Si allarga lo scontro istituzionale tra governo e Regioni sulle ordinanze di Lombardia e Campania in materia di scuola: il governatore lombardo Attilio Fontana ha imposto l’obbligo di didattica a distanza per le scuole superiori a partire da lunedì 26 ottobre, mentre Vincenzo De Luca ha disposto la chiusura di tutti gli istituti fino alla fine del mese. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha scritto ad entrambi, chiedendo massima “collaborazione” per trovare soluzioni che possano tutelare “il diritto alla salute dei cittadini”, ma anche il “diritto allo studio dei nostri studenti”. Ma Fontana ha risposto a stretto giro sottolineando che la decisione è stata presa sulla base delle indicazioni del Comitato tecnico-scientifico regionale “stante la grave escalation nella diffusione del contagio” e aggiungendo che la Regione non ha risorse sufficienti “in termini economici, di personale e di parco mezzi” per potenziare il trasporto pubblico, usato in Lombardia dal 44,5% degli studenti over 14. Il governo nella manovra ha previsto 200 milioni per le regioni, che arriveranno però solo nel 2021. Non solo: la Regione aveva proposto “il ricorso a formule di flessibilità organizzativa, comprese le turnazioni pomeridiane” ma che “come le sarà certamente noto, non ha prodotto i risultati sperati anche per i vincoli dell’orario di lavoro dei docenti“.

Insomma, Fontana scarica eventuali responsabilità sul governo e dice di aver assunto “a malincuore” la decisione, anche per il “rapido aggravamento del quadro epidemiologico in Lombardia” e “con l’obiettivo dichiarato di ridurre il carico dell’utenza del trasporto pubblico locale per limitare i rischi di congestionamento dei mezzi pubblici e delle aree di transito e di attesa”. La linea del governo è che le scuole devono restare aperte a ogni costo. È per questo che nell’ultimo dpcm è prevista la possibilità di disporre ingressi scaglionati a partire dalle 9 per i ragazzi delle superiori e soprattutto turni pomeridiani, con l’obiettivo di decongestionare i trasporti locali. Uno schema sulla cui applicazione il premier Giuseppe Conte rimanda la palla direttamente nel campo del Miur. “Solo per le scuole secondarie di secondo grado, sono previste modalità ancora più flessibili di organizzazione dell’attività didattica, e la ministra Azzolina presiederà perché questo avvenga, che contemplano ingressi degli studenti scaglionati, a partire dalle 9, con possibilità di ricorrere anche ai turni pomeridiani“, ha dichiarato in Aula alla Camera illustrando il provvedimento.

Sulla stretta anti-contagio approvata nelle scorse ore dalla Lombardia inizialmente sembravano tutti d’accordo, dai sindaci ai partiti che sostengono Fontana: la principale misura concordata per rallentare la corsa del coronavirus – resistenze di Salvini a parte – era infatti quella del coprifuoco notturno dalle 23 alle 5. Poi il presidente si è spinto anche oltre, imponendo la dad per tutti i ragazzi più grandi. Una misura che finora è un unicum tra le Regioni: pure Lazio, Liguria, Basilicata e Piemonte hanno rafforzato le lezioni online, ma saranno alternate al 50% con le lezioni in presenza e solo per gli studenti più grandi. Solo la Campania ha deciso per una linea ancora più dura, mentre è arrivata nelle scorse ore la notizia che anche la Puglia è intenzionata a sospendere la didattica in presenza per le superiori. “Pervengono al Ministero dell’istruzione, dai rappresentanti degli Enti locali, dalle autonomie scolastiche, dalle famiglie, dagli studenti, segnalazioni di profonda criticità attinenti la congruità e l’applicabilità delle misure contenute nell’Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia”, ha scritto quindi Azzolina a Fontana. A suo parere, la scelta di imporre la dad a tutte le scuole superiori “appare come una imposizione che non tiene conto delle specificità dei contesti territoriali e degli enormi sforzi compiuti da tutta la comunità scolastica”. La ministra ricorda quindi che “il Dpcm del 18 ottobre 2020 ha previsto indicazioni molto chiare per la gestione delle misure da adottare con riferimento alle istituzioni scolastiche, prevedendo in primo luogo la prosecuzione, in ogni caso, in presenza, delle attività didattiche ed educative della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”.

Parole simili a quelle rivolte al governatore campano. Azzolina ricorda le “forme di flessibilità organizzativa” previste dal dpcm, mentre riguardo alla scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione “auspico che si riesca a consentire sollecitamente la ripresa dello svolgimento in presenza dell’attività didattica“. Il ministero dell’Istruzione, si legge ancora nella missiva, “ha sempre offerto e continuerà ad offrire tutto il supporto necessario per il prosieguo della gestione emergenziale“. Per la ministra “vanno inoltre garantite le necessarie tutele per assicurare il diritto allo studio degli alunni con disabilità, con disturbi specifici per l’apprendimento e con altri bisogni educativi speciali”. “Assicuro sin d’ora che il ministero dell’Istruzione, ogni qualvolta si rendesse necessaria l’adozione di ulteriori provvedimenti d’urgenza, è pronto a cooperare nell’identificazione e per la sollecita attuazione delle soluzioni che meglio si adattino al contesto territoriale campano“, conclude Azzolina.

