Il mondo dell’istruzione si divide sulle nuove misure previste per la scuola nel Dpcm firmato la scorsa notte dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. A creare una spaccatura è soprattutto la questione della mascherina. Secondo quanto previsto dal decreto tutti i bambini della scuola primaria (tranne per chi ha meno di 6 anni) e i ragazzi delle medie dovranno infatti indossare il dispositivo di protezione individuale, anche quando sono seduti al banco.

Una novità accolta con favore dai dirigenti scolastici pronti ad eseguire gli ordini arrivati dal governo, ma mal digerita dai genitori. A porsi qualche domanda in queste ore sono stati gli insegnanti: “Dovrà essere portata dagli alunni anche quando verranno interrogati? Potranno toglierla in palestra? E quando intervengono in aula?”. Interrogativi ai quali il ministero dell’Istruzione, interpellato da ilfattoquotidiano.it, non ha saputo dare una risposta. A chiarire le idee ai docenti è invece Alberto Villani, presidente nazionale della Società italiana di pediatria e membro del Comitato tecnico scientifico: “Va portata sempre. In questa fase di incremento significativo dei casi, vale il principio di massima cautela”.

Il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli ha parlato di misure “inevitabili”: “Sono raccomandazioni di tipo sanitario che il Cts aveva già espresso in ottobre, ma non erano state recepite. Ora c’è più attenzione per evitare qualsiasi possibilità di contagio. Indubbiamente dal punto di vista scolastico non facilita l’interazione tra alunni e docenti ed è fastidiosa da portare, ma è inevitabile se vogliamo continuare ad andare a scuola”.

D’accordo anche Alfonso D’Ambrosio, il dirigente dell’istituto comprensivo “Lozzo Atestino” dove il capo dello Stato Sergio Mattarella ha inaugurato l’anno scolastico: “Noi avevamo chiesto ai nostri allievi di mettere la mascherina già da due settimane”. Tuttavia il preside veneto solleva una questione di non poco conto. Nella circolare che ha firmato nella giornata di oggi scrive: “Si raccomanda di cambiare la mascherina ogni quattro ore di utilizzo consecutive e di indossarla correttamente (coprendo anche il naso)”. Nella sua scuola, grazie alle donazioni di privati e ai finanziamenti del Miur, ha circa 40mila dispositivi di protezione che possono permettere a tutti di cambiare la mascherina due volte in una giornata, ma non per tutti gli istituti è possibile. “L’immunologa Antonella Viola mi ha spiegato – sottolinea il preside – che non è solo una questione di filtraggio che può diminuire ma di proliferazione di batteri. Questa cappa che si forma blocca la corretta ossigenazione. Noi la facciamo cambiare”.

Di tutt’altro parere il pianeta genitori. Angela Nava coordinatrice nazionale dei “Genitori Democratici” ha molte perplessità: “Come mai fino a qualche giorno fa potevano non portarla se fermi al banco? C’è qualche elemento scientifico nuovo che ci sfugge? Agli insegnanti che compito è affidato? Stiamo mettendo la polvere sotto il tappeto”. Ancora più preoccupato Antonio Affinita, direttore del Moige, Movimento italiano genitori: “Sulla questione c’è una letteratura scientifica che non è univoca. E’ un provvedimento stringente. Non si tratta di essere pro o contro. Non sta a noi definirlo ma abbiamo qualche perplessità. E poi ci sono scuole che non hanno ancora le mascherine e devono comprarle le famiglie”.

Restano sul tavolo dei dirigenti scolastici e dei docenti altri provvedimenti che cambieranno il volto della scuola italiana: nelle secondarie di secondo grado il 100% delle attività si svolgerà tramite il ricorso alla didattica digitale integrata. Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza per l’uso dei laboratori o per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e, in generale, con bisogni educativi speciali.

Il Dpcm inoltre prevede misure più restrittive per la scuola nelle aree che dovessero, invece, essere caratterizzate da uno scenario di “massima gravità e da un livello di rischio alto”. Queste zone dovranno sempre essere individuate con apposita ordinanza del ministro della Salute. Per la didattica, in caso di misure, più restrittive resteranno in presenza la scuola dell’infanzia, i servizi educativi per l’infanzia, la primaria e solo il primo anno della scuola secondaria di primo grado. Più critico in questo caso Giannelli: “C’è un prezzo sociale che pagheremo. I continui cambiamenti di impostazione non aiutano; non si riesce ad avere un’organizzazione stabile. Non si doveva spezzettare la scuola media: un singolo docente potrebbe avere classi che stanno in presenza ed altre a distanza, così si crea una situazione disfunzionale”. Durissima Angela Nava: “Gli adulti dovrebbero chiedere scusa ai bambini e ai ragazzi. Lasciamo stare il gioco politico del rimpallo di responsabilità, ma l’asticella della dad si è abbassata sempre di più. Ora diciamo che anche a 12- 13 anni possono stare da soli a casa a fare lezione online”.

Continua ad elencare criticità Affinita: “Siamo di fronte ad un grave rischio e pericolo per la formazione dei nostri ragazzi: la didattica d’emergenza può essere usata solo per tempi brevi. I genitori sono costretti a restare a casa per badare ai figli: un ragazzino della prima e seconda superiore ha bisogno di una figura adulta presente. Sono minorenni. Ricordo che c’è solo il 50% della retribuzione per i genitori che restano a casa per accudire i figli e l’Inps ha messo anche un limite alla somma di retribuzione”.

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