segnato 17 reti e fornito 14 assist in tutte le competizioni. Alfredo Morelos è invece il finalizzatore. Attaccante ventiquattrenne dotato di una buona tecnica, un anno fa ha segnato 29 reti stagionali. Se Jermain Defoe porta esperienza con i suoi 38 anni, alla fantasia ci pensa Ianis Hagi. È il figlio del grande Gheorghe Hagi, ha 22 anni e con Gerrard è esploso. Acquistato a giugno a titolo definitivo dalla Fiorentina, unisce rapidità e ottima tecnica. È l’uomo dell’ultimo passaggio, come testimoniano i dieci assist messi a referto finora (quattro invece le reti). È questa la spina dorsale con cui Steven Gerrard sta compiendo l’ultimo passo. L’egemonia del Celtic che dura da nove stagioni si sta avviando verso la fine. I Rangers Glasgow sono tornati.

Twitter: @giacomocorsetti

Articolo Precedente

Milik, Eriksen, Papu Gomez da vendere, i vice Ibra e Ronaldo da prendere, le rose da sfoltire: è sempre mercato (mai così di riparazione)

next