Sorbo a piridda, piru zuccarino, mele cannamele, mele gelato cola, albicocca schiddatara, fichi bifari, pruna rapparini. Sembrano nomi di fantasia e invece sono solo alcuni tipi di frutti antichi siciliani che fanno parte di un catalogo molto particolare: quello del vivaio della cooperativa Petralia sulle Madonie in Sicilia. A mettere insieme ben 180 varietà di antichi alberi da frutto (ma il numero è sempre in crescita) sono quattro agronomi, che da dieci anni raccolgono sull’isola piante, spesso a rischio di estinzione. Petraviva nasce nel 2010 grazie ad un progetto dell’Ente Parco Madonie finanziato del ministero dell’Ambiente già negli anni ’90. All’epoca gli agronomi della coop erano otto: decisero di produrre piante forestali da utilizzare per la divulgazione scientifica e avviarono la loro cooperativa. “Allora non avevamo ancora le idee chiare, l’idea del vivaio è nata nel 2014”, racconta Gaetano La Placa, uno dei fondatori della cooperativa.

Il primo passo verso il vivaismo è stato l’incontro con il direttore dell’Orto Botanico di Palermo, che regala loro le prime varietà di frutti antichi siciliani raccolti grazie ad una ricerca durata tre anni. “Così ci venne in mente – spiega La Placa – di realizzare un campo da collezione di tutte queste piante nelle Madonie”. Nel 2013 in cooperativa rimangono in quattro: La Placa, Vittorio Li Puma, Vincenzo David e Damiano Cerami. “Ad un certo punto qualcuno ci fece riflettere su una cosa: senza una gemma di una pianta rara, tipo per esempio il Melo Cannamele, e qualcuno in grado di innestarlo quella pianta si sarebbe comunque estinta anche se i semi venivano conservati”. Così nel 2014 arriva la decisione di creare il vivaio e si avviano le pratiche per le varie autorizzazioni. Oggi sono 180 le varietà di piante: pero, mandorlo, ciliegio, pesco, melo e susino raccolte in lungo e in largo per la Sicilia. I soci della coop sono diventati i custodi di un patrimonio di frutti antichi e tradizionali della Sicilia: alcune sono rari e preziosi.

Un lavoro che è anche antropologico e di ricerca: negli anni i componenti della coop hanno parlato con tantissimi anziani contadini per raccogliere la storia di una serie di frutti a rischio estinzione. “Morto l’anziano agricoltore, muore la pianta e muore un pezzo del patrimonio culturale di biodiversità“, spiega La Placa. “Una volta ad esempio cercavamo una varietà di susino, chiamato Coscia di Monaca visto nei libri di botanica – racconta l’agronomo – ma nessuno la conosceva; individuammo un anziano di 85 anni, era cieco ma però ricordava perfettamente il luogo dove era possibile trovare la pianta, e così fu. L’abbiamo riprodotta e adesso la conserviamo. Un’altra volta ci chiamarono da Pollina perché c’era l’ultimo esemplare di pero cannatieddo che aveva 250 anni. Un esemplare bellissimo, anche in quel caso lo abbiamo riprodotto. Qualche giorno fa abbiamo scoperto che quell’albero è morto e senza il nostro intervento si sarebbe persa per sempre quella varietà”.

Articolo Successivo

La strage dei cavalli di Volterra: 19 morti da fine 2018 ancora senza spiegazione. Gli esperti: “Non escluso un avvelenamento doloso”

next