Il 20 gennaio prossimo Joe Biden entrerà ufficialmente alla Casa Bianca, ma alcuni effetti iniziano a vedersi già pochi giorni dopo la sua elezione a 46° presidente degli Stati Uniti. Soltanto così si può spiegare l’ordine di scarcerazione arrivato ieri di cinque cittadini egiziani dal carcere di Tora. Si tratta dei cugini di Mohamed Soltan, avvocato e difensore dei diritti umani egiziano ma cittadino statunitense dall’età di 7 anni, arrestati l’estate scorsa al Cairo.

La lettera firmata da 56 membri Democratici del Congresso americano, compresi Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, avversari di Biden alle ultime primarie, e inviata al presidente Abdel Fattah al-Sisi ad ottobre andava dritta al punto: “Presidente, dia l’ordine di rilasciare gli attivisti e i detenuti di coscienza reclusi nelle vostre carceri. Con Joe Biden presidente i diritti umani torneranno a essere una priorità nel rapporto col suo Paese”.

Nel testo della missiva, oltre alle raccomandazioni di fondo, c’era una lunga lista di nomi e per ognuno si chiedeva l’immediata scarcerazione. Tra questi proprio i parenti di Mohamed Soltan. Della lista, tuttavia, faceva parte anche Patrick Zaki, lo studente egiziano arrestato il 7 febbraio all’aeroporto della capitale egiziane mentre rientrava da Bologna per visitare i genitori e la sorella. Negli ultimi otto mesi la sua detenzione è stata rinnovata più volte e Zaki resta in attesa di giudizio con le accuse di diffusione di notizie false e addirittura terrorismo. Tutto per alcuni post pubblicati su Facebook a commento delle proteste in Egitto il 20 settembre 2019. Il rinvio dell’ultima udienza è stato pochi giorni fa e l’aggiornamento è fissato per il 21 novembre.

La presenza di nuovo inquilino alla Casa Bianca fa ben sperare per lui e per le altre centinaia di prigionieri di coscienza reclusi nelle prigioni del Paese dei Faraoni. La lettera parlava chiaro ed elencava personaggi molto noti come Alaa Abdel Fattah, Mohamed al-Bakr, Sanaa Seif, Bahey al-Din Hassan, Ziad al-Alimi, Mustafa al-Qatib, Rami Kamal, Khaled Daoud e tanti altri. Avvocati, giornalisti, medici, blogger, fotografi, attivisti, insomma la parte sana di una società disorientata come quella egiziana, depressa dalle speranze della rivoluzione del gennaio 2011 andate in fumo, terrorizzata da un regime antidemocratico e dalle conseguenze drammatiche della pandemia.

Eppure nel giro di meno di un mese molte cose sono successe, negli Stati Uniti e in Egitto. Della lista di detenuti da liberare sembravano non far più parte il membro dell’Ecrf (La Commissione egiziana per i diritti e le libertà, la stessa che si occupa del caso Regeni), Mohamed al-Bakr, e il docente universitario Hazem Hosni, scarcerati ma poi colpiti da una nuova accusa e dunque rimasti in cella. Il 4 novembre, però, oltre 400 prigionieri di coscienza sono stati liberati, tra loro il famoso blogger Mohamed ‘Oxigen’, il giornalista Haitham Hassan e altri, mentre in precedenza era uscito da Tora un altro blogger e autore satirico, Shady Abou Zeid. Segnali importanti di un cambiamento di strategia da parte del Cairo nei confronti dell’opposizione.

Il monolite del potere mostra le prime crepe e quanto accaduto ieri con la liberazione dei cinque parenti di Mohamed Soltan ne è la conferma. L’avvocato dei diritti umani il 6 giugno scorso aveva intentato una causa contro Hazem al-Beblawi, ex primo ministro dopo il colpo di Stato dell’estate 2013 e attuale membro del Fondo Monetario Internazionale, accusandolo di aver ordinato il suo arresto e le torture durante la detenzione. La carcerazione di Soltan, membro della Fratellanza Musulmana, risale all’agosto 2013 (l’avvocato negli anni si è recato più volte in Egitto, nel 2011 per partecipare ai moti di piazza Tahrir e nel 2012 per visitare la madre malata) a seguito dei moti di protesta di Raba’a square. Dopo l’avvio dello sciopero della fame da parte dello stesso Soltan, nel 2015 della vicenda si è interessata la presidenza degli Stati Uniti, al tempo guidata da Barack Obama. L’amministrazione americana si era spinta molto in là per ottenerne la liberazione, arrivata il 31 maggio dello stesso anno, e da allora Mohamed Soltan è tornato negli States e lavora all’università dell’Ohio.

La raccomandazione più forte presente nella lettera firmata dai 56 membri del Congresso americano era proprio quella legata all’immediata scarcerazione dei cinque cugini di Soltan. Il fatto che ciò sia accaduto tre giorni dopo la proclamazione ufficiale di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti d’America è un segnale importante per tanti, in particolare per i diritti umani violati in Egitto.

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