Chi soffre d’incontinenza va dal fisioterapista per la “ginnastica pelvica”. Ma da Milano deve cercarlo in provincia perché la Lombardia rimborsa la prestazione 8 euro, così poco che quasi nessuno ospedale cittadino la offre più. Per contro, sempre in Lombardia, uno degli interventi base della chirurgia come l’appendicite viene rimborsato quanto l’atresia esofagea, che è l’intervento più complicato di tutta la chirurgia neonatale, un intervento che dura ore, è gravato da alto tasso di mortalità e solo pochi sanno fare. Cosa cova ora sotto il Covid in Lombardia? Nella regione in cui la narrazione dell’eccellenza ha perso la maschera, da giorni si parla dell’ennesima riforma della sanità e di soldi. Tanti soldi. Sei le proposte sul tavolo, ogni partito ne ha una ma tutte sono concentrate sull’articolazione del sistema, vale a dire l’organizzazione ospedaliera, dell’assessorato, le direzioni territoriali e così via. Poco si sa della sostanza, vale a dire la distribuzione dei 20 miliardi che ogni anno piovono sugli ospedali pubblici e sul privato convenzionato.

Mercoledì in giunta atterra la delibera per i rimborsi di quest’anno per tutto il sistema pubblico e privato. Si trascina dall’inizio della pandemia, perché nessuno sapeva come e quanto ristorare la spesa per l’emergenza e dunque come chiudere i contratti di servizio 2020. Da gennaio sono stati riconosciuti in forma di anticipi mensili gli stessi budget del 2019. Sembra si andrà al riconoscimento del 70% dell’anno scorso, mentre sul restante 30% si cerca un equilibrio sui costi fissi, posto che l’attività ordinaria per prestazioni “non urgenti e differibili” – compresa quella di ricovero e visita programmata che garantisce alte remunerazioni – è stata sospesa durante la prima ondata e parzialmente riattivata nella seconda. Per gli anni a venire in Regione si ragiona su come superare la logica dei budget per portarla verso gli “obiettivi di cura”, si ipotizza un sistema premiale che spinga il privato a rispondere agli obiettivi generali di salute pubblica del Sistema Sanitario. In attesa che la politica decida, coi suoi tempi e partendo da posizioni molto diverse, c’è chi si concentra su quello che c’è.

I DRG da aggiornare
In Consiglio regionale martedì è passata a larga maggioranza la proposta di revisione dei DRG regionali presentata da Michele Usuelli (+Europa-Radicali), unico medico con esperienza clinica che siede in Consiglio. I raggruppamenti omogenei di diagnosi sono il sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere introdotto nel 1995. Ad ogni prestazione corrisponde una tariffa onnicomprensiva. Le regioni possono poi modularla secondo il fabbisogno territoriale applicando tariffe più basse rispetto al nomenclatore nazionale.

I DRG lombardi sono vecchi di dieci anni, in molti casi hanno tariffe incoerenti rispetto ai bisogni reali della popolazione e sono suscettibili di distorsioni e speculazioni che costano caro ai cittadini e presto – nell’era postcovid – presenteranno un conto salatissimo a tutti (vedi oltre). In attesa di mirabili riforme, occorre dunque fare manutenzione per aumentare l’efficienza, ottimizzare la spesa e garantire trasparenza. “Con i DRG – sostiene il medico-consigliere – i ricavi delle strutture sono legati alle prestazioni, sono tracciati e verificabili mentre i contributi non a prestazione sono discrezionali”.

Sprechi (e buoni affari) della sanità lombarda
Sprechi che si perdono in mille rivoli ma il cui peso si avverte quando si spulciando i bilanci di tutte le aziende ospedaliere pubbliche lombarde. Una ricerca condotta insieme al Politecnico di Milano, racconta Usuelli, rivela che solo il 60/70% dei ricavi provengono dai DRG. “Ma da 7-8 anni tutte chiudono i bilanci in pareggio, uniche in Italia”. Perché? “Perché a un certo punto la Regione ripiana con un finanziamento generico che in pratica livella le situazioni economiche”. Ma nel far questo, livella anche trasparenza e appropriatezza nelle cure. “E’ un metodo accettabile se si tratta di far fronte a spese maggiori per soddisfare i bisogni dei cittadini. Altra cosa se è un modo per sanare i debiti derivanti da cattiva gestione. Regione non entra le merito dei passivi e ripiana”.

Come sconta il cittadino i difetti di questo metodo? Sul versante della salute. L’accesso alle cure passa per DRG così vecchi da essere incompatibili con l’offerta. “Un followup di un neonato che è il controllo dopo la dimissione viene sempre rimborsato meno di 20 euro, ma c’è una grande differenza tra un neonato che è andato a casa dopo tre giorni e uno che è stato ricoverato per sei mesi in terapia intensiva e ha bisogno di una visita multiscidisciplinare con fisiatra, pediatra e così via”. Il punto è che se il rimborso è inferiore ai costi reali della prestazione, le strutture la tagliano. Come accaduto con le terapie intensive che hanno costi elevati ma poche richieste in era pre-covid. E viceversa, dove il rimborso è generoso eccedono, ci marciano. Ed è lo spreco immorale a monte di tanti scandali. “E’ una dinamica che Regione Lombardia ben conosce. Tanto che prima del Covid e della mia mozione aveva iniziato a mettere in discussione i DRG della protesi d’anca. Se vai a vedere il 90% degli interventi nel pubblico sono su anziani. Nel privato convenzionato ci sono tanti interventi di protesi senza neppure la rottura, interventi spesso discutibili e non necessari”.

Dunque la mozione chiede di rivedere le tariffe da DRG e aumentare la quota di trasferimento con questo sistema che vede la Lombardia fanalino di coda tra le regioni italiane. In ballo c’è la possibilità di modulare le prestazioni in base non alla convenienza tout court ma all’effettiva esigenza di cura della popolazione. “Un caso di scuola è la robotica. Si usa per la prostata e non per le patologie dell’utero. Non si capisce perché. Costa di più di una tecnica tradizionale, certo, ma e si premiano tecniche meno invasive si sposta tutta la sanità verso un’evoluzione di efficienza e di equilibrio”.

L’incognita post-covid
Il tema DRG è anche un tema Covid. I decreto “Ristori” a maggio ha aperto la strada a alla negoziazione delle tariffe sulla base di quelle del 2019. In Regione Lombardia da mesi va avanti un braccio di ferro sulle cifre, con un punto di partenza intorno ai 3500 a ricovero parametrati sui Drg di un ricovero in intesiva di tipo infettivo, ad esempio la polmonite. Per i privati soprattuto, che non hanno la livella del finanziamento pubblico sui passivi, tale tariffa è troppo bassa perché non terrebbe conto della componente tecnologica. Non tutte le polmoniti, per farla semplice, finiscono con l’intubazione o il Cpap. Nella pandemia questi esiti sono stati la norma. Ancor più delicata è la questione dei DRG post covid. Ogni ospedale sta constatando che al followup del paziente segue uno strascico di patologie covid-correlate che portano a bussare alla riabilitazione. Questa popolazione di dimessi bisognosi di cure il sistema dei DRG singoli non sarà sufficiente né rispondente ai reali bisogni di cura a fronte di una platea immensa di paucisintomatici. Per poter rispondere e attrezzare servizi mirati di presa incarico nei prossimi anni un DRG ad hoc potrebbe essere necessario.

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