“Ma… quello lì chi è?”. Roma, luglio 1993. La sponda biancoceleste della capitale sogna. Una stagione nuova sta per partire e il presidente Sergio Cragnotti ha potenziato ancora la squadra regalando a Dino Zoff giocatori importanti: Luca Marchegiani per la porta, Paolo Negro per la difesa, Roberto Di Matteo per il centrocampo, Gigi Casiraghi per l’attacco con Alen Boksic prenotato per novembre. È uno squadrone, con Beppe Signori e gli altri. In attesa di partire per Seefeld, in Tirolo, al campo di Tor di Quinto arriva un tizio grasso, biondiccio, vestito in maniera improbabile e con un codino biondo. Lui pare guardare gli altri con familiarità, Zoff invece chiede, più a se stesso che a chi gli sta intorno: “Ma…quello lì chi è?”. Una domanda che, più che per l’autentico sbandamento iniziale, è posta per scansare il più possibile, finché è possibile, la risposta. Perché sì, pur rifiutandosi di ammetterlo Zoff aveva capito benissimo: “quello lì”, con 12 chili in più addosso, il codino biondo e chissà quali avventure alle spalle nel mese di vacanza appena trascorso è lui, Paul Gascoigne, detto Gazza.

L’ultima volta che l’avevano visto, inteso come calciatore, era stato per il match di qualificazione dell’Inghilterra a Oslo, contro la Norvegia: già prima di quella partita l’allenatore Graham Taylor l’aveva pregato di moderarsi con il beer refuelling, il rifornimento di birra, ma la gara era andata malissimo con la Norvegia che aveva vinto 2-0, allontanando l’Inghilterra da Usa ’94. Da lì il buio, fino al ritorno in Italia. Con 12 chili in più. Con Zoff che non poteva crederci sebbene dal trovarselo nudo accanto in pullman o con lo stesso vestiario a girare in bicicletta per il centro sportivo aveva dovuto pur credere a ben altro nella sua esperienza con Gascoigne. Finisce con dieta ferrea e allenamenti durissimi per rimettere in forma Gazza, ma con costanza e pazienza, e seppur tra infortuni vari, l’inglese riesce a tornare in condizioni decenti.

E 27 anni fa, domenica 12 dicembre 1993, dà un saggio di che magnifico calciatore fosse nelle occasioni in cui voleva esserlo. La Lazio di Zoff, pur essendo sulla carta fortissima avendo aggiunto anche Boksic a una rosa già valida, non rende come dovrebbe. All’Olimpico arriva la Juventus di Roberto Baggio e del Trap, e Zoff, che a Gazza vuol bene, lo schiera titolare alle spalle di Signori e Boksic, e fa bene. L’inglese dà brillantezza e imprevedibilità all’attacco biancoceleste ed è sempre l’uomo più pericoloso: prima impegna Angelo Peruzzi, poi dà il via all’azione che porta al vantaggio della Lazio con autorete di Jurgen Kohler, e continua a portare a spasso la Juve con la palla attaccata al piede per tutto il primo tempo, chiuso col gol del pareggio bianconero del compianto Andrea Fortunato. Gazza si destreggia ancora tra dribbling e rovesciate nel secondo tempo, mette lo zampino nel secondo gol della Lazio e poi chiude la partita scappando alla difesa bianconera e superando Peruzzi su ribattuta.

Una gara da incorniciare, purtroppo tra le poche della stagione di Gazza, condizionata dagli acciacchi e dagli eccessi. Neppure nella successiva, complice il terribile infortunio in allenamento sotto gli occhi della moglie, l’inglese sarebbe riuscito a essere costante. Sullo sfondo tutte le gazzate, dalle auto rubate a Gigi Corino costretto ad arrivare in ritardo all’allenamento con tanto di richiesta di multa da parte di Gascoigne alle interviste in mutande ad una ricerca di un elefante in un albergo, di cui è meglio non raccontare i particolari. Dettagli colorati e coloriti, con la sostanza che però è quella del magnifico giocatore in campo in quella domenica di dicembre.

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