Il 2 ottobre 2019 moriva Giorgio Squinzi. È stato un grande imprenditore. È stato anche un grande presidente. Non che ci fosse bisogno di scoprirlo ora, per chi con la sua Mapei aveva già segnato la storia di un altro sport, il ciclismo. Ma a un anno dalla sua scomparsa, anche nel calcio il suo Sassuolo è arrivato primo in classifica. Solo per qualche ora, il tempo di assaporare la vetta, subito riconquistata dal Milan. Ma i gol di Ibrahimovic non cambiano l’evento, il miracolo calcistico. Anzi no, non chiamatelo così: nel primato non c’è nulla di casuale.

Un anno fa di questi tempi, quando il patron della Mapei morì, in tanti si chiesero che fine avrebbe fatto il piccolo Sassuolo. Nulla di male, in fondo era la sua creatura. Lui l’aveva preso per mano all’inizio degli Anni Duemila, quando i neroverdi galleggiavano in C2, non erano mai stati praticamente nulla a livello calcistico, e li ha portati addirittura in Europa. Ancora oggi sono la più piccola città ad aver mai raggiunto la Serie A dal Dopoguerra. Era lecito domandarsi se ci sarebbe stato un Sassuolo anche dopo Squinzi, o il club senza di lui sarebbe sparito così com’era comparso. La risposta la sta dando il campo. Merito alla famiglia, agli eredi del patron, che hanno saputo garantire la continuità che serviva. Ma la verità è che Squinzi aveva costruito un giocattolo quasi perfetto, in grado di funzionare praticamente da solo. Almeno per qualche anno.

Pur senza una vera piazza di riferimento alle spalle (40mila abitanti, e questa è forse l’unica stonata), il Sassuolo è indiscutibilmente uno delle realtà più belle del calcio italiano. È stata messa in piedi con cura, intelligenza, lungimiranza. È piccolo piccolo, ma ragiona da grande. Ad esempio, è stato per anni l’unico club insieme alla Juventus ad avere uno stadio di proprietà, fin dal 2013, anche se in un’altra città, il vecchio Giglio di Reggio Emilia, strappato a suon di milioni alla Reggiana (che ancora non gliel’ha perdonato). Oggi si sono aggiunte Udinese e Frosinone, ci provano Milan, Inter, Roma, Fiorentina, ma mentre gli altri si affannano il Sassuolo è già all’avanguardia da tempo.

Ha una casa e una struttura solida, che investe, monetizza e reinveste, in un circolo quasi sempre virtuoso, senza fare il passo più lungo della gamba. La scalata è stata graduale: mai un doppio salto, per consolidare la categoria prima di puntare al prossimo obiettivo, evitando cadute rovinose. La società ha un bilancio sano, che dà il giusto peso alle plusvalenze in un’epoca in cui è impossibile farne a meno: con la differenza però che mentre quelle degli altri sono fasulle, quelle del Sassuolo sono (spesso) genuine, perché i suoi gioielli se li fa pagare e pure cari. Quello del 2019 è stato il quarto utile consecutivo di una società in piena salute. Diretta dall’amministratore delegato Giovanni Carnevali, dirigente cresciuto all’ombra di Marotta (anche troppo, si malignava in passato, ma al netto di certi rapporti i risultati sono tutti dalla sua).

Così in campo il Sassuolo ha solo raccolto quanto aveva seminato fuori. I calciatori – i vari Berardi, Caputo, Boga, Locatelli – li scopre, li cresce, li rilancia. Oggi sono tutti ambiti dalle big, valgono e varranno milioni, ma il Sassuolo non ha nemmeno più bisogno di cederli. Non subito e non a qualsiasi prezzo almeno, può scegliere momento e cifra dell’addio, come ha fatto in estate trattenendo i pezzi pregiati. E ora se li gode. Anche perché in panchina c’è Roberto De Zerbi, l’ennesima scelta vincente. Il club ha puntato su un tecnico giovane e brillante (come in passato con Di Francesco), e gli ha dato tutto il tempo che gli serviva per maturare. Oggi il Sassuolo è tra le prime del calcio italiano, non per caso. È difficile che riesca a tornare in Europa, a coronare il sogno del suo presidente e arrivare addirittura in Champions: perché una provinciale si inserisca lì in alto storicamente serve che “saltino” una o due big, e non sembra questo quel genere di campionato. Ma di sicuro oggi il Sassuolo se la gioca con tutti, diverte e si diverte. Si sarebbe divertito anche Squinzi.

Twitter: @lVendemiale

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