Chi ha ideato il primo piano di contenimento della pandemia in Veneto, a marzo, ottenendo i buoni risultati che, almeno in quella fase, hanno consentito alla regione di diventare un modello? Il governatore Luca Zaia, rieletto a furor di popolo a settembre, ha sostenuto che l’idea dei tamponi partì da lui e che fu poi sviluppata dall’assessore alla sanità Manuela Lanzarin e dal Dipartimento di prevenzione della struttura sanitaria regionale, diretto dalla dottoressa Francesca Russo. Il professore Andrea Crisanti, dell’Università di Padova, sostiene, al contrario, che è stato lui a predisporre il piano, cominciando a proporre una seconda tamponatura della popolazione di Vo (Padova) – dove si sviluppò il primo focolaio – e preparando un progetto di estensione dei tamponi a tutto il Veneto. La dottoressa Russo ha perfino scritto una lettera alla prestigiosa rivista scientifica “Nature”, per criticare l’articolo pubblicato da Crisanti, sostenendo che la Regione “ha istituito, sin dall’inizio della pandemia, un sistema biologico, clinico ed epidemiologico di tracciamento dei contatti e monitoraggio dei casi” e che l’emergenza “è stata affrontata con largo anticipo rispetto a uno studio progettato e intrapreso a posteriori che non ha avuto il minimo impatto sulle scelte strategiche di sanità pubblica”.

Insomma, tra Venezia e Padova, si stanno rimpallando una primogenitura che vede, da una parte la scienza, dall’altra la politica amministrativa. Crisanti, sottoposto a critiche anche dal libro di Bruno Vespa che ha svelato la lettera della Russo, non è tipo da subire inerme gli attacchi. E dice: “Il piano della Regione Veneto è frutto della proposta fatta da me e dal professore Stefano Merigliano e poi recepita il 17 marzo 2020 da una delibera di giunta proposta dall’assessore Lanzarin. Per averne la conferma basta mettere a confronto i due documenti”. Merigliano è il presidente del consiglio della Scuola di Medicina dell’Università di Padova e fin dai primi di marzo fu coinvolto nella seconda tamponatura degli abitanti di Vo, finanziata con 150mila euro dalla Regione e annunciata il 5 marzo in conferenza stampa a Mestre da Zaia, Crisanti, Merigliano e dal rettore Rosario Rizzuto.

In quella occasione Crisanti spiegò: “I tamponi di Vo hanno dato la fotografia dell’inizio, adesso abbiamo la possibilità di fare una seconda fotografia dopo la quarantena e disporremo di dati scientifici di raffronto unici al mondo che potranno diventare parametri per prendere delle decisioni”. Infatti, Crisanti e Merigliano andarono oltre lo studio. “Parlai con il presidente Zaia a cui spiegai che avremmo dovuto estendere a tutto il Veneto quello che avevamo fatto a Vo. Il 9 marzo mi disse di contattare la dottoressa Russo, già avvertita da lui. Incontrai anche l’assessore Lanzarin, a cui fornii appunti e schemi. Alla fine le consegnammo il ‘Progetto di sorveglianza attiva massiva per il contenimento dell’infezione da Sars-Cov19 nelle province del Veneto’, che ha la data del 17 marzo, il giorno della delibera, ma che aveva avuto lavori preparatori illustrati in Regione”.

Mettere a confronto i due documenti – il piano Crisanti-Merigliano e la delibera regionale del Veneto numero 344 con il “Piano epidemia Covid-19, interveti urgenti di sanità pubblica” – sembra dimostrare che, al di là della forma, la seconda è farina del sacco del primo. La differenza è che Crisanti firma come “responsabile scientifico e co-ordinatore “ del progetto e Merigliano come “responsabile logistica del campionamento”, ma i loro nomi non compaiono nella delibera, che anzi incarica la Direzione della Russo di darne esecuzione.

La scienza suggerisce, la politica esegue. L’obiettivo è chiaramente identico. Scrive Crisanti: “Si propone di estendere il modello di sorveglianza attiva adottato a Vo’ Euganeo a tutti i focolai epidemici in atto nelle province Padova, Venezia e Treviso. Questo prevede l’identificazione giornaliera di casi di Covid-19 su base geografica e comunitaria e il rapido campionamento con tampone di tutti i contatti stretti e di vicinanza geografica”. Con un secondo punto: “Questa misura sarà accompagnata da misure di screening su categorie di individui esposti al contagio (cassiere di supermercati, forze di polizie, farmacisti, etc) e comunità vulnerabili (case di riposo)”. E’ quello che aveva già indicato a Zaia in alcuni messaggi WhatsApp dell’8-9 marzo, ricevendo l’invito: “Dobbiamo correre.

Scrive la Lanzarin nella delibera: “Scopo del piano è individuare tutti i possibili casi sospetti, probabili e confermati; effettuare un’approfondita indagine epidemiologica per individuare tutti i possibili contatti; disporre, per tutti i contatti, le misure di quarantena e isolamento domiciliare fiduciario; individuare positivi in ‘categorie di lavoratori dei Servizi Essenziali’”. Infine sottoporre a screening “tutti i dipendenti del Sistema Sanitario Regionale, MMG (medici di base, ndr), PLS (pediatri di libera scelta, ndr) e Farmacisti, operatori delle Strutture per non autosufficienti”. Coincidenza perfetta. Ma identici sono anche soggetti e strutture. Crisanti prevede il “potenziamento e/o la costruzione di moduli operativi che coprono ciascuno le diverse provincie del Veneto”. Lanzarin: “E’ prevista una successiva estensione modulare di supporto ad altre Aziende ULSS del Veneto”. Per Crisanti si tratta di un “progetto su base Regionale basato sulla Unità Organizzativa del Distretto Sanitario”, a cominciare da Usl 6 e Azienda Ospedaliera di Padova, con il coinvolgimento delle microbiologie e della Croce Rossa Italiana. Per l’assessore: “Il Piano, nella sua realizzazione, prevede il supporto dell’Azienda Ospedale Università Padova unitamente al Comitato regionale della Croce Rossa Italiana (CRI). In prima istanza supporterà l’Azienda ULSS n. 6, Distretto 1”.

Crisanti aveva previsto numeri di addetti, categorie di pazienti, automezzi, macchinari da utilizzare e costi (riferiti solo a Padova). L’assessore aveva elencato tutti i laboratori di analisi, che avrebbero comunque fatto capo alla Microbiologia di Crisanti a Padova, che avrebbe “incrementato da circa 1.500 a 3.500 campioni al giorno”. Infatti, nel suo piano, Crisanti aveva scritto: “Nel caso di Padova il modulo operativo sarà realizzato incrementando la capacità della UOC di Microbiologia da circa 1500 a 3500 campioni al giorno”. Le stesse parole.

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