Giuseppe Conte ha iniziato la verifica di maggioranza. Dopo il ricatto in Senato di Matteo Renzi perché sul Recovery fund si ridiscutesse tutto da capo e soprattutto dopo giorni di tensioni con gli alleati, il presidente del Consiglio ha convocato i partiti per capire quali sono “i fondamenti delle loro critiche”. Sono passati pochi giorni dalle minacce neanche troppo velate di Italia viva per far saltare il banco e aprire la crisi di governo, ma l’avvio dei colloqui ha permesso (almeno per il momento) di abbassare i toni. Tanto che ora l’obiettivo principale, è la versione più ripetuta, sembra quello di rinnovare il progetto per arrivare a fine legislatura. L’atmosfera su palazzo Chigi è comunque sospesa. E lo stesso Conte, da chi lo incontra, è descritto come “consapevole” della crucialità di questa verifica.

Quelle iniziate oggi a Palazzo Chigi sono vere e proprio “consultazioni“, partendo dai gruppi con il maggior numero di parlamentari e quindi M5s e Pd. La crisi da scongiurare per il Conte 2 è sì quella di governo, ma anche l’ipotesi rimpasto che negli ultimi giorni si è fatta sempre più insistente sui giornali. Oggi le due delegazioni hanno escluso che quella sia la strada da seguire: rivedere la squadra in piena emergenza Covid e mentre si apre la discussione nel merito del Recovery plan appare la soluzione de escludere. Il primo a dirlo è stato il M5s che in quasi tre ore di incontro ha ribadito principalmente due concetti: pensare a un rimpasto è “surreale” e loro non sono disponibili. Mentre sulla gestione dei fondi che arriveranno dall’Europa chiedono “il coinvolgimento di tutti i ministeri”. Poi è stato il turno della delegazione Pd. Al faccia a faccia, durato circa due ore, ha partecipato anche il leader dem Nicola Zingaretti che, al termine, si è unito al coro di chi esclude il rimpasto: “L’azione del governo deve andare avanti”, ha detto. L’appuntamento più atteso però, rimane l’incontro con Italia viva che è in programma per martedì 15 dicembre alle 13: dal vertice con i renziani Conte capirà veramente le prospettive d’azione del governo.

L’incontro con il M5s – Al faccia a faccia tra il premier e i 5 stelle, durato quasi tre ore, si sono presentati: il capo politico Vito Crimi, i due capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa e Ettore Licheri, il capo delegazione Alfonso Bonafede e i ministri, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli. Questi ultimi hanno partecipato per rafforzare la leadership di un Movimento che è ancora in attesa di rinnovare il capo politico. “Abbiamo affrontato il tema che riteniamo surreale del rimpasto ribadendo che da parte nostra non c’è nessuna disponibilità”, ha detto Crimi alla fine dell’incontro ribadendo la linea M5s. “Di rimpasto non si discute”. Sul Recovery Fund “abbiamo cercato di far capire come sia necessario che tutti i ministeri siano coinvolti”, ha aggiunto. “Abbiamo rilanciato sui temi e sulle questioni che ci stanno più a cuore a partire dalla proroga del superbonus fino al 2023 perché credo che ci sono tanti dossier fermi e oggi l’attività del governo debba essere rilanciata facendo misure per rilanciare anche l’economia del nostro Paese. E questa è una misura fondamentale”. Anche Di Maio, intervenuto poco dopo su Facebook, ha voluto rilanciare la discussione sui temi: “Abbiamo chiesto rispetto su misure molto importanti come il rinnovo dell’ecobonus, il conflitto di interessi, lo stop alle trivelle e l’abbassamento delle tasse”.

L’incontro con il Pd – Intorno alle 19.30 è stato il turno della delegazione del Pd, composta, oltre a Dario Franceschini e ai capigruppo alle Camere Graziano Delrio e Andrea Marcucci, anche dal segretario Nicola Zingaretti, il vice Andrea Orlando e la portavoce delle donne democratiche Cecilia D’Elia. Al termine dell’incontro ha parlato il leader dem Zingaretti cercando il più possibile di far passare il messaggio che i dem non intendono far venire meno il loro appoggio all’esecutivo: “Credo sia stato un incontro molto utile, che ha ripreso lo spirito dell’incontro tra i leader del 5 novembre”, ha detto, “cioè di mettere sul tappeto i temi e i nodi per un rilancio dell’azione di governo: dai temi dell’agenda sociale, del lavoro, del rilancio delle imprese, anche la grande questione della sanità”. Quindi il segretario ha ribadito la posizione del Pd contro il rimpasto di governo: “Non ne abbiamo parlato”, ha affermato. E ha aggiunto: “Noi crediamo che l’azione di questo governo debba andare avanti, con una grande sintonia con i problemi italiani”. Poco prima di entrare per il confronto, aveva parlato il capogruppo dem in Senato Andrea Marcucci certificando che per ora la squadra di governo non si tocca: “Non siamo qui per parlare di questo, non noi. Mi sembra un passaggio importante e utile, la maggioranza non può permettersi di sbagliare”, ha detto.

I motivi di scontro – Lo scontro nei giorni scorsi è stato in particolare sulla task force per la gestione delle risorse Ue. Conte nelle scorse ore ha ribadito che l’impianto generale non può essere messo in discussione, anche se ovviamente potrà subire modifiche in Parlamento. Poi ha chiarito che la struttura non sarà sovrapposta ai doverosi passaggi istituzionali”. Un messaggio rivolto direttamente ai renziani, secondo cui la governance pensata da Palazzo Chigi (composta da 6 manager e dalla cabina di regia di cui farebbero parte lo stesso Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e il collega dello Sviluppo economico Patuanelli) rischia invece di esautorare ministeri e Parlamento. L’obiettivo degli incontri previsti tra oggi e domani è quello di trovare un’intesa per evitare la crisi. Il sospetto, all’interno della maggioranza, è che Renzi abbia aperto la strada della crisi nella speranza di strappare per sé (o per qualcuno dei suoi) un’altra poltrona a Palazzo Chigi. Ma l’ex premier nega (oggi lo ha fatto anche Maria Elena Boschi: “Il rimpasto per noi non è all’ordine del giorno”), sostenendo di non aver mai voluto alcun rimpasto e che il suo unico scopo è quello di ridiscutere daccapo il Recovery plan (compresa la ripartizione dei fondi nei singoli progetti) ed evitare che Conte ottenga “pieni poteri”. In caso contrario, le ministre Bellanova e Bonetti sarebbero pronte a dimettersi innescando la crisi. Il cui esito più probabile è il ritorno alle urne, nonostante la pandemia sia ancora in corso e l’Italia rischi di perdere il treno del Recovery. Anche se da Maria Elena Boschi a Matteo Salvini si moltiplicano le aperture a un nuovo governo per impedire la fine della legislatura (scenario che non piace a molti, visto che alle prossime elezioni verranno eletti 600 parlamentari e non più 945).

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