“Prof andiamo a camminare? Ho bisogno di parlarle”. Josita Bassani, professoressa di lettere e storia all’istituto “Torriani” di Cremona non se lo sarebbe mai aspettata di trovarsi a passeggiare lungo le rive del fiume Po per ascoltare i suoi ragazzi. Da un paio di mesi i suoi pomeriggi li trascorre così: macinando chilometri e chilometri tra la nebbia accanto ai suoi studenti.
Tutto è cominciato dalle richieste dei suoi allievi, una classe terza composta da 28 alunni 16enni. “Quando ci si incontrava in aula – racconta l’insegnante – era normale che qualcuno a fine lezione mi chiedesse di parlarmi per confidarmi qualche problema; ora con la didattica a distanza questa interazione è venuta meno. Così di fronte alla loro necessità di parlare con qualcuno ho fatto una proposta: venite con me a camminare”.
La professoressa Josita, mamma di due figlie di 20 e 15 anni, conosce bene il mondo dell’adolescenza e sa meglio di ogni altro che questi giovani hanno bisogno di qualcuno che presti loro attenzione e cura.
Ogni giorno l’appuntamento è davanti alla scuola. Da lì si parte: “Normalmente questi ragazzi si lamentano se fanno un paio di chilometri a piedi; ora sono loro a chiedermi di non fermarci. È un incontro informale che ci permette di conoscerci meglio, di entrare in profondità. I peripatetici avevano capito tutto: se si cammina nella natura, la bellezza ti rimane dentro. Superata la fatica, arriva la profondità. Spesso mi accorgo che questi ragazzi non sono abituati a fermarsi, ad osservare, ad apprezzare”.
La docente del “Torriani” naturalmente rispetta le regole: distanziamento e mascherina. Ad approvare queste inusuali lezioni è anche la dirigente Roberta Mozzi: “La mia preside è sconvolta ma è contenta e mi incoraggia”, spiega Josita.
I problemi che arrivano alle orecchie della professoressa sono tanti: dalla fatica ad addormentarsi alla mancanza di relazioni. Non solo. Spesso questi ragazzi sono costretti a restare in casa e a convivere con problemi famigliari che accrescono le loro difficoltà.
L’insegnante di lettere si trasforma così in una sorta di psicologo, in un “confessore”, in qualcuno di cui fidarsi: “Spesso non ho risposte per loro. Mi limito ad ascoltare ed è già prezioso. Non sempre ho le parole adatte di fronte a certi pensieri”.
La professoressa del “Torriani” suona il campanello d’allarme: “Gli adolescenti stanno male. Tantissimo. Ci sono studenti che chiedono di essere riconosciuti come Bes (ndr. ovvero con bisogni educativi speciali) per poter venire a scuola in presenza. Non riescono più a stare in casa. Credimi: qualcuno di loro ha persino pensieri suicidi”.
Josita guarda avanti, pensa a gennaio: “Mi spaventa riprendere in presenza ma so che è uno sforzo doveroso da parte della scuola. Guarda, a questo punto non mi interessa che conoscano Dante Alighieri ma che possano tornare a stare bene psicologicamente”.
Intanto in questi giorni la prof ha deciso, nonostante la didattica a distanza, di vedere i suoi ragazzi: “Abbiamo fatto un laboratorio di scrittura creativa. Perché i laboratori devono essere solo di meccanica? Ci siamo incontrati nel rispetto delle regole ma almeno ci siamo guardati negli occhi”.
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