“Ho perso mio padre pochi giorni fa…era chiuso dentro una Rsa“. È scritto sul cartello esposto da Rossella: “È morto solo anche se non aveva il Covid” racconta ai giornalisti. Nonostante il lutto, la donna ha avuto la forza di partecipare al sit-in davanti al ministero della Salute organizzato dai familiari dei pazienti ricoverati nelle residenze per anziani. “Chiediamo delle linee guida generali per la gestione delle strutture e la possibilità di vedere i nostri cari”, spiega Annamaria, tra i portavoce del Coordinamento familiari Rsa Cub sanità. “In tutta Italia abbiamo riscontrato le stesse problematiche – prosegue – ci sono state chiusure totali delle strutture con l’impossibilità di una continuità affettiva, difficoltà a comunicare e a conoscere le condizioni di salute dei nostri cari”.

Figli e nipoti sono giunti dalla Lombardia e dal Veneto per partecipare alla manifestazione. Una piccola rappresentanza che ha sfidato il blocco interregionale della circolazione: “Ci sentiamo defraudati del tempo che gli resta”, spiega Daniela che è arrivata in treno da Padova. Michele invece vive a Roma, ma ha la mamma a Varese: “Mia sorella è riuscita a portarle una torta per il compleanno, ma l’ha vista solo da dietro un plexiglass. Non possiamo entrare eppure nella struttura ci sono stati due contagi, sono preoccupato”.

Ai familiari dei pazienti si sono uniti anche alcuni lavoratori delle strutture. “Le condizioni del personale sono pesantissime sia dal punto di vista della turnazione sia a livello contrattuale”, commenta Marco, del Coordinamento cittadino sanità. La maggior parte delle Rsa nel Lazio sono private convenzionate, spiega ancora l’operatore sanitario che in romanaccio chiosa: “Si ricorre a contratti più o meno ‘fasulli’”.

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