Nel corso del pomeriggio è arrivata la replica del governatore lombardo, che non intende retrocedere: “Visti e considerati i dati relativi alla curva epidemiologica della Lombardia, correlati alla situazione del sistema del trasporto pubblico locale, con particolare riferimento ai giovani che frequentano le scuole secondarie, ribadiamo essere necessarie decisioni stringenti”, annuncia Fontana. Poi scarica su Azzolina le prossime mosse: “Fermo restando che se il ministro reputa eccessivi e non idonei i nostri provvedimenti può impugnarli“. Nel frattempo, a tentare una mediazione che ancora non c’è è il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, a lavoro da stamattina per arrivare a una soluzione condivisa. “Serve grande collaborazione e buon senso”, dice, citando le ordinanze di Lazio, Piemonte e Basilicata che rappresentano a suo avviso “un buon equilibrio“. Nel dibattito si inserisce anche il neogovernatore della Toscana Eugenio Giani, che però propone una soluzione del tutto diversa: “Secondo me deve essere revocata l’autonomia scolastica, in modo da dare la possibilità di avere indicazioni sugli orari: non mi interessa che si gestisca noi, lo gestisca anche il direttore scolastico regionale, ma ci deve essere una voce unica che decide per gli orari”, ha dichiarato a margine dell’insediamento della Giunta a Firenze.

Nel frattempo c’è attesa per l’esito dell’incontro “urgente” al Pirellone dei sindaci dei Comuni capoluogo in Lombardia insieme ad Anci per avere dei chiarimenti. Prima del vertice, è stato il primo cittadino di Milano Giuseppe Sala ad anticipare le richieste presentate a Fontana: La scuola “deve essere l’ultima a chiudere. Vogliamo rivedere la questione. Noi ci opporremo, spero che il governatore modifichi l’ordinanza e che prevalga il buon senso. Così non va bene”. Una posizione che, riferisce Sala, è condivisa anche dai suoi colleghi. La didattica solamente a distanza per le scuole superiori “in questo momento non ha senso”, chiarisce in radio a Rtl. “Bisogna alternarla con le lezioni in presenza nelle scuole. I ragazzi hanno il diritto di stare a scuola, con buon senso, perché un po’ di alternanza ci sta, ma abbiamo appena riaperto e non si può richiudere adesso”. Il sindaco di Milano auspica inoltre che il governo condivida decisioni del genere, anziché lasciare tutto in mano a Regioni ed enti locali. “Io rispetto molto il presidente del Consiglio, ma l’idea improvvisata di scaricare sui sindaci la chiusura di piazze e di vie senza che noi sindaci sapessimo niente è sbagliato. Non tanto perché si dà la responsabilità ai sindaci, ma perché queste misure vanno verificate con chi sta sul territorio. In questo momento servono nervi saldi, ma prima di tutto bisogna pesare parola per parola e condividere tutto”, ha aggiunto.

Ma Sala non è il solo ad attaccare la linea dura decisa da Fontana. L’ordinanza è “confusa e poco chiara”, dice in una nota il capogruppo del Movimento 5 Stelle Lombardia, Massimo De Rosa. “Una confusione figlia di un’ingiustificabile confronto-ingerenza con il leader della Lega Matteo Salvini. Il punto sulla didattica a distanza per gli istituti superiori – afferma De Rosa – non è stato discusso in sede di riunione con le minoranze, al contrario è spuntato dopo le trattative seguite ai litigi interni alla Lega. Il risultato è questo contentino dato a Salvini, che ha preteso di disporre a proprio piacimento di Regione Lombardia per alimentare la propria propaganda contro la ministra Azzolina. Fosse per lui dovrebbe essere tutto aperto tranne la scuola”. I 5 Stelle chiedono quindi alla Regione un “immediato chiarimento“. Il presidente dell’Associazione nazionale presidi Giannelli teme invece “un effetto domino sulle altre Regioni” e parla di scelta “non condivisibile, perché pregiudica l’autonomia scolastica senza una vera ragione: le scuole non sono focolai di contagio. Ancora una volta la politica dimostra, con i fatti, di non attribuire alla scuola quella funzione centrale per il Paese di cui aveva tanto parlato nei mesi scorsi”.

Duro anche il Pd in Parlamento: “Si tratta dell’ennesimo prova che i nostri ragazzi contano sempre meno di tutti gli altri interessi in gioco. Anziché chiedere agli studenti un sacrificio integrale, vanificando gli sforzi di questi mesi di tutto gli istituti scolastici, la Regione Lombardia non poteva tentare di graduare l’intervento, per garantire almeno alle classi prime e quinte, o a rotazione a tutte, una presenza fisica, l’unica in grado di consentire socializzazione e apprendimento dei ragazzi?”, ha attaccato il deputato dem Alfredo Bazoli. I nodi legati alla didattica a distanza infatti sono due: da un lato la necessità di limitare la diffusione dei casi di fronte all’impennata delle scorse ore – dovuta in particolare ai trasporti – dall’altro la riorganizzazione degli orari scolastici. L’ultimo dpcm del governo consente agli istituti di far entrare gli alunni delle superiori a partire dalle ore 9, in modo tale da decongestionare l’afflusso nelle ore più critiche, e autorizza i turni di lezione pomeridiani. Entrambe misure che la Lombardia ha preferito non adottare, ricorrendo direttamente alla didattica a distanza per tutti per frenare i contagi.

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