“E allora? Di quella faccenda…”. “Non volevo parlartene per telefono”, “Ah beh certo”. E’ l’11 febbraio 2020 quando al telefono Domenico Morello, ritenuto un esponente apicale della ‘ndrangheta in Trentino Alto Adige, parla al telefono con un generale dell’esercito, Dario Buffa. Il motivo, secondo la Procura di Trento, è che l’alto ufficiale aveva raccolto informazioni da alcune sue fonti confidenziali sull’imprenditore suo amico. Per questo ora Buffa risulta indagato. Sessant’anni, generale di brigata, originario di Pieve Tesino, in Valsugana, Buffa in passato è stato comandante regionale in Trentino Alto Adige e prima ancora da ufficiale ha partecipato anche a missioni nei Balcani e in Afghanistan: oggi risulta “ufficiale in ausiliaria”, cioè è in congedo (dal 2019) con disponibilità per un eventuale richiamo in servizio per 5 anni.

Il fatto che il generale sia indagato emerge dal sequestro di beni per 2 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza. Il provvedimento ha colpito proprietà riconducibili a tre indagati – Alessandro Schina, Pietro Battaglia e Domenico Ambrogio – tutti arrestati in un’operazione del 15 ottobre quando il Ros dei carabinieri ha dimostrato l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta in Trentino, cosca attiva in particolare nel settore dell’estrazione del porfido. I sigilli sono stati applicati a una ditta di costruzioni di Trento, due società di Roma, 5 immobili e un terreno (quasi tutti a Lona Lases ed Albiano, Comuni confinanti in provincia di Trento), un’auto e quattro conti correnti. Si tratta di beni che la Procura di Trento vorrebbe confiscare “per sproporzione” e che si vanno ad aggiungere a quanto già sequestrato un mese fa.

Dall’inchiesta sono emersi i rapporti tra i soggetti legati alla ‘ndrangheta e la zona grigia del Trentino nell’ambito della quale rientrerebbe anche l’ufficiale che secondo i magistrati era confidente dei mafiosi. L’infiltrazione della cosca calabrese trapiantata nel Nord Italia è a tutti i livelli: “L’attività investigativa – è scritto in un’informativa – ha rilevato che il sodalizio indagato esercita il controllo territoriale anche sfruttando i rapporti dedicati e intessuti con le istituzioni e la politica locale. È l’esempio di Domenico Morello che si rivolge al generale dell’esercito Buffa Dario, per conoscere eventuali procedimenti penali a suo carico, o che si rivolge ai suoi amici dipendenti di banca, per agevolare operazioni finanziarie sui conti correnti aziendali”.

Per gli inquirenti Morello è un imprenditore che “fa parte dell’associazione criminale, ricoprendo un ruolo apicale, conosce e si frequenta con tutti i sodali in Trentino”. Inoltre, “è il collettore e l’organizzatore di incontri conviviali” ai quali partecipano gli esponenti del clan, “cura i contatti con la politica locale, al fine di inserire nell’ambiente soggetti calabresi” e si relaziona “con soggetti istituzionali come il generale Dario Buffa per garantirsi il controllo di eventuali indagini sul suo conto, ma anche per acquisire informazioni su aziende e soggetti di interesse”.

Nelle carte dell’inchiesta, Morello viene descritto come un soggetto ossessionato di finire in un’inchiesta antimafia e di essere arrestato. Il suo timore diventa più concreto il 12 dicembre 2019 quando un presunto affiliato al locale di ‘ndrangheta di Lases riceve un avviso di proroga indagini. Morello lo viene a sapere, capisce che il rischio è alto pure per lui e il giorno dopo contatta il generale Buffa “chiedendogli un incontro, spiegandogli a grandi linee che deve mostrargli qualcosa”. Il generale accetta, “si mette a disposizione – scrivono gli investigatori – e si accorda con Morello di vedersi la mattina di giovedì 19 dicembre 2019 a Trento”. Il generale è preoccupato per l’amico: al telefono, “Buffa chiede se ci sono problemi e spera non sia nulla di grosso. Morello risponde dicendo che giovedì gli dirà” e che “sicuramente avranno bisogno di quello che beve tanta birra”.

Il riferimento è al presidente del Tribunale di Trento. Per i carabinieri non ci sono dubbi: “Le conversazioni intercettate evidenziano il rapporto d’amicizia tra i due, sottolineando l’ottima intesa, tanto che Morello, sottacendo il problema giudiziario e non facendo alcun nome, fa comprendere chiaramente a Buffa che avranno bisogno del giudice Avolio Guglielmo”. “Mi manda ogni giorno le sue cazzate Willy Guglielmo”. Il generale lo tranquillizza sulla possibilità di arrivare al magistrato e Morello replica: “Eh bravo… prima devi leggere e poi vediamo”. Cosa evidente: l’avviso di conclusioni indagini che, il 19 dicembre 2019, l’imprenditore sottopone al generale dell’esercito. L’incontro è avvenuto “nei pressi della sede della società Selit di via Zambra”. Buffa e Morello si sono intrattenuti all’esterno del piazzale e in un bar vicino.

Stando alle intercettazioni telefoniche, il generale si informa sulle indagini e l’11 febbraio si reca nell’ufficio di Morello che, però, era imbottito di microspie piazzate dai carabinieri. “Buffa – è la ricostruzione del Ros – afferma di aver verificato, tramite conoscenze nella Procura della Repubblica di Trento, un’eventuale iscrizione di Morello nel registro degli indagati”. Il generale non si espone ma chiarisce “di non essersi rivolto direttamente dal giudice Avolio, ma di aver chiesto ad altra fonte, apprendendo che Morello non è iscritto in nessun procedimento penale”.

“Con molta discrezione ovviamente così… indagato non risulti da nessuna parte”. Morello tira un sospiro di sollievo ma, continuando la sua spiegazione, il generale lo riporta con i piedi per terra aggiungendo di non avere contezza assoluta di quanto gli ha riferito la persona a cui si è rivolto: “Almeno cioè… non è che questo è affidabilissimo …perché io… non volevo andare da Guglielmo Avolio così perché poi diventa… però ritengo che… (incomprensibile)… prontezza… la Dda …Gucci (ndr. fonetico) così mi ha detto… ‘qualcuno me l’avrebbe detto… le voci”. Otto mesi dopo Morello finisce in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso.

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