Virologi e immunologi ipotizzano che la variante inglese di Sars Cov 2 non infici i vaccini sviluppati per arginare la pandemia, ma comunque per evitare sorprese e per poter intervenire – una volta “disegnato” un vaccino si può cambiare come accade ogni anno per quello dell’influenza – Moderna e Pfizer-Biontech stanno testando i loro composti sulla nuova variante rintracciata nel Regno Unito come riporta la Cnn. “Sulla base dei dati ricavati fino a oggi, ci aspettiamo che l’immunità indotta dal vaccino Moderna protegga contro le varianti recentemente rintracciate nel Regno Unito; effettueremo ulteriori test nelle prossime settimane per confermare questa aspettativa” fa sapere Moderna in una nota. Pfizer ha riferito che ora sta “elaborando dati” sui campioni di sangue di persone immunizzate con il suo vaccino per capire se è “in grado di neutralizzare il nuovo ceppo dal Regno Unito” come si aspettano tutti gli esperti.

La variante comparsa in Gan Bretagna “è un po’ diversa” da quelle prese in considerazione finora, “e non sappiamo ancora precisamente se il nostro vaccino possa proteggere anche contro questa. Dal punto di vista scientifico, però, è altamente probabile che il nostro vaccino possa difendere anche contro questa variante” ha detto il fondatore di Biontech, Ugur Sahin, in conferenza stampa. Serviranno adesso due settimane per raccogliere i dati a riguardo, ha anche sottolineato. Un adeguamento del vaccino alla nuova variante del virus comparsa in Gran Bretagna ‘”durerebbe sei settimane“. La procedura per ottenere l’autorizzazione richiederebbe però del tempo ulteriore, ha anche chiarito. Sahin ha affermato che dal punto di vista scientifico sia altamente probabile che il vaccino autorizzato ieri dall’Ema e dall’Ue possa avere effetto anche contro la mutazione.

In attesa di dati certi, ottenuti dalle analisi di laboratorio specifiche come ricorda Giorgio Palù, virologo e neo presidente dell’Aifa. non è stato fatto al momento “alcun esperimento di virologia circa la forza e i danni che può produrre il virus, e nemmeno si hanno dati clinici che dimostrano che è più aggressivo o meno. Questa variante è stata riscontrata in oltre 1600 genomi sequenziati e sembra essere quella che ora circola di più in Inghilterra “. I dati su questa nuova variante, non pubblicati “su una rivista scientifica, indicano che è già stata riscontrata a settembre nel Kent, per poi estendersi a Londra, Oxford, Glasgow, in Scozia, Sudafrica, Danimarca e Olanda – continua -È un ceppo molto mutato (almeno 17 mutazioni e 9 nella proteina S), che ora sembra essere prevalente nella circolazione“. Non si può però assolutamente dire, sulla base dei dati attuali, che questa variante renda il virus “più letale, né è vero e dimostrato che è cambiato l’andamento clinico dell’infezione. Anzi, i dati preliminari sembrano indicare che chi è stato vaccinato ha anticorpi in grado di neutralizzare anche questo ceppo”.

Tra le ipotesi fatte sull’origine di questa variante, c’è quella “che sia nata in soggetti immunodepressi, in cui non essendoci difese, i virus crescono più rapidamente e mutano più in fretta“, prosegue Palù. Non bisogna però dimenticare, conclude l’esperto, che “già in primavera-estate, rispetto al virus di Wuhan, si era prodotta la mutazione D614, sempre sul gene S, che ha reso il virus più infettivo. Ora, anche per la variante inglese, bisognerà fare tutti gli esperimenti che ancora non sono stati fatti, usando cellule umane, organoidi, animali da esperimento e anticorpi che neutralizzano il virus”.

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