Cos’è un centro commerciale? E che differenza c’è, in chiave Covid, con una “grande superficie di vendita”? Se lo stanno chiedendo in queste ore i dipendenti del punto vendita romano de La Rinascente, nella centralissima via del Tritone, rimasto aperto nel fine settimana nonostante il Dpcm del 3 novembre imponesse la chiusura a tutti “gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati”, e dunque preso d’assalto dagli orfani dello shopping di tutto il Lazio. Per le aree in zona gialla, infatti, il provvedimento firmato il 3 novembre scorso dal premier Giuseppe Conte, all’articolo 1, punto ff, recita: “Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole”. Ma i lavoratori dei negozi che hanno preso in affitto gli spazi del prestigioso edificio nel cuore della Capitale, si sono sentiti spiegare dai loro datori di lavoro che “noi non siamo centro commerciale, è un codice Ateco differente”.

Definizione di “grandi magazzini” – Effettuando una visura camerale del gruppo La Rinascente, si apprende che la società che fa riferimento ai punti vendita romani (Tritone e Fiume) è classificata con il codice 47.19.1, ossia “grandi magazzini”, che poi è l’unica categoria possibile relativa al gruppo 47.19 “commercio al dettaglio in altri esercizi non specializzati”. Sul sito www.codiceateco.it è così definita: “Attività dei grandi magazzini che offrono un’ampia gamma di prodotti, inclusi articoli di abbigliamento, mobili, elettrodomestici, ferramenta, cosmetici, gioielli, giocattoli, articoli sportivi eccetera; esercizio al dettaglio operante nel campo non alimentare, che dispone di una superficie di vendita superiore a 400 mq e di almeno cinque distinti reparti (oltre l’eventuale annesso reparto alimentare) ciascuno dei quali destinato alla vendita di articoli appartenenti a settori merceologici diversi ed in massima parte di largo consumo”.

La giungla delle aperture a Roma – È finito così in ordine sparso il primo weekend di restrizioni per i centri commerciali capitolini. La Rinascente, come detto, è rimasta aperta. Chiuso, invece, l’outlet di Castel Romano (sulla via Pontina) dove – proprio come a via del Tritone – ci sono negozi che fanno riferimento a grandi marche che hanno affittato negozi, ma questa volta in una sorta di cittadella all’aperto. Sono rimasti aperti i punti vendita Ikea di Porta di Roma e Anagnina, mentre ha chiuso il centro commerciale Porta di Roma, nel quadrante nord della città. Il concorrente Euroma2, invece, era aperto con orari diversificati per ciascun negozio come prescrive il provvedimento del governo (via libera all’ipermercato, serrande abbassate per le attività non autorizzate dal ministero). Sul loro sito internet scrivono: “Oggi siamo aperti dalle 9 alle 21, orari speciali in ottemperanza al dpcm del 3.11.2020 e all’ordinanza del Ministero della Salute del 04.11.2020”. A Tor Bella Monaca, invece, il titolare di un negozio del centro commerciale “Le Torri” è stato pizzicato dalla Polizia locale e dai carabinieri mentre cercava di far entrare i clienti dal retro pur avendo tenuto le serrande abbassate sul lato strada: 400 euro di multa e chiusura forzata per 5 giorni.

La Cgil: “Subito tavolo in regione per chiarezza” – La giungla delle aperture non piace ai sindacati, che minacciano lo sciopero. “Gli escamotage burocratici e le ragioni sociali non fermano il virus e non proteggono i lavoratori”, avverte Alessandra Pelliccia, rappresentante della Filcams Cgil, che da giorni, insieme a Fisascat Cisl e Uil Tucs, chiede alla Regione la convocazione di un tavolo di crisi urgente sul commercio nel Lazio. “I criteri di apertura e chiusura dovrebbero essere dettati da motivi sanitari, relativi ai rischi di assembramenti e alla capacità di controllo della clientela in spazi ampi ma chiusi – continua Pelliccia – Che differenza c’è se vendo vestiti di marca, mobiletti o con quale codice Ateco sono registrato? Ne va sia della salute dei lavoratori sia del rispetto della libera concorrenza”.

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