Saranno processati per tortura, lesioni aggravate, falso ideologico, minacce aggravate e abuso di potere. Reati che per la pubblica accusa sono stati commessi nei confronti di un detenuto tunisino in isolamento per spaccio di droga. Il giudice per l’udienza preliminare di Siena, Roberta Malavasi, oggi ha rinviato a giudizio cinque agenti della polizia penitenziaria all’epoca dei fatti in servizio al carcere di San Gimignano.

Gli episodi contestati risalgono all’ottobre del 2018. La vittima un detenuto tunisino di 31 anni, che doveva essere trasferito da una cella all’altra dello stesso penitenziario. Da lui si sarebbero presentati in 15 tra agenti e ispettori, lo avrebbero trascinato in un corridoio del reparto isolamento e poi picchiato, dopo avergli abbassato i pantaloni. Un’aggressione che sarebbe continuata anche quando il detenuto era finito a terra, come ha testimoniato un altro recluso dello stesso reparto che non solo avrebbe udito le urla, ma anche visto tutta la scena dallo spioncino; e che sarebbe stato a sua volta colpito da un guardia con un pugno . A sentire grida e minacce rivolte al tunisino (“Perché non te ne torni al tuo Paese?” ,”non ti muovere o ti strangolo”, “ti ammazzo”) anche altri reclusi, tutti della sezione alta sicurezza, destinata ai responsabili dei reati più gravi, che nella loro denuncia avrebbero riferito pure di altri abusi. Oltre alla tortura, agli agenti vengono contestati i reati di minacce, lesioni aggravate e falso ideologico, ipotesi che si riferiscono tutte al tentativo di insabbiare l’accaduto.

La prima udienza del processo è stata fissata per il 18 maggio prossimo. Le indagini hanno coinvolto anche altri dieci agenti della polizia penitenziaria del carcere di massima sicurezza di San Gimignano le cui posizioni sono sempre all’esame della procura di Siena. I cinque agenti che andranno a processo l’anno prossimo sono un ispettore superiore, due ispettori capo, due assistenti capo coordinatori. Secondo l’accusa gli agenti avrebbero provocato nel detenuto “sofferenze acute e sofferenze fisichè sottoponendolo ‘ad un trattamento inumano e degradante”.

Nel settembre del 2019 quattro di loro erano stati anche interdetti dal servizio su decisione del gip di Siena Valentino Grimaldi (la procura aveva chiesto invece gli arresti domiciliari) e su tutti è stata aperta anche un’inchiesta disciplinare da parte del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Alle indagini della procura di Siena ha collaborato anche la polizia penitenziaria, come sottolineava nel 2019 il ministero della Giustizia nella nota con cui annuncia le “doverose valutazioni disciplinari” avviate su tutti gli agenti indagati dal Dap, che ha a sua volta sospeso i quattro già destinatari del provvedimento di interdizione da parte della magistratura.

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